giovedì, Maggio 01, 2025 Anno XXI


Stavolta tratteremo la storia della vestale Tarpeia, figlia del comandante dell’arce capitolina Spurio Tarpeio.
Siamo durante il regno di Romolo, ai primordi della fondazione, quando si decretò che per trasformare l’accampamento in un conglomerato urbano ben delineato, era necessario garantire a Roma una successione, cosa alquanto difficile in assenza di donne, problema che si pensò di risolvere con il ratto delle sabine ed è proprio questo il momento storico in cui collocare la figura di Tarpeia.
Dopo il ratto, i sabini guidati da Tito Tazio avanzarono verso Roma, intenzionati a vendicare l’onta subita.
Tarpeia aveva stretto un patto segreto con i Sabini, che prevedeva l’apertura da parte della ragazza delle porte delle mura urbane in cambio dei bracciali che i soldati sabini portavano al braccio sinistro.
Così fu, nottetempo la figlia del comandante aprì le porte al nemico che conquistò l’acropoli.
Una volta mantenuta la propria parola, Tarpeia si recò dal sovrano Tito Tazio per riscuotere quanto pattuito. A quel punto Tito Tazio domandò alla ragazza cosa avessero concordato. La ragazza rispose che il prezzo era ciò che i soldati sabini portavano al braccio sinistro. Fu così che Tito Tazio diede l’ordine di scagliare tutti gli scudi sabini (ovvero ciò che i soldati portavano al braccio sinistro), sul corpo inerme della ragazza che morì soffocata da quella catasta di metallo, tanto era il disprezzo che la ragazza suscitava nel nemico per il tradimento compiuto.
Questo episodio è riportato anche in uno dei bassorilievi della basilica Emilia.
Ora occorre però fare una doverosa riflessione.
Come poteva Spurio Tarpeio avere una figlia, se Roma era un accampamento militare privo di donne?
Secondo alcuni testi, la figura di Tarpeia non è mai esistita, ma sarebbe stata creata per far sembrare meno grave la sconfitta dei romani contro i sabini quando non riuscirono a difendere l’acropoli urbana, in quanto Spurio Tarpeio non seppe far fronte all’invasione.
In realtà Dionigi di Alicarnasso, descrive la tomba di una vestale di nome Tarpeia posta sul Campidoglio vicino al luogo denominato come Rupe Tarpea, scagionandola inoltre dall’accusa di tradimento che invece imputerebbe ad un messaggero romano.
Plutarco in maniera indiretta avvalorerebbe questa tesi storica sull’esistenza di Tarpeia perché sostiene che sotto il regno dei Tarquini, il luogo venne consacrato a Giove (per poi edificarvi il tempio) e i resti della vestale traslati altrove.
Tarpeia avrebbe detto ai sabini che li avrebbe fatti passare se loro avessero deposto gli scudi al di fuori delle mura, con lo scopo di rendere ai romani più facile la battaglia contro i sabini e in seguito a questo venne sepolta dagli scudi nemici.
Plutarco riporta però un’usanza romana che voleva che i colpevoli di tradimento venissero scaraventati giù da una rupe che aveva appunto preso il nome di Rupe Tarpea, per ricordare il più grande tradimento subito dal popolo capitolino.

Valerio Pappalardo alias Lupo Grigio