giovedì, Luglio 03, 2025 Anno XXI


Parlando sempre dei misteri che avvolgono le origini romane, mi sembra doveroso soffermarci sulla figura di Romolo, colui il quale è ricordato come il fondatore.

Numitore re di Alba Longa, venne ucciso dal fratello Amulio, per le sue ambizioni monarchiche, e per impedire ogni problema di discendenza, costrinse l’unica figlia di Numitore a prendere i voti di sacerdotessa di Vesta, carica che obbligava alla castità per 30 anni.

Leggenda narra, che Marte, dio della guerra, talmente invaghito della sacerdotessa Rea Silvia, la sedusse in un bosco e da questa unione sarebbero nati Romolo e il suo gemello Remo.

Questo scatenò la violenta reazione del sovrano, la cui collera si riversò sulla famiglia di Marte.

La pena destinata a Rea Silvia, era particolare, perché la legge impediva di uccidere una vestale, quindi fu seppellita ancora viva, mentre per i gemelli fu decretata la morte, Amulio, infatti incaricò una serva di ucciderli.

Qui ci fu l’evento che cambiò la storia, o la leggenda. La serva impietosita e incapace di commettere un atto tanto efferato, adagiò i due gemelli in una cesta e lasciò che questa galleggiasse sul fiume allontanandoli da ogni pericolo.

Destino volle che la cesta si incagliò tra le radici di un albero di fico sulle rive del fiume, (detto Fico Ruminale, da Rumon che in lingua etrusca significa fiume per l’appunto) e che venne trovata da questa figura leggendaria della lupa, che li accolse nella propria tana, dove li nutrì prendendosene cura. In seguito i due gemelli furono accuditi dal pastore Faustolo e dalla moglie Acca Larenzia.

Qui c’è una precisazione doverosa da fare.

Tito Livio in un passo riporta il modo di dire:”Lupam Inter Pastores”, un espediente metaforico per indicare una donna che esercitava la professione di meretrice.

Quindi probabilmente la figura della lupa coinciderebbe con quella di Acca Larenzia, probabilmente una meretrice che si prese cura insieme al marito, dei due gemelli.

In alcune fonti minori, invece Acca Larenzia altro non sarebbe che una donna che soffriva del “male del lupo”, ovvero che si trasformava in lupa la notte andando a depredare i pollai e ovili dei contadini nei dintorni.

Qualsiasi sia stata la loro vita, le fonti concordano nel sostenere che i due gemelli crebbero sul Palatino tra i pastori e che in punto di morte, Acca Larenzia avrebbe svelato loro il segreto sulla loro natura semi divina e la discendenza reale.

Preso coscienza di ciò, Romolo e Remo, andarono ad Alba Longa, deposero Amulio uccidendolo, restituendo il trono al nonno Numitore.

A questo punto tornarono sulle rive del Tevere, decisi a fondare una città a tutti gli effetti, incoraggiati anche dal nonno che li voleva come regnanti ad Alba Longa.

Il fondatore però doveva essere soltanto uno, il più anziano, ma in questo caso, il diritto di primogenitura non era applicabile, e fecero un patto per decretare chi avrebbe avuto diritto di fondazione.

Si sarebbero messi su due colli diversi, Romolo sul Palatino, Remo sull’Aventino, a cogliere gli auspici, ovvero quei segnali propizi che davano autorizzazione divina al fondatore.

Remo scorse il volo di sei avvoltoi, Romolo il doppio, ma entrambi i gruppi identificarono ciascun gemello come avente diritto di fondazione.

Questo secondo Tito Livio, ma Plutarco sostiene che Romolo in realtà non avvistò nessun avvoltoio, quindi le divinità non avrebbero trasmesso lui alcun presagio.

Ciò che sicuramente corrisponde tra le varie fonti è quanto segue.

Romolo tracciò un solco dal perimetro quadrato (tradotto Urvus, da cui forse deriverebbe la parola Urbs=città), chiamato Pomerio, archeologicamente identificato con quattro punti augurati, che sono:

Ara Herculis, Ara Consi, Curiae Veteres, e Sacellum Larundae, enunciando le formule augurali, consacrando così il suolo sacro.

Remo per vendicarsi dell’affronto, oltrepassò il solco brandendo un coltello, gesto cui Romolo reagì uccidendolo con lo stesso coltello e pronunciando il divieto secondo il quale da quel momento sarebbe morto chiunque avesse attraversato armato, il suolo sacro. Era il 21 Aprile del 753 a.c.

Remo fu seppellito, presso una località denominata Remoria, sull’Aventino.

Nella sua vita, Romolo si occupò di dare un aspetto di città a Roma.

La prima parvenza in effetti, più che di città, era quella di un accampamento di esuli di guerra, schiavi, ladroni etc…

Romolo li suddivise tra chi poteva ancora esser utile in campo bellico, e chi invece non adeguato potesse svolgere incarichi come quelli del senato, istituzione ereditata dagli etruschi.

Per garantire una discendenza organizzò il ratto delle sabine, scatenando una guerra, dalla cui riappacificazione seguì il patto di alternanza, ovvero nella successione monarchica sarebbe salito al trono una volta un romano e una volta un sabino, la cui marcia viene celebrata sulla Via Sacra, che attraversa appunto il Foro Romano.

Crescendo la popolazione si rese necessaria una suddivisione per provenienza, Tities, i sabini di Tito Tazio, i Ramnes, cittadini di origine romana, e Lucheres, le stirpi etrusche arrivate a Roma.

 

Dopo aver regnato per quarant’anni, Romolo sparì quasi come era apparso a Roma, nelle acque.

Una notte tempestosa, si recò al senato per votare, ma in realtà non arrivò mai.

L’unica testimonianza riportata da Tito Livio, è quella di Giulio Proculo, originario di Alba Longa e compagno di Romolo, il quale affermò di aver visto Romolo innalzarsi verso il cielo.

Durante questa ascesa Romolo preannunciò all’amico, il glorioso futuro di Roma, lasciando volontà di esser ricordato e divinizzato come Quirino e non come Romolo.

Secondo un’altra fonte storica invece, Romolo arrivò in senato, ma fu assassinato per motivi ignoti e fatto a pezzi.

Altri storici sono più favorevoli ad una versione più pittoresca, ovvero che venne ammazzato proprio nei pressi del Fico Ruminale, il luogo dove ancora neonato, era approdato in una cesta, e gettato nel fiume che trasportò il suo cadavere lontano.

Ciò che oggi si conserva della sua storia, è la sua tomba, il Lapis Niger, all’interno del Foro Romano, rinvenuto nel 1899, negli scavi del Comizio.

Sotto al pavimento nero infatti ci sarebbe un complesso monumentale arcaico, composto da un altare in tre sezioni affiancato da un tronco di colonna e cippo iscritto con un linguaggio latino arcaico che riporta quanto segue:

 

“Chiunque violerà questo luogo sia consacrato agli dèi infernali”.

 

Forse sono tutte fantasie di abili penne dell’epoca, forse sono solo storie per bambini o forse solamente espedienti di propaganda politica, ciò che non possiamo togliere dalla nostra memoria storica, è che Romolo viene ricordato per esser stato il primo re di Roma e forse è proprio questo chiaroscuro che avvolge la sua immagine che ha reso leggendaria anche la città che ha fondato.