mercoledì, Giugno 25, 2025 Anno XXI


“Sopra a un’onda che mi tira su Rotolando verso Sud”
Era inevitabile, forse persino voluto, che la protesta dei gruppi della Curva Sud accendesse delle polemiche.
Meno comprensibile che diventasse occasione per riversare un inusitato livore, da parte di chi pure si dichiara romanista, contro l’idea stessa della Curva Sud.
Quel luogo che, con mano felice, un editoriale di Core de Roma di qualche giorno fa ha definito la nostra patria storica, dove abbiamo speso la nostra adolescenza, abbiamo pianto e riso e che non cederemo mai a nessun altro neppure in nome del politically correct del momento, mi permetto di aggiungere io.
Il manifesto di questa presa di distanza l’ho ritrovato in un editoriale de ilRomanista, nel quale, senza mezzi termini, si afferma, che anche se vai in tribuna alla Curva Sud devi rendere omaggio, perché è lei che scrive la colonna sonora, allestisce la coreografia, stende la sceneggiatura e tiene in mano la regia dell’evento-partita.
E tutto questo lo si afferma con disagio, se non con dichiarato senso di ribellione, la ribellione del ben pensante, della piccola borghesia dell’italietta, quella che Claudio Lolli sbeffeggiava in una vecchia canzone degli anni ’70.
Quella che, diceva il Poeta, sa mentire con cortesia, con cinismo e vigliaccheria ed ha fatto dell’ipocrisia la sua formula di poesia.
Io della Curva Sud conservo nella mente sempre e solo l’immagine che si è fissata nei miei occhi di bambino quando varcai per la prima volta i cancelli dell’Olimpico, marmoreo e monumentale come ora non lo è più.
L’immagine di un mondo perennemente colorato a festa, pure quando si perde, pieno di suoni, i canti e i tamburi del Cucs, e fonte inesauribile di energia.
Un’idea edulcorata e romantica, lo ammetto, incapace di penetrare oltre l’apparenza.
Io, come molti credo, pur sedendo al Tempio in tanti posti diversi, dalla Curva Nord, ai Distinti Sud, dalla Tevere alla sua dirimpettaia di lusso, quella Monte Mario che per molti è scroccolandia, e ora in Distinti Nord, ho dedicato alla Curva Sud il mio primo sguardo e ogni volta mi sono idealmente proiettato verso la Sud, ma non ho mai percepito questo come un’umiliazione, come un asservimento, al contrario.
Perché, come tutto ciò che aspira all’eterno, come la Roma stessa, per me la Sud è e rimane un’astrazione che va oltre l’umanità che la popola, perché, come dice l’inno, passa il tempo cambia la gente…
E’ tifare a oltranza per la Roma, oltre il risultato, è il mantice che mantiene viva la passione di uno Stadio intero, soffiando senza fine anche sul mio cuore specie quando è affranto dall’evolversi della partita, per tenere accesa la speranza fino al fischio finale.
E’ la meraviglia per una coreografia che all’improvviso si srotola su migliaia di persone e che ti rende orgoglioso anche se la sua faticosa preparazione non ti ha rubato un minuto, né un centesimo.
Qualcuno dirà che soffro di sudditanza culturale.
Può essere.
Del resto ognuno ha i suoi gusti.
C’è chi ama contornarsi di vita, di confusione e di persone e chi invece aborre tutto questo.
Chi vuole uno Stadio vivo e pieno di colori, di canti, di passione e chi invece vorrebbe trasformarlo in un’opera d’arte con un bel cartellino attaccato: “natura morta”.
Io, finché ci sarà, rotolerò sempre verso la Sud.

Marforio