venerdì, Maggio 03, 2024 Anno XXI


«Timeo Danaos et dona ferentes». Temo i nemici anche quando portano doni… e pure quando fanno gli auguri.
E così se al vecchio Marforio capita di leggere in coda agli ironici auguri di un blogger di professione (se po’ dì blogger o è riduttivo?) che «un conto è sedersi davanti al foglio bianco e cercare di scrivere due righe sull’onda del pathos del match o del patè della cena, un altro è essere tenutario di un blog molto più articolato…», il pensiero va immediatamente (coda de paja de Marforio?) a tutti i brani del sottoscritto e degli altri compagni di viaggio che nell’anno che va a concludersi hanno affollato l’Editoria by Gens Romana di CoredeRoma. Nella quale le marforiate e i voli pindarici di Fila60 (compresi i mitici Bordini & Stocchetti) si mischiano ai pezzi di Albe, AtletaRoma, Elvis, Er Secco, Er Siculo, Flavio l’Afgano, Lupacchiotta Carla, Lupus, Manu1927, Max, Miss Roma, Paoletta, Riccardo, Roberto, Stefo75 (tutti rigorosamente in ordine alfabetico sperando di non aver tralasciato nessuno) senza dimenticare lo sfogo di Jacopo, le poesie di Simone, di Vittorio “Gytano” e di Paolo di Palombara in ricordo del Presidente Sensi e quella di Tottina dedicata al Capitano.
Frammenti, schegge, che insieme compongono la frase: “A.S. Roma te amo pure si certe vorte me fai ‘ncazzà”.
Esposti al giudizio, ai ricordi e alle riflessioni (e in qualche caso alla risata e pure alla lacrimuccia) del variegato mondo di CoredeRoma e non solo.
Senza nessuna pretesa di tenere assieme i pezzi di questo anarchico caleidoscopio, ma, al contrario, alla ricerca del contrasto, del chiaroscuro, di quella che una volta si sarebbe definita dialettica.
Un’opera dell’ingegno molto più difficile e (lo dico? non lo dico? ma si che lo dico!) “professionale” di quella di chi si mette al desco in una redazione di giornale col potere supremo di dare voce o di farla tacere. Di dare la linea di quello che è romanista e di quello che non lo è. Di mischiare, secondo l’umore e la convenienza, ironia e colpi de spada. Di proclamare il verbo, o presunto tale.
Perché si ha una tessera in tasca (che autorizza, impone, riserva, abilita) per farlo.
Ciarisemo verrebbe, viene, da dire. Ciarisemo colla favoletta, alla quale mai credemmo e mai crederemo, che solo chi è giornalista (magari solo pubblicista) ha il potere di esprimere le proprie opinioni, di tenere con fatica (e quanto je deve sudà la penna, pe’ nun parlà della capoccia e della tastiera) un blog. Gli altri? dilettanti, guitti, improvvisati imbrattacarte che scrivono colla panza.
E se ciarisemo, noi qua semo e continueremo, alla faccia loro con rispetto parlando.
A scrivere pezzi dettati solo dal nostro intelletto e dalle nostre emozioni.
Ispirati, più che dar patè, da n’amatriciana fatta bene.
Perché noi prima accennemo er cervello, poi mettemo in moto i neuroni e famo circolà er sangue e poi, ma solo poi, cominciamo a scrive.
Capisco che per chi se ne deve inventà pe’ contratto ogni giorno una nova, i nostri siano sfoghi de panza.
Capisco che noi semo noi, e loro cianno er nome scritto bello grosso tra i collaboratori d’una prestigiosa testata.
Capisco che per chi scrive per professione la libertà sia solo improvvisazione.
Noi, direbbe er Poeta, lo facessimo pe’ passione.
Se chiama “esercizzio der libbero penziero”.
E’ nato quarche millennio prima dell’invenzione delle tessere d’ogni tipo e colore.
E mai morrà, dovesse camuffasse, all’occorrenza, in una rubrica de maglia o d’uncinetto.

Buon 2009 da Marforio