venerdì, Marzo 29, 2024 Anno XXI


Un giorno Hermann Hesse disse che è meglio subirla un’ingiustizia che
compierla. Parole sante ma con una certezza, di sicuro non sarà stato tifoso
della Roma. Perché cosi bella e fiera come ieri sera, quest’anno lo era stata
solamente sotto il cielo stellato della Madonnina contro l’Inter. E pensare che
ieri ti sei presentato al San Paolo senza due ragazzi biondi di nome Totti e De
Rossi, Strootman infortunato ( a proposito Forza Kevin), due terzini sinistri e
con un centrocampista bosniaco col dolore cronico al ginocchio, insieme ad un
ragazzino adattato a terzino. A casa nostra dicasi “tanta roba”, perché sei
andato a casa loro, ai piedi del Vesuvio ridicolizzandoli, cosa che vallo dire
a Reina, che è stato il migliore in campo dei suoi. Ma il calcio è bello e
maledetto anche per questo, perché chi gioca bene non sempre vince (chiedere a
Luis Enrique). Il calcio è una simulazione di vita, e chi non lo capisce, non
comprende il pallone fino in fondo. Sfortunatamente troppo spesso i sogni sono
degli specchi e dentro quelli stessi riflessi ci sono tantissimi sacrifici che
la gente non riesce a vedere. Quante volte è stato detto nello sport alla fine
conta il risultato e non la prestazione? Mille e mille volte, forse anche di
più. Ma il calcio non sono solamente numeri, e non mi venite a dire che se ieri
c’era Destro, o Ljajic o Batisuta dal primo minuto la partita l’avresti vinta,
perché Garcia fino all’ ’81 era stato il più grande stratega di tutti i tempi,
perché gliel’ aveva incartata ben bene al sor Rafa, più tronfio che gonfio
nelle dichiarazioni pre-gara. Ma il risultato parla chiaro, come qualche gufo
che ultimamente a riniziato a volare dalle parti di Trigoria. A questi che si
sbrigano a dare sentenze e giudizi leggessero bene queste parole di un’anonima
tifosa: “C’è la squadra del cuore. Io tifo per quella. A volte vince, molto
spesso perde. Cosa vuoi farci, non è il gioco, è la vita. Nella squadra del mio
cuore non ci sono undici giocatori, più le riserve, no. Il mio cuore è una
grande squadra di emozioni, di sensazioni, di ricordi, di speranze e di sogni.
Anche lui lotta e combatte, ma non gioca. Lui ama, soffre. E qualche volta
piange. Io tifo per lui perché un giorno possa urlare al mondo “ho vinto””.
Forse quel giorno è più vicino di quanto si crede, soprattutto per due
coincidenze amare e dolci allo stesso tempo. Visto che nell’82 e nel 2000 i due
centrocampisti Ancelotti ed Emerson si infortunarono al ginocchio con lesione
dei legamenti e negli anni dopo la Roma si mise due tricolori sul petto. Dunque
visto che gli infortuni nello sport servono ad alimentare la fiamma della
passione., fai presto Kevin, perché al tuo rientro vinceremo lo scudetto. E
finalmente quel giorno tutti i nostri cuori urleranno al mondo intero “ho
vinto”.
Filiberto Marino