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Arancia Meccanica, spettacolo di alto livello: ecco perché
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Scritto da Er Pasquino
giovedì, 28 Aprile alle ore 08:32

Gli articoli sono gentile concessione di Paolo Leone: dai siti corrieredellospettacolo.net, culturaeculture.it, e settimanale MIO
 Cultura&Culture
Questa Arancia Meccanica teatrale è destinata a far parlare a lungo di sé. Come il romanzo di Burgess nel 1962 (pensiamo che genialità!), come il film di Kubrick nel 1971, non è solo la distopia che colpisce, impressiona e sconvolge. In questo caso c’è il lavoro registico di Gabriele Russo che travolge lo spettatore, lo tramortisce, lo spiazza al punto che diventa interessantissimo osservare le reazioni della platea oltre lo spettacolo messo in scena. Il Teatro Eliseo, nell’anno della sua rinascita, ha il coraggio di proporre una delle novità più interessanti, se non altro esteticamente, dell’intera stagione teatrale romana. Non è un adattamento del romanzo o del film, bensì del testo teatrale che lo stesso Burgess scrisse nel ’90 per la Royal Shakespeare Company, quindi con una sua drammaturgia autonoma rispetto al capolavoro cinematografico, seppur sia inevitabile un confronto nell’immaginario di ogni spettatore. Come mettere in scena una storia dai complessi risvolti, non tanto sociologici (che il teatro sa trattare agevolmente), quanto dal punto di vista delle immagini, del loro “montaggio”, per non tradire la storia violenta, profetica e angosciante di Burgess? Continua >>
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“Aspettando Godot”. L’attesa: leggera, tragica e infinita
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Scritto da Er Pasquino
martedì, 26 Aprile alle ore 04:41

Gli articoli sono gentile concessione di Paolo Leone: dai siti corrieredellospettacolo.net, culturaeculture.it, e settimanale MIO
 www.corrieredellospettacolo.net
Roma, Teatro Ghione (via delle Fornaci 37). Dal 20 al 30 aprile 2016
Aspettando Godot, è teatro di virtuosismi. Questo concetto, suggeritomi da un’attrice in sala alla prima dell’opera di Beckett al Teatro Ghione di Roma, per la regia del bravissimo Claudio Boccaccini, mi ha fornito lo spunto per ragionare su quanto visto. Del resto, sarei bugiardo se dicessi di conoscere bene le dinamiche di questo tipo di teatro, che pure ha rivoluzionato, con il suo astrattismo, la storia dello stesso. Se non altro, ne ha smontato ciò che si riteneva intoccabile ai primi del Novecento. La tragicommedia imbastita sulla condizione dell’attesa è, più che per lo spettatore, palestra per l’attore chiamato a restituire un significato all’apparentemente insignificante. L’eterna attesa dei poveri clochard Vladimiro ed Estragone, Didi e Gogo (Pietro De Silva e Felice Della Corte) è l’attesa dell’uomo di ogni tempo, l’attesa di un senso che vada incontro a loro (a noi). Non sono casuali i sottili riferimenti biblici nel testo. Il senso del grottesco del tempo stesso, che continua il suo cammino anche se nulla accade in scena. Il giorno, il crepuscolo, la notte. Il linguaggio teatrale messo alla berlina, le pause, i silenzi. Citazioni alte e imprecazioni scurrili, giri di parole inconcludenti, comicità, filosofia e cabaret. Smontare e rimontare il teatro. Il gioco del teatro, del recitare. Del vivere, “soli, nel cuore delle solitudini”, circense e insensata esistenza umana. E “in questa confusione, noi aspettiamo Godot”. Continua >>
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L’espressione romana “a uffa”
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Scritto da Er Pasquino
giovedì, 21 Aprile alle ore 08:32

Gli articoli sono gentile concessione di Claudio Colaiacomo: dal libro Roma Perduta e Dimenticata Compton Netwon Editori – segui Claudio su facebook o su twitter
L’espressione romana “a uffa” è sinonimo di gratuito, senza pagare, e deve le sue origini a un luogo ben preciso in città, oggi quasi del tutto scomparso.
Presso il muro della città del Vaticano in via di Porta Cavalleggeri, s’intravede una porta ad arco murata e semi infossata sotto il livello stradale, l’antica porta Fabbrica. Costruita a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento e quasi subito murata per esigenze militari, fu riaperta nel Cinquecento per permettere l’accesso delle merci necessarie per la costruzione della basilica di San Pietro, in piena attività in quegli anni.
 Porta Fabbrica. Incisione di Giuseppe Vasi
Sul lato esterno presso l’odierna via delle Fornaci si trovava una fabbrica di mattoni con annessa fornace per la cottura dei laterizi. Il nome potrebbe dunque derivare sia dalla fabbrica di san Pietro sia dalla fabbrica di mattoni, a dare forza a quest’ultima ipotesi il fatto che, in una mappa di metà Cinquecento, la porta è indicata come porta Fornacum.
Ma veniamo al detto popolare, i mattoni destinati alla fabbrica di San Pietro erano marchiati con l’acronimo AUFA di Ad Usum Fabricae che li rendeva esenti da dazio. Lo stesso accadeva per qualsiasi altro tipo di merce destinata alla fabbrica. Continua >>
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Intervista a Marco Capretti. “Sono preoccupatissimo, ma voglio stare in mezzo a voi”
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Scritto da Er Pasquino
martedì, 19 Aprile alle ore 09:10

Gli articoli sono gentile concessione di Paolo Leone: dai siti corrieredellospettacolo.net, culturaeculture.it, e settimanale MIO
 Corriere dello Spettacolo
Marco Capretti, comico romano, dallo stile garbato, da qualche anno è ospite fisso in tv nel programma Made in Sud su Rai Due che gli ha regalato grande popolarità. Da anni nelle piazze di tutta Italia, nei teatri e nei locali romani, e in altri programmi televisivi come S.C.Q.R (Sono Comici Questi Romani), Seven Show, lo abbiamo visto anche in alcune puntate di Stracult su Rai Due. Ha recentemente pubblicato un libro, edito da Rai Eri in cui si è divertito a scrivere le assurdità della rete, soprattutto di Yahoo Answers: Ma come si riproducono i Puffi? Lo abbiamo raggiunto e lui molto gentilmente si è concesso al Corriere dello Spettacolo.
Marco, tanta tv con Made in Sud, ma anche tante piazze italiane, tanti teatri, mai fermo. Un’annata particolarmente soddisfacente questa per te! Continua >>
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