sabato, Giugno 21, 2025 Anno XXI


Adagiato sul suo letto marmoreo in Campidoglio, Marforio, quello vero, guarda con aria disincantata Roma nostra e aspetta. Aspetta che s’avveri quella profezia antica che narra del ritorno del Pupo a casa sua, all’Ara Coeli, dove mano sacrilega ed egoista lo sottrasse alle poesie balbettanti dei lupacchiotti romani. Quei bimbetti vestiti a festa che a lui, al Santo Bambino dell’Ara Coeli, e non a quel bamboccio americano vestito di rosso, rivolgevano le loro richieste e le loro speranze nel rito tutto nostro della processione al presepe. Da lassù, dal Sacro Colle della fondazione di Roma, Marforio ci osserva, ma non comprende i nostri affanni e questa febbre che ci prende ogni volta sotto Natale. Quest’ansia di misurare in moneta la quantità della nostra attenzione verso i nostri cari, dimenticando il senso stesso della parola moneta che, dal Tempio della Dea Giunone Moneta, dove s’eresse la prima zecca del mondo e che fa da fondamenta proprio all’Ara Coeli, significa ammonizione.
L’ammonizione del caffettiere filosofo der Belli:
L’ommini de sto monno sò l’istesso
Che vaghi de caffè ner macinino:
C’uno prima, uno doppo, e un’antro appresso,
Tutti quanti però vanno a un distino.
Spesso muteno sito, e caccia spesso
Er vago grosso er vago piccinino,
E ss’incarzeno tutti in zu l’ingresso
Der ferro che li sfraggne in porverino.
E l’ommini accusì viveno ar monno
Misticati pe mano de la sorte
Che sse li gira tutti in tonno in tonno.

Cosa ricorderemo di questo 2008?
Come tutti gli anni gli eventi lieti e quelli tristi si rincorrono e s’intrecciano nella memoria. Nuovi e imperiosi vagiti di tanti cuccioli di lupa venuti al mondo nell’anno che sta finendo hanno allietato le nostre case arricchendo la gioiosa galleria dei piccoli romanisti che crescono. Sono il nostro orgoglio, il nostro futuro e la nostra responsabilità per il mondo che gli lasceremo in eredità.
Altri fratelli ci hanno lasciato per accomodarsi nella tribuna d’onore del Paradiso accanto al Presidente Franco Sensi. E, senza far torto agli affetti di ciascuno, voglio ricordare Alessandro, piccolo campione rapito ai suoi cari per rincorrere un pallone su di un campo di periferia.
La Roma, la nostra Roma, ci ha fatto gioire più volte di quanto ci abbia fatto tribolare.
E se qualche torto arbitrale (ma per questo il 2008 non verrà ricordato come un anno particolare), qualche prestazione sotto tono e qualche ingenuità di troppo ci hanno fatto strozzare in gola il nostro urlo di vittoria, non per questo dimenticheremo gli abbracci in balconata, le mani protese verso il cielo, le crostate divorate al Tempio, spesso letteralmente invaso dai nostri piccoli, e tutti gli altri momenti felici che ci hanno regalato i colori sangueoro.
La Roma è sempre nuova e sempre la stessa: specchio di una città perennemente in movimento capace di trionfi improvvisi e d’improvvisi rovesci. E pure l’amato Tevere ci ha fatto stare da ultimo col fiato sospeso, rammentandoci che la capacità di sopportazione della natura agli oltraggi che le si fanno quotidianamente per piccoli interessi di bottega è immensa, ma non infinita.
Abbiamo visto e sentito Pasquino parlare con la voce di Marione e le canzoni del Galopeira. Ci siamo esaltati sentendo per radio i gol raccontati da Carlo Zampa.
Abbiamo conosciuto Amedeo Amadei. Abbiamo gettato una goccia d’acqua nella gola assetata del Malawi.
No, anche se bisesto, non è stato un anno buttato.

Buon Natale Roma