domenica, Luglio 06, 2025 Anno XXI


da corriereromano.it

Erano specializzati in furti d’appartamenti i 37 georgiani arrestati oggi dai Carabinieri di Roma. Entravano senza lasciare alcun segno di effrazione con la cosidetta tecnica del “key bumping”: utilizzavano una speciale chiave limata che fungeva da passepartout e che i ladri si erano fatti spedire direttamente dalla georgia. citofonavano e si facevano aprire dai residenti spacciandosi per postini. I malviventi avevano un’organizzazione orizzontale, non c’era un vero e proprio capo, tutti partecipavano all’organizzazione dei colpi e poi effettuavano i furti. a roma hanno colpito in diversi quartieri: Eur-Torrino, Tiburtino, Tuscolano. Dopo una dozzina di furti cambiavano paese per qualche mese: si spostavano in Germania, Francia, Spagna ed Austria.

“I furti commessi dai georgiani – ha detto il colonnello Giuseppe La Gala, comandante del Gruppo Roma dei carabinieri – hanno creato grande allarme sociale in tutta la Capitale. La loro tecnica non lasciava segni e per questo i proprietari di casa spesso avevano dubbi sulle badanti e sugli stessi familiari”.

I Carabineri hanno recuperato oggetti di ogni tipo proveniente dai furti della banda georgiana, il valore totale della refurtiva ritrovata dai Carabinieri ammonta a circa 2 milioni di euro.

da ilmessaggero.it

Mazzette, vigili e favori. Aperta una doppia inchiesta a piazzale Clodio su alcuni vigili urbani che avrebbero consigliato o imposto il pagamento di tangenti, in cambio della promessa di chiudere un occhio su eventuali irregolarità trovate nelle attività di alcuni commercianti. Chiedevano in cambio piccole cose, dalla spesa gratis a qualche centinaio di euro. La procura ha chiesto le indagini per i vari episodi e ha sollecitato il rinvio a giudizio per un vigile che in centro, spalleggiato da un funzionario della Asl (pure lui finito sotto inchiesta), avrebbe chiesto a una serie di negozianti 250 euro per «chiudere un occhio». «Posso far finta di non vedere – era la premessa – Ma, sa, così mi espongo. Però con 250 euro potremmo lasciar cadere la questione, tenendo calma anche la Asl». La concussione veniva proposta così. E ora, in Campidoglio, è stato aperto un procedimento per far scattare la sospensione dal servizio dell’agente municipale «dalla mazzetta a tasso fisso».

I CONTROLLI
Il pm Attilio Pisani, invece, ha chiesto il rinvio a giudizio per un altro vigile che avrebbe adottato un metodo analogo a quello del collega accontentandosi però di fare la «spesa gratis» dagli ambulanti, in zona Anagnina. Paolo Mauro, 45 anni, del X gruppo, essendo addetto ai controlli del settore commercio nel quartiere Tuscolano, avrebbe preso l’abitudine di prelevare a suo piacimento merce dai banchi del terminal della metro, minacciando gli ambulanti di ritorsioni a suon di verbali e sequestri. Un vizietto che a fine novembre gli era già costato l’arresto in flagranza di reato, disposto dal pm Stefano Pesci. Ma che non è servito a fargli perdere l’abitudine. Era stato un ambulante bengalese del mercatino di Anagnina a denunciarlo. E ora il magistrato ha chiuso le indagini sollecitando per il vigile la richiesta di rinvio a giudizio con l’accusa di concussione.
Prima di finire sotto inchiesta su di Mauro, pare, non ci fossero ombre: era stimato nel quartiere e ritenuto un lavoratore dai modi gentili, che in passato si era schierato contro i colleghi indagati per aver taglieggiato i commercianti. Il giorno del suo arresto, il 23 novembre scorso, in una nota dalla stessa Polizia Roma Capitale, l’allora comandante generale del Corpo, Carlo Buttarelli, aveva espresso apprezzamenti: «Il Corpo, con questa operazione, ha fatto autonomamente pulizia al proprio interno».

I PERMESSI FALSI
In procura, oltre al filone più noto che vede come vittime i fratelli Bernabei, sono anche altre le indagini avviate. E tra queste il caso di Claudio Coppola, l’ex comandante del II gruppo, accusato di aver intascato dalle 200 alle 400 euro in cambio di permessi per la Ztl falsi. Il pm Laura Condemi, che ha iscritto nel registro degli indagati il funzionario e una decina di negozianti, ha appena chiesto la proroga delle indagini che potrebbero portare presto a ulteriori sviluppi.

da ilmessaggero.it

La Squadra mobile di Roma ha trovato un arsenale della ‘ndrangheta ritenuto riconducibile al trentunenne killer di Vincenzo Femia, il boss ucciso lo scorso gennaio e legato alle cosche calabresi di San Luca. Dopo aver fatto irruzione in un box del giovane, già arrestato due giorni fa, gli agenti hanno trovato diverse armi. Secondo gli investigatori, Femia potrebbe essere stato ucciso perchè si opponeva all’apertura di un locale dell’ndrangheta a Roma.

