Categorie Articoli by Gens Romana Scritto da Marforio lunedì, 12 Gennaio alle ore 09:38
Quella volta Filippo non aveva potuto dire di no alla moglie. Dopo la sosta natalizia, infatti, sarebbe iniziato un nuovo tour de force appresso alla Magica, complice anche il recupero infrasettimanale della partita con la Sampdoria, così che gli sembrò del tutto inopportuno sottrarsi a quello che per Manuela era un appuntamento immancabile: la cena a casa di Sonia, il capo di Manuela che con gli anni era diventata una della sue migliori amiche. «Single per vocazione e non per necessità» come amava dire di sé, anche se Filippo ne dubitava, Sonia amava riunire le sue amiche, magari con i loro «compagni» al seguito, almeno una volta al mese nel suo appartamento di Via della Vetrina. In quelle occasioni, Sonia preparava lei stessa la cena sperimentando sulla loro pelle le sue estemporanee ricette, fatte di «commistioni tra le diverse culture» che, per Filippo, si risolvevano immancabilmente in strani miscugli. Budini tremolanti (anche se Sonia si ostinava a chiamarli «mousse») dai colori improbabili e dai sapori non definibili, poltiglie sospette di strane farine. Torbide zuppe o piccoli pezzi di carne dispersi in intingoli misteriosi. Niente che, secondo il metro di Filippo, avesse la forma, il colore e l’aspetto del cibo. Non c’era antipatia reciproca tra Filippo e Sonia. Semplicemente, naturalmente, spontaneamente, si odiavano. Ma con quell’odio, e quella misura per esprimerlo, che è concesso ad un uomo di nutrire solo con le amiche della propria moglie, che sai che sparleranno di te ad ogni occasione, ma che non puoi mandare sonoramente a quel paese se non a prezzo di interminabili discussioni familiari che si possono concludere solo con un: «vabbè le telefonerò per chiederle scusa». Filippo si presentò a casa di Sonia, Manuela era già lì dal tardo pomeriggio, quasi puntuale, compatibilmente con il traffico, la pioggia che gli aveva impedito di prendere lo scooter e i varchi elettronici. Tra le sue mani aveva un mazzo di fiori il cui scopo era più quello di ammansire la moglie che di compiacere la padrona di casa – Sonia diceva che i fiori freschi le ricordavano il cimitero e si contornava di fiori secchi – e capì che non sarebbe stata la serata giusta quando si rese conto che sarebbe rimasto l’unico dei commensali di sesso maschile. Si accomodò, per quanto poté, su di uno dei cuscini sparsi sul tappeto dell’ampio salone – Sonia non usava sedie e serviva il cibo su tavolini di un’altezza massima di trenta centimetri – e si mise in ascolto delle commensali che si intrattenevano in attesa che la cena o presunta tale venisse servita dalla filippina. La conversazione, che coinvolgeva oltre a Sonia e Manuela altre due donne sulla quarantina che Filippo vedeva per la prima volta e di cui si era dimenticato il nome appena dopo le presentazioni di rito, si concentrò sulle «donne che ce l’hanno fatta senza rinnegare o svendere se stesse». Sonia, in particolare, si sperticò nelle lodi «alla Luciana», la Littizzetto, che lei aveva avuto occasione di conoscere ad una cena e di cui non aveva perso un libro o un’apparizione televisiva. La prima portata della cena fu qualcosa di somigliante ad un involtino di alghe servito con l’accompagnamento di un tè verde bollente ed insipido mentre le donne continuavano ad ignorare la presenza di Filippo. Sonia era tutto un «come dice la Luciana…», «come ha scritto la Luciana…» e via citando e cinguettando. Filippo, considerando tutto sommato innocente l’argomento e nutrendo oltretutto simpatia per la comica torinese, abbassò la guardia e troppo tardi si accorse del proprio errore. All’ennesimo «come ha scritto la Luciana…» la mente di Filippo, ormai ottenebrata dalla noia, registrò, come fosse un recettore di Echelon, la parola «tifosi», ma non reagì con sufficiente prontezza. In qualche parte dell’ultimo libro «della Luciana» Sonia aveva letto un passo che era la conferma di una delle sue incrollabili certezze che tanto la rendevano amabile agli occhi di Filippo: i tifosi sono bestie incontrollabili e gli stadi dovrebbero essere aperti solo per metterceli dentro e farli scannare tra loro fino all’estinzione. Filippo colse in un attimo il riso sardonico delle altre due ospiti e pensò che quella sera per cena ci sarebbe stato un insolito «Filippo arrosto». La sua sorpresa fu quindi incommensurabile quando sentì Manuela alzare la voce e prendere le sue difese. «Guarda Sonia che ti sbagli. Io e Filippo andiamo sempre all’Olimpico insieme a seguire la Roma e non ci è successo mai nulla. E poi i colori, la gente, il calore, la passione. A dirti la verità io non saprei rinunciarvi. E poi lo sai che Filippo l’ho conosciuto durante una trasferta. Secondo me dovresti trovare qualcuno che ti ci accompagna. E’ che sei sempre così sola…». Con perfetto tempismo, l’adrenalina fa quest’effetto anche dopo i ’40, Filippo aggiunse: «sola come un gambo di sedano. Non lo dice anche la Luciana?» ed ebbe la sua vendetta. A te, a te che sei la mia Roma Tag:littizzetto, marforio |
