domenica, Maggio 05, 2024 Anno XXI


Nel giorno in cui mancavano il Faro e il Mare, la Roma vince e convince fuori
casa e soprattutto contro l’avversario che gli era sempre stato più ostico in
terra longobarda. Se poi in campo vedi questo Pjanic allora pensi che tutto è
possibile, come il sole che scalda tutto mentre fuori nevica, anche nella
giornata in cui Osvaldo e Lamela sembravano i gemelli brutti di sabato scorso.
Più forti della tradizione, contro un rivale, un certo Denis, che quando ti
vede ti segna sempre. Più forti del clima. Nel giorno dell’election day il vero
vincitore è ancora una volta il sor Aurelio, con un nome troppo romano per non
esser romanista. La Roma bianca come la neve, va in svantaggio, pareggia,
rimonta, si fa agganciare e poi rinasce, oggi come non mai, come se la neve
fosse la cenere di un ricordo, di una stagione troppo brutta per non esser
ripresa. Oggi era più difficile della Juve, perché lì avevi uno stadio intero,
con mamma e papà che ti tenevano per mano (Totti e De Rossi). Oggi invece era
il bambino che doveva affrontare il primo giorno di scuola. Ma se hai un
Burdisso con una fascia da capitano (sempre sia lodato) al braccio, un Pjanic
che disegna parabole su punizione neanche fosse Giotto in una giornata di
Primavera, un Perrotta che ogni volta che lo vedi ti ricordi perché è stato uno
dei pochi ad esser sempre titolare nel mondiale 2006 ed infine ammiri un
Torosidis che si mangia la fascia come un toro nell’arena allora capisci che si
può fare. Qualcuno diceva: “non importa quanto tortuosa sia la strada, quanto
impietosa la sentenza, sono il padrone del mio destino, il capitano della mia
anima”. Si quella giallorossa. Dieci anni fà volava in Curva Paradiso un
signore lievemente romano e romanista, di nome e di fatto Alberto Sordi, uno
che ha regalato migliaia di sorrisi a milioni di persone. Qualcuno sussurra di
averlo intravisto dalle parti di Bergamo. Per questo oggi hanno vinto anche per
lui, per un Forza Roma che da qua giù è riecheggiato fin lassù.
Filiberto Marino