martedì, Giugno 03, 2025 Anno XXI


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Gli articoli sono gentile concessione di Paolo Leone: dai siti corrieredellospettacolo.netculturaeculture.it, e settimanale MIO 


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Fausto e Gli Sciacalli, recensione (in scena fino al 15 maggio– Il sogno tradito, il malcelato rimpianto per un futuro ormai alle spalle, che poteva essere e invece non è stato. Vite che, nonostante la delusione, lottano per la sopravvivenza in quella che ormai sembra una jungla di cemento, in perenne combattimento per un parcheggio e per arrivare a fine mese almeno dignitosamente. Da parte i fronzoli, da parte la speranza, c’è “da spingere”, “da spigne” come dice il povero Fausto (Paolo Triestino), venditore ambulante che vive in un modesto appartamento, lascito dell’anziano padre (sempre chiuso in camera a vedere la tv e ad ordinare di tutto alle televendite) nella periferia romana, insieme alla moglie Ottavia (Elisabetta De Vito), parrucchiera a domicilio, ed al figlio ribelle, ma solo a parole, Elvis (Ariele Vincenti). Da parte anche l’amore, che non c’è più tempo e voglia di farlo, presi come sono dalle dure esigenze quotidiane. Eppure, nel passato dei due adulti e del loro vicino di casa Gennaro (Ciro Scalera), depresso cronico, c’era stato spazio per il sogno. Continua >>

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Gli articoli sono gentile concessione di Claudio Colaiacomo: dal libro Roma Perduta e Dimenticata  Compton Netwon Editori – segui Claudio su facebook o su twitter


foto da: https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/tag/regina-coeli/

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Un noto detto popolare dice che chi non ha salito il gradino del carcere di Regina Coeli non può considerarsi romano vero e «manco trasteverino». Quello scalino è ancora lì, dietro il grande portone al civico ventinove di via della Lungara a Trastevere sul marmo della pavimentazione d’ingresso. In realtà i detenuti quel gradino lo salgono raramente visto che l’ingresso più frequentato è quello di via San Francesco di Sales alle spalle della Lungara. Ad aumentare l’atmosfera cupa e austera del carcere è la sua posizione. Si trova sprofondato qualche metro sotto il lungotevere in un angolo scuro e vagamente malandato. È come se tutte le vie e i vicoli intorno scontassero una parte delle pene del migliaio di detenuti che qui sono reclusi.  La vocazione carceraria del complesso nasce a fine Ottocento quando termina la funzione di convento. In quegli anni già esisteva una piccola casa circondariale riservata alle donne. Il popolo la chiamava “le Mantellate” perché si trovava nella via omonima che un tempo ospitava il convento delle suore mantellate. Un noto canto popolare interpretato più volte sia da Gabriella Ferri sia da Ornella Vanoni recitava: «le mantellate so’ delle sore ma a Roma so’ soltanto celle scure…». La via è un breve tratto rettilineo che dalla Lungara termina alle pendici del Gianicolo. Qui si trova un angolo di Roma molto suggestivo, chiuso tra alti muri, il verde del vicino orto botanico e i resti di quella che una volta era la chiesa del convento delle suore presso la bella scalinata in fondo alla via. Dall’altro lato, a ridosso del lungotevere, troviamo una porticina, è l’accesso al parlatorio, dove i detenuti possono incontrare i familiari sotto lo sguardo severo della polizia penitenziaria. Continua >>

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corriere dello spettacolo

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Roma, Teatro Golden (Via Taranto 36 – Metro A Re di Roma) dal 19 aprile all’8 maggio 2016

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Cena con sorpresa

A parole, siamo tutti pronti alle più clamorose novità, a modi di vivere improntati all’essenzialità dei sentimenti, senza badare a differenze sociali, economiche, razziali, sessuali o anagrafiche. Almeno finchè uno di questi aspetti non ci tocchi personalmente. Il quadrumvirato autoriale composto da Maia, Sinopoli, e i fratelli Fornari, chiudono la stagione del Teatro Golden con la loro nuova commedia Cena con sorpresa, mettendo sul piatto non il tema dell’omosessualità, che di per sé è già un evento ai limiti dell’incredibile in questa stagione, quanto quello della differenza di età nella coppia. Continua >>

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Le sedie stercorarie, come dice il nome, erano le antenate di epoca romana, riservate alla nobiltà, dei moderni WC. Avevano un foro nel centro per il passaggio delle deiezioni oppure, come alcuni sostengono, per facilitare il parto o più semplicemente per far scolare l’acqua dopo il bagno alle terme.

Due esemplari sono giunti fino a noi, si trovano uno al Louvre e uno nei musei vaticani. Fino alla metà del Settecento entrambe le sedie erano collocate presso la Scala Santa e avevano un ruolo di prim’ordine durante i riti d’intronizzazione del papa.Il pontefice appena eletto riceveva le chiavi della Chiesa seduto prima su una sedia poi sull’altra, un rito altamente simbolico nel nome della fertilità, umiltà e della nuova nascita.

La tradizione individua un terzo esemplare nel chiostro annesso alla basilica di San Giovanni in Laterano. Una grande sedia di marmo che però non ha nessun foro. Un impasto di tempo e racconti popolari ha dato vigore all’immaginazione facendo credere che la sedia del Laterano fosse in realtà una delle antiche sedie stercorarie. Continua >>