lunedì, Luglio 07, 2025 Anno XXI


Anche in Italia, fino agli anni 70, come ancora oggi in alcuni paesi arabi o in India, un processo per stupro vede culturalmente più la vittima sul banco degli imputati che gli esseri infami autori di un tale atto vigliacco.

Lo svolgimento ed il susseguirsi di udienze e perizie nel processo relativo alla morte di Stefano Cucchi, che stiamo attentamente seguendo, vede ogni giorno di più scendere dal banco degli imputati quelli che sono i “rimandati a giudizio”, sostituiti dalla famiglia Cucchi.

Prima mediaticamente incapaci di seguire e recuperare un figlio “problematico”, come a dire: “ci avete un mezzo tossico in casa? Cazzi vostri se è morto come un cane randagio, de stenti o sotto una macchina”.

Poi, da un paio di udienze, sono emerse le presunte verità processuali indicate dalla super perizia milanese voluta dai PM romani.

Stefano è morto per distrazione di medici e infermieri, ma tanto crepava lo stesso.

Le botte? le fratture? Roba vecchia, riacutizzata improvvisamente in carcere dopo anni.

CE CREDEMO? NO.

Ma vedremo come evolverà il processo, una speranza di verità e giustizia vogliamo alimentarla. Contro tutti.

Ma le sfumature a volte fanno sostanza, come si fa a chiedere ed identificare il Sig. Cucchi solo perché si è azzardato ad abbozzare una protesta civilissima (troppo forse)?

Un uomo purtroppo conosciuto da tutti e piegato dai fatti, costretto ad impegnarsi anche le scarpe per mantenere accesa la ricerca della verità a 360 gradi, non in direzione univoca.

Come si fa ad accettare un atteggiamento ostile ed a tratti provocatorio da parte della procura romana?

Si può fare solo in un modo, capendo e rassegnandosi al fatto compiuto: Stefano è morto, come?Come dicono loro.

E voi, famiglia Cucchi, che cazzo volete? Arrogarvi diritti e pretendere un processo trasparente? No, i veri imputati siete voi che non avete accettato una sentenza già scritta, che non avete patteggiato magari un risarcimento per chiudere tutto sottobanco, che avete buttato le vostre vite per restituire dignità a quella tolta a Stefano.

L’ITALIA È QUESTA E L’ESERCIZIO DELLA GIUSTIZIA RAPPRESENTA DEGNAMENTE QUESTA ITALIA.

Si può cambiare qualcosa? Forse, se prendiamo coscienza di esserci rotti i coglioni in maniera irreversibile.

“Basta” ha scritto Giovanni Cucchi, siamo d’accordo.