Categorie Articoli by Gens Romana Scritto da Marforio domenica, 18 Gennaio alle ore 10:45
Buio, pioggia, vento, gallerie, luce e poi ancora buio e acqua, tanta acqua. Da sopra, dal cielo, e dalla strada, alzata come muri improvvisi da auto veloci. Andrea guidava nella pioggia e nella foschia che si stava tramutando in nebbia cercando di restare concentrato e di non farsi ipnotizzare dal movimento regolare del tergicristallo. Da solo, lungo la striscia lucida dell’asfalto. Nelle sue orecchie le canzoni irridenti del Galopeira, sparate a palla dallo stereo dell’auto. Di cercare una radio che raccontasse il dopo-partita della Roma neppure a pensarci. Non per lui, non per le sue latitudini. Andrea, genovese. Andrea, romanista. Al collo aveva ancora la sciarpa. Ed era ancora quella dell’’83. Aveva appena compiuto tredici anni Andrea quel giorno di maggio del 1983, lo ricordava come fosse ieri. A lui il calcio non interessava. La pallavolo era il suo sport. Ma un amico più grande gli aveva detto che quel giorno a Genova si sarebbe assegnato uno scudetto e lui era andato a Marassi, così, per vedere. E si era ritrovato in mezzo ad un fiume di gente che veniva da Roma. Poi alla fine della partita qualcuno, forse scambiandolo per un altro, gli aveva messo al collo una sciarpa giallorossa. E da allora Andrea non se l’era più tolta. Marassi, il Comunale e poi il delle Alpi di Torino, San Siro. Talvolta il Picchi di Livorno, il Tardini di Parma, il Franchi di Siena, il Dall’Ara di Bologna. Erano quelli gli Stadi in cui per Andrea la Roma giocava “in casa”. E che, divieti permettendo, lo vedevano sempre presente, con qualsiasi tempo ed a qualsiasi ora. Come quella domenica, a Torino, che poi per uno come lui abituato a girare per lavoro con l’auto il Nord d’Italia in lungo e in largo duecento chilometri scarsi non erano neppure tanti. Di andare a Roma all’Olimpico, quello vero, era da un bel po’ che non poteva. Già era lontano da casa per gran parte della settimana e da Genova Roma era lontana, troppo lontana. Troppo per la sua famiglia, per le sue gemelle di 18 mesi che l’aspettavano sveglie tutte le sere per gettargli le braccia al collo. Così aveva trovato un compromesso e appena poteva si metteva in macchina. Come quella domenica a Torino, al Comunale. E che non s’azzardassero a chiamarlo Olimpico quello Stadio. L’Olimpico per lui era il catino porpora e oro. Erano i cori della Curva Sud. Era ostentare la sua sciarpa per strada. Quella mattina era partito intorno alle 10 dopo aver fatto colazione con le piccole e con Monica, sua moglie. Le solite raccomandazioni e si era messo in strada, senza fretta. Aveva parcheggiato a distanza di sicurezza come chi è abituato a muoversi in un territorio ostile e poi, con la sciarpa nascosta sotto il pesante giaccone, aveva raggiunto la tribuna centrale senza dare il minimo avviso della sua fede romanista. Era sempre così, per lui. Inizialmente aveva cercato posto nel settore ospiti. Ma le nuove regole di accesso glielo avevano reso praticamente impossibile. E poi stare nel settore ospiti voleva dire un’ora abbondante di attesa prima di uscire dallo Stadio. Troppo per lui, che non vedeva l’ora di ritornare nel tepore della sua casa. La partita gli era sembrata a tratti persino noiosa. Un copione già visto. Con la Roma che attaccava al piccolo trotto e il Torino troppo scarso per impensierirla. Non aveva simpatia per le squadre torinesi, come da genovese non aveva simpatia per i torinesi, ma in cuor suo sperava che il Toro si salvasse: per lui voleva dire vedere una partita in più della Roma. Se solo i giocatori avessero capito quello che significava per lui vederli vincere, vederli almeno lottare. Per lui e per tutti quegli innamorati lontano da Roma che affrontavano il freddo e la strada solo per poter esultare assieme alla squadra, per una volta dal vivo e non in televisione. E invece la Roma sembrava aver accettato il clima del luogo. Un finto spirito olimpico, in un finto Stadio Olimpico, in una città popolata da finti torinesi. Quando il quarto uomo aveva mostrato la lavagnetta con i minuti di recupero, solo 2, attorno ad Andrea si era fatto il vuoto. Troppo signori i torinisti per restare fino al fischio finale. Andrea era rimasto al suo posto ad osservare gli ultimi balbettii della partita maledicendo la Bestia che aveva fatto il fenomeno solo tre giorni prima e che adesso sembrava di sale. Poi come un lampo il gol di Baptista, proprio lui. Una mezza rovesciata, un gol d’altri tempi. E uno Stadio che veniva giù. Metà per l’esultanza dei suoi fratelli che avevano intonato i loro inni e l’altra metà per i fischi dei torinisti. Una bolgia nella quale Andrea si era sentito perfettamente a suo agio. Si era ritrovato la sua sciarpa tra le mani e si era visto sventolarla sotto il naso dei torinisti. Qualcosa, forse una monetina, gli aveva sfiorato il viso, segno che dalle file sopra non avevano gradito, ma a lui non importava. Stava vincendo! Aveva vinto! E poi si era sentito abbracciato, anzi sommerso dagli abbracci. Lì per lì aveva pensato ad uno steward che volesse portarlo via, ma poi aveva capito: erano abbracci di esultanza, di romanisti come lui. E dopo il fischio finale, mentre lui ed un altro gruppo di pazzi in tribuna intonavano Grazie Roma come ubriachi, si era sentito tempestare di domande. Da dove vieni, come ti chiami, vieni a Milano mercoledì contro l’Inter e così continuando. Come se si fosse trovato davvero all’Olimpico. Tra la sua gente. Aveva scambiato nomi, numeri di telefono, indirizzi e-mail e con una gioia febbrile aveva annotato tutto e scolpito i loro visi nella sua mente, scoprendo persino di non essere l’unico genovese. E poi quel disco lucido e apparentemente anonimo. «Ascoltalo, ti farà compagnia» gli avevano detto. E così appena entrato nell’auto l’aveva messo su e aveva scoperto il Galopeira. E si era messo a seguire la musica…«A te che vai dicendo in giro che sei nato prima e pur potendo sceje ‘nte sei chiamato Roma…». Ad occhio e croce ce n’era per un paio d’ore abbondanti. E non c’era motivo di correre. E poi andando piano si risparmia… È una notte in Italia che vedi Tag:marforio, Torino-Roma |
