venerdì, Marzo 29, 2024 Anno XXI


Da sempre ci dividiamo tra “tifosi” (dal greco t?phos “fumo vapore” e per estensione “offuscamento dei sensi” dovuto alla febbre) fedeli al motto “la Roma non si discute, si ama”, e “sportivi”, menti fredde in grado di analizzare lo scorrere di una partita e di coglierne pregi ed errori tecnico-tattici.Poi ci sono gli “sportivi-tifosi”, il massimo che conosco io è Fila60, che dopo aver considerato e analizzato tutto con metodica precisione…tifano uguale come ossessi, anzi de più.
Io tifo.
Io struguglio, tarantolo, m’avvito, palpito, m’esalto e alla fine godo o mi deprimo con ciclica costanza e precisione.
Calma e serenità non m’appartengono.
Vivo di sensazioni e di emozioni, non di certezze, e la moviola in campo o fuori m’annoia e mi leva il gusto del mio imprinting della partita, l’unico che per me conti davvero.
Per questo amo i colori porpora e oro, sempre e comunque, a prescindere dal risultato.
Una volta andando al Tempio seguii involontariamente la conversazione di una coppia in cui lui, romanista, cercava di convincere lei, simpatizzante juventina, a cambiare bandiera e si arrese per la seguente considerazione: “no, te nun poi diventà daa Roma, soffriresti troppo…”.
Quando la Roma vince m’esalto, mi cambia la giornata, anzi, che dico, la settimana.
Quando perde non faccio male a nessuno. Solo che non compro i giornali, non sento la radio e non guardo la televisione: mi basta la mia di sofferenza senza aggiungerci pure l’autopsia dei necrofori di professione.
Degli arbitri non mi fido, mai. E perché dovrei?
Dei pennivendoli e dei microfonari mi fido ancor di meno, tanto la rigirano sempre come gli pare per una copia o un ascoltatore in più.
Mi fido del cuore, delle mie sensazioni, dell’odore del sudore di chi ha dato tutto in campo, o della postura di chi, pur lautamente pagato, non dà adeguatamente il fritto, anzi me cojona. Io che potendo giocherei con la Roma pure aggratis e co na zampa sola!
Tutte cose che al Tempio si percepiscono benissimo.
Ogni volta ricomincio d’accapo, come nulla fosse.
Ogni volta pronto a rialzarmi, perché, direbbe il Poeta, io so’ testardo…
Per me fino al 98° (i recuperi miei so’ infiniti…) e fino all’ultima giornata non è mai finita: aspetto l’estro, il guizzo, la giocata, pure un miracolo se serve, che salvi la partita, il girone o il campionato.
A conti fatti io c’ho raggione sempre e sempre torto voi, menti pensanti.
Perché la malattia mia se chiama vita, mentre la vostra scienza ve trasforma l’esistenza in un eterno purgatorio. Né inferno, dove dicono se sciali come matti, né paradiso d’estasi immortale.
Io faccio festa sempre e comunque, prima della partita alla sciarpata, e pe’ di FORZA ROMA, DAJE LUPI, non attendo de sape’ com’é finita…