Categorie Editoria Pillole&Chicche de Roma nostra Ultimi arrivi Ultimi arrivi CDR Scritto da Er Pasquino giovedì, 9 Giugno alle ore 08:32
Gli articoli sono gentile concessione di Claudio Colaiacomo: dal libro Roma Perduta e Dimenticata Compton Netwon Editori – segui Claudio su facebook o su twitter Fin da tempi antichissimi l’isola Tiberina era assimilata a una nave che solcava le acque del fiume. Sulla direzione di questa ideale navigazione gli storici sono incerti: risaliva il fiume? O scorreva agevolata dalla corrente verso il mare? Quello che è certo è che già in epoca imperiale era rivestita di marmi che ne seguivano la forma, alcuni dei quali sono tutt’ora visibili sul lato che volge verso il Ghetto, sotto la scala che porta agli uffici della polizia fluviale. A completare la similitudine, un obelisco ornava il centro dell’isola come fosse l’albero maestro di un’imbarcazione. L’obelisco ebbe una storia piuttosto sfortunata, al contrario di molti suoi simili sparsi in giro per la città, perché non trovò sistemazione al centro di piazze monumentali, sopravvisse fino al Cinquecento per poi essere smembrato e suddiviso in ben tre luoghi lontani da Roma: al museo nazionale di Napoli, a Parigi e a Monaco di Baviera. Al suo posto fu sistemato il monumento che ammiriamo oggi, piuttosto singolare a Roma. Si tratta di una guglia con quattro statue di santi su ciascun lato. I romani la soprannominarono “la colonna infame” da quando il governo pontificio la usò per affiggere la lista con i nomi dei cittadini scomunicati per non aver osservato il precetto pasquale, per otto giorni a partire dal 24 agosto, festa di San Bartolomeo, titolare dell’omonima basilica sull’isola, e la tradizione rimase attiva fino alla fine dell’Ottocento. Tra gli scomunicati apparve nel 1834 anche Bartolomeo Pinelli, “er pittore de Trastevere”. Bartolomeo, notato il suo nome sulla lista, andò a protestare non per la scomunica ma per la qualifica di miniatore, che lo fece adirare non poco poiché voleva essere riconosciuto come incisore. Il Belli ricorda il carattere irriverente del Pinelli nel sonetto La morte der sor Meo.
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