venerdì, Dicembre 13, 2024 Anno XXI


Il calcio della UEFA Champions League non è più uno sport. E’ una sfilata di multinazionali che pilotano l’andamento dei propri interessi economici ed il tutto va al di là di qualsiasi risultato sportivo meritevole. La Roma ha giocato meglio, doveva per me addirittura vincere, mancano fino a due rigori netti ed il risultato è bugiardo e condizionato. Grazie a Mister Spalletti per aver ridonato la motivazione e grazie a quelli che sul campo (non tutti) ci hanno messo la tigna. Sintesi finita.
Ed infatti non è né la partita, né il risultato sportivo stesso l’argomento di discussione. Quanto piuttosto il vero senso, la sostanza del significato che oramai avvolge l’intero mondo del calcio moderno. Il calcio è ancora uno sport? C’è ancora spazio per il miracolo sportivo? L’allenamento, il sacrificio, il gruppo unito, l’umanità, il talento pagano ancora?

Alla soglia delle quasi 40 primavere, dopo aver visto almeno 5 generazioni diverse di giocatori della Roma indossare quella maglia, dopo aver visto l’Heisel, lo scandalo doping, Calciopoli, l’invasione dei magnati del petrolio e, ultima in senso cronologico, la repressione del tifo popolare, beh, io una risposta non ce l’ho.
Anzi, forse sì. L’istinto, quello che si lega ai ricordi e fa capo alla nostalgia, mi suggerisce che questo non è più l’universo in cui ho coltivato la mia prima passione, fatto crescere i sogni di un bambino, urlato, pianto, abbracciato persone sconosciute, perfino calcato i campi polverosi di campetti di provincia e periferia. E la risposta è NO. Non mi ci vedo più.
In tutto questo scenario post apocalisse sportiva, si inserisce tra l’altro l’ennesimo tassello di malinconia. Francesco è arrivato in cima alla collina della sua esperienza calcistica e, ahi noi, tocca fare i conti con un fisico non più all’altezza dei livelli di agonismo attuali. Seppure ancora più forte del 95% dei giocatori della Serie A, il calcio moderno impone ritmi forsennati, velocità da atletica.
Francesco, se avesse avuto 40 anni nell’epoca del calcio che ci piace, quello degli anni 70/80/90, avrebbe giocato titolare fino ai 45. Regalandoci ancora sprazzi di luce che, nostro malgrado, dovremo accettare di vedere sempre più raramente.
Mentre vedevo le ultime partite, seppur felice dei risultati positivi, mi chiedevo proprio questo. Dove fosse finito il lato artistico del gesto sportivo. Le pennellate, le aperture, il tocco, il tacco, la visione di gioco che da sole valevano il prezzo del biglietto, il giorno di ferie preso per vedere la partita, la litigata con la fidanzata che ti chiedeva tempo.
Scorre tutto molto lento e siamo di fronte ad un cambiamento epocale. Almeno per noi nostalgici. Sarebbe da uscire di scena lentamente, senza nemmeno voltarsi indietro. Poi, però, ti ricordi che sei stato piccolo anche tu e tutti i sogni di cui sopra ti sono stati tramandati e custoditi gelosamente dai tuoi padri, genetici e calcistici.
Cerchiamo di fare lo stesso, salviamo il calcio da questo mondo. Regaliamo ai nostri figli un sogno.
Forza Sempre Grande Roma.
Per COREdeROMA Giacomo Serafini