domenica, Luglio 06, 2025 Anno XXI

Una volta si sarebbe detto il massimo risultato con il minimo sforzo, ma 
quando in campo c’è la Roma lo sforzo è doppio, triplo, quadruplo c Continua >> 

L’importante è che vinca la Roma. La forza della partita di ieri sera è tutta
in questa frase, detta un giorno da un Capitano con la fascia al braccio, che
ieri dalla panchina ha sorriso come un bambino quando ha visto la Sud esplodere
sul raddoppio di Pjianic. Proprio lui, il ragazzo che parla quattro lingue, ma
la più bella resta sempre quella romanista, di quando segna, corre, si leva la
maglia, dedica il goal all’amico lontano e la bacia come proprio quest’ultimo
sa fare. In mezzo c’è la Roma che con la mantella rossa e gialla ha domato il
Toro, una neo promossa si, ma pur sempre una squadra che fino a ieri sera non
aveva mai perso fuori casa e che anzi aveva mostrato le corna a Napoli, a Roma
con quelli là e a Bergamo contro l’Atalanta. Ieri tutti quanti hanno fatto le
cose normali e finalmente si è vista una partita normale. Le cose anormali sono
altre. Come quell’intervento di tacco a chiudere di Marcos, e non Juan, su un
ex-laziale lanciato a rete di nome Bianchi. Bianchi uguali al colore della
fascia che prende Osvaldo quando esce San Francesco Totti (santo a
prescindere). E come per effetto dell’allineamento dei pianeti quella fascia
porta al rigore dubbio di Marquinho,  che il numero nove giallorosso realizza
con la stessa tranquillità di chi beve un caffè dopo essersi svegliato da poco.
Poco come il tempo che ci hanno messo i tifosi della Roma per prendere per mano
i loro monelli, come i genitori con i figli, cantando  con il cuore ancor prima
che con le parole. Questa è apparentemente una cosa normale, ma è proprio la
Curva Sud a renderla speciale. Speciale come un Mondaynight di metà novembre
con la Roma che gioca, vince e fa uscire il sole a mezzanotte. Roba per pochi,
giusto trentamila, considerando che a Roma siamo più di cinque milioni,
questione di normalità. Come quella di Destro che è il primo ad abbracciare
Osvaldo dopo il goal, colui che gli ha tolto il posto, il quale lo prende a
capocciate durante un esultanza che vale un gruppo, un’idea, un sentimento,
appunto la Roma. Perché come disse un santo tanto tempo fa, l’importante non è
chi segna, ma che vinca la Roma. Amen

Filiberto Marino

Ho imparato che i migliori giudici del calcio sono i numeri. Ecco quelli della Roma nelle ultime 2 stagioni:

– Eliminazione nei preliminari di Europa League contro il modesto Slovan Bratislava
-Eliminazione dalla Coppa Italia per mano della Juventus, 3-0 a Torino senza praticamente mai giocare
– Settimo posto in campionato con conseguente esclusione da qualsiasi competizione europea
– Sconfitte ‘

storiche’ come quelle di Lecce (campo dove eravamo imbattuti), Fiorentina in casa (se non erro non accadeva dal 1993), 2 derby persi in una stagione (non avveniva dal 1997-1998 se non erro), sconfitta per 4-0 a Torino contro la Juventus senza praticamente giocare mai, sconfitta per 4-1 a Bergamo contro l’Atalanta.
– terzo derby di fila perso (ve lo devo dire quando l’ultima volta? E chi c’era sulla panchina?)
– sconfitta per 4-1 a Torino contro la Juventus senza mai giocare
– sconfitte interne in rimonta con Bologna (non accadeva da quasi 10 anni) ed Udinese.Tempo fa qualcuno disse che avrebbe tirato le prime somme della nuova gestione dopo un paio di anni. Sarò presuntuoso, ma penso di poterlo fare anche dopo un anno e mezzo: FALLIMENTARE. Che qualcuno si prenda le responsabilità di questo scempio senza spostare l’attenzione su operazioni di contorno ed accampare scuse infantili sulle sconfitte (tipo pioggia, vento, neve, dissenteria etc etc) Gli intellettuali falliti prestati al calcio sarebbero pregati di tornare da dove sono venuti. Se poi la strada, quella della Perfida Albione, è ambita anche da isterici personaggi che giustamente non trovano il proprio equilibrio, danneggiando domenicalmente la squadra nonostante gli esosi e pretenziosi compendi incassati, allora possono fargli buona compagnia. Londra è una gran bella città, Manchester è orribile ma poco mi interessa. Quello che invece mi preme è sottolineare come costoro, gli stessi che si presentarono millantando la volontà di riaccendere la passione nei romanisti (come se ne avessimo bisogno), sono proprio quelli che la stanno uccidendo. E’ ora di smetterla con questa politica del ‘sensazionalismo’ degli Zeman presi per fare la piazza contenta e cojonata, dello ‘stupendo errore’ Luis Enrique, del nuovo modo di intendere il calcio, Con savoir faire, con armonia. Me ne frego! Io voglio un presidente ed un allenatore che non sappiano mettere due parole d’italiano di fila ma sappiano svolgere il proprio mestiere in maniera competente. E’ ora di mettere ‘ciccia’ nel piatto. Altrimenti, come avviene in ogni campo della vita: via, aria, raus, a casa belli! Qui non siamo ad Palermo o ad Udine. Per quanto mi riguarda si è abusato della pazienza del tifoso romanista sin troppo. In maniera parassitaria oserei dire. Ed al contempo si è concesso il lusso ai signori che ci rappresentano in campo di fare il bello e cattivo tempo. Solo i tifosi rimangono un patrimonio non ancora intaccato e lo hanno dimostrato anche oggi, cantando con il cuore a risultato ormai acquisito. Perchè noi siamo la Roma. Voi invece, fatte le dovute eccezioni, siete sporchi lombrichi!
LAZIO MERDA
dal profilo FB di Senza Biglietto

da laroma24.it

Quante cose sono cambiate in un solo anno, per Alessandro Florenzi. Dodici mesi fa era il grande assente, masticava amaro per l’esclusione dalla lista dei convocati per Brunico, dove erano approdati i suoi compagni di squadra Antei, Viviani e Caprari. E sicuramente, guardando partire i suoi compagni, non avrebbe mai immaginato che proprio quel treno perso si sarebbe rivelato la sua fortuna. La sua prima esperienza da professionista è stata quella con il Crotone: una stagione in serie B, per dimostrare il suo valore di calciatore anche fuori dalle mura di Trigoria. Un anno dopo, la rivincita. Elemento ormai prezioso nella scacchiera zemaniana, Florenzi è partito per gli Stati Uniti per “giocarmi tutte le mie possibilità, per dimostrare che posso essere un titolare anche durante l’anno”, come confessa a LAROMA24.IT a fine tournée made in Usa.

Alessandro FlorenziL’esperienza dell’anno scorso al Crotone è stata un po’ quella che ti ha lanciato. Quando hai capito che saresti potuto diventare un giocatore da serie A?
Non c’è stato un momento preciso. Io cercavo di giocare partita dopo partita, cercavo di fare bene, e alla fine per fortuna ci sono riuscito. Adesso, se sono qui, lo devo anche alla città di Crotone e al suo club. Forse un episodio specifico può essere quel 2-2 segnato su punizione al Grosseto. Era un momento della stagione in cui facevamo fatica in campionato. E per noi è stata come una vittoria morale quella partita. Ha dato morale a me e a tutto il gruppo. Questo ci ha portati a fare delle grandi prestazioni, nelle gare successive. Ci ha aiutato tanto. Continua >>