Il trentunenne, Gianni Cretarola, aveva affittato il box utilizzando documenti falsi e all’interno nascondeva una ‘Santa Barbarà composta da sei pistole, un fucile, numerose munizioni, un giubbotto antiproiettile, un passamontagna e uno scooter rubato. Sono in corso accertamenti degli investigatori della Squadra mobile per capire se tra le armi sequestrate ci sia anche l’arma che ha ucciso nel gennaio scorso Femia, oppure se siano state utilizzate per altri reati.

Il loro suono annunciava alla città l’arrivo dei bombardieri Delle 51 ufficiali, installate negli anni ’30 e ’40, ne rimangono 23

Lanciavano l’allarme per l’arrivo dei bombardieri sul cielo di Roma durante la seconda guerra mondiale. Ma oggi l’allarme è tutto per loro. È lo strano caso delle antiche sirene del sistema antiaereo, che sopravvivono dimenticate sui tetti dei palazzi privati e degli edifici istituzionali più alti di Roma, nella stessa originaria posizione in cui vennero montate oltre settant’anni fa in pieno conflitto bellico. Cimeli storici dalla forma a fungo, che qualche portiere liquida come «ferri vecchi» da buttare, e che corrono il rischio di essere rottamati e perduti per sempre. A minacciarli sono i lavori di ristrutturazione delle coperture degli edifici, ma soprattutto le installazioni delle moderne antenne, cui fanno gola proprio le terrazze più vertiginose della Capitale.

TRALICCI E PARABOLE
Ad insidiare quelle che gli esperti considerano preziose testimonianze storiche e tecnologiche, sono i tanti tralicci per le moderne antenne della telefonia, compresi gli impianti delle parabole. In alcuni casi le sirene sono state demolite o smontate per far posto alle nuove strutture hi tech dell’etere, ma molto spesso le antenne del ventunesimo secolo si aggrappano direttamente al «corpo» a fungo della sirena, mettendo a dura prova la loro resistenza di «ferri» arrugginiti. Anche perché quattordici lustri alla mercé del tempo e del maltempo hanno lasciato i loro segni. L’ultimo caso eclatante è quello della sirena dell’edificio di viale XXI Aprile, che oggi fa da perno a grappoli di parabole. A lanciare l’Sos per questi singolari reperti della memoria di Roma è il Centro ricerche speleo archeologiche Sotterranei di Roma, presieduto da Marco Placidi, che ha intrapreso un lavoro sistematico di mappatura finalizzato a mettere a punto un progetto di censimento complessivo di tutto questo patrimonio disseminato sui tetti della città. «Quando abbiamo iniziato la caccia al tesoro ci siamo accorti che diverse sirene erano state frettolosamente già rottamate o rischiavano di esserlo a breve – racconta Lorenzo Grassi di Sotterranei di Roma – Ce lo hanno raccontato i portieri degli stabili, spesso infastiditi da quei ferri vecchi. In altri casi, invece, le sirene erano state scalzate dalle terrazze più alte della città per far posto ai moderni tralicci delle antenne per i telefonini».
IL CENSIMENTO
«Così abbiamo pensato di lanciare un Sos per questi preziosi reperti – avverte Grassi – proponendo alla Sovrintendenza capitolina un censimento. L’obiettivo finale è di arrivare all’apposizione di un vincolo di salvaguardia come beni d’importanza storica». Dal canto suo la Sovrintendenza capitolina ha accolto il progetto. Si attende ora la convenzione. A lanciare l’idea era stato un esperimento di mappatura collettiva delle sirene, attraverso la raccolta di segnalazioni spontanee via web, promosso dal giornalista Mario Tedeschini-Lalli. L’associazione Sotterranei di Roma ha proseguito negli ultimi mesi con uno studio mirato sulle carte dell’Archivio centrale dello Stato, dove è stato ricostruito tutto il sistema di allarme antiaereo. Tra la fine degli anni ’30 e gli anni ’40 venivano installate un centinaio di sirene per la diffusione dell’allarme antiaereo, tutte collegate da «catenarie», e azionate da un comando centralizzato nei sotterranei del Viminale.

I TETTI FAMOSI
Svettavano su edifici pubblici come Castel Sant’Angelo, Trinità dei Monti, Porta Pia, Ministero per la Pubblica istruzione, Grazia e Giustizia, Istituto superiore di sanità, e su palazzi privati. I documenti d’archivio ne indicavano 51 ufficiali, ma allo stato attuale del censimento solo 23 risultano ancora presenti. Dai Parioli, al quartiere Trieste. Due risultano traslocate: «Ce n’era una sulla caserma dei vigili del fuoco di via Marmorata che è custodita oggi nel museo storico dei vigili, l’altra stava sul tetto di una scuola di Monteverde, che è finita al Museo della stazione di Colonna». Il rischio di perderle per sempre è alto. «Se proprio il condominio vuole buttarle, almeno ce le affidino», rivendica Grassi. Il passo successivo è il museo.