Categorie Articoli by Gens Romana Scritto da Marforio martedì, 16 Dicembre alle ore 10:05
Ipnotizzati dal caleidoscopio televisivo ci facciamo scorrere addosso, come questa interminabile pioggia invernale, il rovesciamento della gerarchia dei valori tra ciò che è reale e ciò che è finzione. Tra un’emozione autentica vissuta in prima persona, che nessun replay ci potrà restituire intatta, e la sequenza spesso insulsa di ciò che ci propina il piccolo schermo che, in quanto controllato da altri, ci sembra, comunque, più vero, sano e affidabile. Nulla è casuale in uno studio televisivo, anche l’improvvisato spogliarello del lui o della lei di turno. Seni esibiti o volutamente malcelati, accavallamenti di gambe da vedo e non vedo, più spesso vedo, fuori di seno inquadrati con voluttà, non ci sembrano osceni, se mediati dal tubo catodico. Tronisti e muscolosi palestrati, perizomi di giovani maschi d’incerto orientamento, più spesso efebi che machi, stanno là a testimoniare che il voyerismo non si declina solo al maschile. Siamo passati dal tutto è vietato in televisione, in quanto indistinto e sconosciuto è il pubblico al di là dello schermo, al tutto è consentito, purché marcato, sponsorizzato e sapientemente interrotto da un innocente consiglio per gli acquisti. L’osceno, il riprovevole, lo specchio del diavolo non sono stati però cancellati da una società di morale incerta ed elastica, ma traslocati in quel luogo di perdizione che è diventato lo Stadio. E d’improvviso il mezzo televisivo e con esso la pletora dei critici, solitamente indifferenti, se non addirittura compiaciuti, di fronte allo scempio della carne esibita e dell’intelligenza assonnata che si dipana nei loro set televisivi, sotto i loro occhi truccati di rimmel, davanti alle loro gote incipriate e tamponate dalla truccatrice, si scopre moralista e persino bacchettone per ciò che vede, commenta, ma non controlla. E il dito indice dell’indignazione si leva severo contro lo scandalo autentico dell’era mediatica: le mutande di Mirko Vu?ini?! La sua esultanza spontanea e coinvolgente che ha mostrato di lui solo qualche innocente centimetro di pelle oltre quella che già esibisce per professione, essendo il calcio un gioco che si pratica in calzoncini, ha fatto gridare all’orrore i benpensanti, che nulla o quasi hanno avuto da ridire per il doping o per gli scandali, ma che hanno prontamente reagito a questa palese lesione della dignità del giocatore e degli spettatori. Tutto è vietato allo Stadio e tutto è oggetto di riprovazione. Il Teatro dei Sogni, il luogo di iniziazione all’emozione, all’abbraccio coinvolgente di una folla che sentiamo amica e protettiva laddove comunemente ci dovrebbe spaventare, è diventato la faglia sismica che impedisce il controllo totalizzante delle menti e dei cuori. E quindi, come tutte le crepe, va chiuso, con la stessa calce che cosparge i loro volti di sepolcri imbiancati incredibilmente viventi. E le medesime voci del politicamente corretto e del socialmente adeguato che si levano per la riapertura dei casini invocano la chiusura degli Stadi. Non gli basta più video-controllarci, perquisirci, ammonirci. Vogliono semplicemente allontanarci, dividerci, annientarci. Sostituirci con le marionette, le comparse, le scimmie ammaestrate che popolano i loro studi luccicanti dove, nascosto come si conviene ad un deus ex machina, regna il Regista. Quello che dirige l’inquadratura, controlla le emozioni e i display con “applausi” e “fischi”, taglia, incolla, dissolve, discernendo a sua discrezione ciò che è visibile da ciò che va occultato e che trasforma il reale in una preconfezionata sceneggiatura. Ogni stagione e ogni generazione declina a modo proprio il termine “resistenza”. Alla fine degli anni ’50 un gesto apparentemente innocente come l’andare a piedi al lavoro, senza prendere l’autobus, si trasformò nell’America segregazionista in una protesta devastante. La nostra resistenza sarà esserci sempre e comunque là, al Tempio, dove non ci vogliono più, dove i colori porpora e oro ci affratellano senza distinzioni. Dove vedere Mirko togliersi i calzoncini può diventare un gesto catartico e liberatorio. Continuassero pure le querule starnazzanti a gridare allo scandalo. Noi non li ascolteremo. Butteremo i telecomandi nella raccolta differenziata per abbracciarci per una vittoria o consolarci per una sconfitta. A casa nostra, al Tempio, dove nessun Regista controllerà mai il numero dei battiti del nostro cuore. Noi, l’interferenza perenne alla nenia catodica. Noi, il nome che li fa sussultare nelle loro poltroncine. Noi, i tifosi. |
