giovedì, Giugno 26, 2025 Anno XXI


Una volta si sarebbe detto il massimo risultato con il minimo sforzo, ma 
quando in campo c’è la Roma lo sforzo è doppio, triplo, quadruplo come la 
classe di un Capitano unico.  Pescara-Roma dice tutto e niente, doveva essere 
la partita dei ricordi e cosi è stata, dove il Boemo tornava a Zemanlandia, 
come un lungo viaggio del Tevere fino alla foce del mare Adriatico. Troppo 
breve invece il tempo che i gufi abruzzesi e laziali ci hanno impiegato per 
dire che Zdenek è cambiato, che è diventato catenacciaro di un calcio troppo 
antico, fatto solamente di catene e sortilegi. Come quello che spezza Mattia 
Destro, occhi di cerbiatto, dopo appena cinque minuti trasformando in rete una 
corta respinta del piccolo Perin, che può solo inchinarsi alla punizione tirata 
dal solito Messia dal terrazzo di casa sua all’Eur. Pescara - Roma potrebbe 
finire qui, ma non sarebbe Roma. Si è visto Marcos fare da padrone della 
difesa, perché è difficile fare il bravo con i bravi, ma è ancor più complicato 
fare i bravi con i difficili, dove la tensione è sottile come un filo d’erba. 
La medesima che Mattia Destro ha percorso appunto da destra a sinistra, neanche 
avesse le rotelle sotto gli scarpini usando il campo come fosse una pista .
Quella stessa erba che un certo Francesco Totti ha mangiato, correndo avanti e 
indietro, pressando, crossando, tirando come si faceva da ragazzini al mare con 
gli amici. Il mare c’era ed era vicino allo stadio Adriatico, anche se non è la 
stessa cosa del mare di Roma, quello è cosa nostra, lontano ma sempre vicino. 
Pescara-Roma era Zeman contro Zeman, il bello (Totti), il brutto (Osvaldo) e il 
cattivo (il risultato), il passato, presente e speriamo futuro. Dammi tre punti 
e non chiedermi niente, cantava la Sud e cosi è stato. D’altronde che bello 
dire ha vinto la Roma, il resto se lo porta via il mare.
Filiberto Marino