martedì, Maggio 06, 2025 Anno XXI


L’immagine di Gaetano Anzalone che più di ogni altra è rimasta impressa nella mente dei tifosi romanisti con i capelli bianchi, è quella di un uomo che piange e si asciuga le lacrime con un candido fazzoletto da gentiluomo d’altri tempi. Era il 16 maggio del 1979, il giorno in cui lasciò la presidenza della Roma di cui era il patron dal 12 giugno del 1971, affidandola ad un gruppo con a capo Dino Viola. Un passaggio di testimone fra due presidenti che avrebbero letteralmente cambiato la storia del club giallorosso.

Sì perché Gaetano Anzalone iniziò quel lavoro di ammodernamento delle strutture societarie, un modo nuovo di condurre una società di calcio che si avviava a divenire una Spa con fini di lucro. Fu lui infatti ad iniziare e quasi terminare il centro sportivo di Trigoria (un gioiello per i tempi, all’avanguardia per modernità di strutture e metodologie), avviò la commercializzazione del marchio Roma per poter aumentare i ricavi che allora, per una società di calcio, non erano certo quelli di oggi. Ci mise il cervello, dunque. Ma ci mise anche tanto cuore. Era un tifoso della Roma e chi scrive, che ha avuto la fortuna di averlo come presidente nell’Ostiense della fine degli anni Sessanta, ebbe modo di constatarlo di persona.
Dicevamo del fazzoletto da gentiluomo d’altri tempi. Sì, perché questo fu un altro aspetto cruciale della sua personalità. Un uomo gentile, dai tratti eleganti e alla mano ad un tempo. Con un obiettivo ben infisso nella mente: quello di portare l’As Roma all’altezza delle grandi società del nord. E non lesinò mai risorse per poter ottenere lo scopo. Certo, lo strapotere di club come la Juventus, l’Inter e il Milan non gli consentirono di centrare fino in fondo l’obiettivo (rimase famoso lo scontro con la Juve per l’acquisto di Virdis “ho offerto una barca di soldi – ebbe a dire – e questi qui vogliono farmi credere che se lo sono portato a casa offrendo giocatorini in cambio tipo Capocchi e Capocchietti”), fino a che centrò il grande colpo. Un esborso record per allora, 3 miliardi di lire, per portare in giallorosso bomber Roberto Pruzzo.
Il risultato migliore in campionato per la Roma di Anzalone fu un “mitico” terzo posto nel 1975. Quando andò via, nella Roma c’erano già Di Bartolomei, Bruno Conti, Tancredi, Pruzzo e altri che avrebbero poi, insieme al Liedholm (cui aveva affidato la squadra del terzo posto), costituito l’asse portante della Roma del secondo scudetto del 1983.