sabato, Aprile 20, 2024 Anno XXI


Torniamo a parlare delle figure monarchiche di Roma. Ci eravamo  fermati al pacifico Numa Pompilio, che, oltre a tutte le sue innovazioni culturali, (calendario, culto delle vestali etc..), aveva garantito a Roma un lungo periodo di pace con i popoli confinanti, con i quali aveva stipulato trattati che stabilivano i precetti per una coesistenza solida.

Il periodo di pace però terminò con il successore, Tullo Ostilio, eletto dal senato perché appartenente ad una delle 100 gentes originarie di Roma, alla quale apparteneva anche il nonno Osto Ostilio, ricordato per aver combattuto contro i sabini, prima che Romolo e Tito Tazio sancissero il patto d’alternanza.

Per questo patto, già menzionato in altri articoli, dopo Numa di stirpe sabina, il trono spettava ad un re romano.

Le prime imprese del nuovo monarca, furono assolutamente mirate all’espansione di Roma al di fuori delle Mura e a farne le spese furono, l’etrusca Veio, Fidene e Alba Longa, considerata consanguinea di Roma.

Proprio quest’ultimo evento bellico lo possiamo considerare fondamentale per la storia di Roma.

Questa controversia fu risolta con la già citata battaglia tra Orazi e Curiazi, (per approfondire leggere “Un Derby d’altri tempi”) che portò prima a sottomettere Alba Longa e poi distruggerla.

Alba Longa non rispettò il trattato firmato dopo la vittoria degli Orazi, quando Roma chiese aiuto nella battaglia contro Fidene, ma anzi si schierò contro, portando così all’esecuzione del re albano Mezio Fufezio, nonché alla confisca di tutte le ricchezze e appunto la totale distruzione di Alba Longa per punire il tradimento.

Gli abitanti invece non furono condannati a morte ma ci fu un provvedimento che decretava la deportazione della popolazione albense dentro Roma, sul Celio per l’esattezza, questo fu uno dei fattori che portò Roma ad un conseguente aumento demografico.

Il ritratto che emerge di Tullo Ostilio sicuramente rispecchia un monarca vincente ed un abile condottiero, ma per essere un re romano tutto questo non era sufficiente.

Per tenere le redini di Roma, era obbligatorio anche essere un abile amministratore delle funzioni sacerdotali, rendere omaggio alle divinità tutelari, aspetto del quale secondo Dionigi di Alicarnasso il monarca si curò pochissimo, trascurando riti, funzioni e cerimonie, inimicandosi gli dei. Questa poca cura dei culti scatenò una pestilenza, vista come una punizione divina , che Tullo Ostilio cercò di scongiurare con delle cerimonie e sacrifici a Giove, gesti che però furono compensati con un fulmine scagliato sulla Domus Ostilia, incendiandola e causando con ogni probabilità la morte del re.

Questo segnale fu interpretato dal senato come un monito per far ricadere la scelta su un esempio di regnante migliore.

Sempre Dionigi di Alicarnasso però sostiene che in realtà fu proprio il successore di Tullo Ostilio, Anco Marcio, (di stirpe sabina, nipote di Numa Pompilio), ad organizzare la congiura per assassinarlo e che quindi la storia del fulmine fosse stata solamente una forzatura per giustificare la scelta di un monarca più mite e più dedito al culto degli dei che alle guerre a sfondo espansionistico.

Gli storici sono concordi nel considerare Tullo Ostilio come un “doppione” di Romolo.

Non si può fare a meno di notare, infatti, che entrambi si impegnarono per aumentare il numero degli abitanti della città, entrambi diedero un assetto nuovo all’esercito e alla sua organizzazione ed entrambi spariscono a causa di una tempesta, o vengono brutalmente assassinati a seconda della versione che si vuole ritenere più verosimile.