Da Roma-Inter a Roma-Inter, come un viaggio d’aereo col biglietto open in mano. Due partite, risultati diversi ma analogie simili. Come quelle che accadono quando uno come Erik Lamela a porta sguarnita, riesce a centrare il piede del principe Ranocchia sulla linea della stessa. Come quelle che succedono quando un ragazzino di ventuno anni venuto dalla Grecia viene buttato nello stomaco dell’Olimpico per fare il padrone del centrocampo, come un lago che vuole sostituire il Mare, per quanto affascinante non sarà mai bello e potente come la casa del Dio Nettuno. Come quelle serate in cui un biondino di 36 anni fa più fatica, ma che quando esce ti rendi conto sempre di più che è la luce più grande che c’è. Come quel goal di un argentino col codino neroazzurro, che si ritrova due volte da solo a tu per tu col portiere in 72 ore, con portieri diversi ma sempre sotto la Sud. Ma il bello c’è e se ti sforzi è visibile a tutto campo. Per il semplice motivo che ieri sono andati a segno e hanno fatto vincere alla Roma la gara d’andata due ragazzini del 1991. Entrambi belli, entrambi con colpi di testa, entrambi futuristici, come testimonia lo stesso Prandelli durante le convocazioni. Doppia M e doppia A, Mattia dalle Marche e Alessandro da Acilia vogliono dire doppio goal, d’altronde “du gustis is mejo che one” come recitava un vecchio ritornello. Senza dimenticarci un bimbo brasiliano del 1994 che gioca come un senior e che per evitare il goal del pareggio si immola a metà del secondo tempo su un tiro di Guarin, come fosse il pallone della vita, prendendo una distorsione alla caviglia, perché quella torna a posto ma il goal valeva doppio, come i gusti. Ave Marcos. E’ tutto bello finchè le gambe corrono e il cervello va, poi improvvisamente il blackout. Come si fa a finire il primo tempo meritando 4 goal di vantaggio e chiudere il secondo con il rischio di pareggiare? Non si può, non si deve, è come bestemmiare e certe cose non si fanno e basta. Adesso Bologna, poi il Cagliari, per la sagra del rosso-blu e la Roma dovrà avere una fame da lupi. In fin dei conti campionato o coppa basta che non si toppa.
Filiberto Marino
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