sabato, Maggio 10, 2025 Anno XXI


L’interrogativo che ci siamo posti in molti, prima della partita con la Reggina è stato: riusciremo ad “asfaltare la Reggina” cioè a rendere innocua una delle formazioni che, tradizionalmente, la Roma soffre di più?Puntualmente la risposta è arrivata dal campo e ora, con i Matia Bazar di Vacanze Romane del 1983 (grande annata!), possiamo cantare “Roma bella, tu, le muse tue, asfalto lucido, Arrivederci Roma”.
A voler restare sul piano del paragone stradale, la Roma del primo tempo è apparsa però piuttosto come la famigerata autostrada che porta a Reggio Calabria: ingorgata!
E con qualche buca di troppo, come quella del campo, che i telecronisti ci hanno descritto in perfette condizioni e che a me è parso più consono alla coltivazione delle patate, nella quale è incespicato il Capitano nei primissimi minuti, lanciato in bella solitudine verso la porta avversaria.

Un lento macinare il gioco che ha fatto emergere le non piccole qualità della squadra di Ficcadenti, aggressiva e ordinata di suo, nonostante gli innesti di perfetti sconosciuti come l’islandese Hallfredsson e i danesi Tullberg e Stadsgaard, subentrato al suo compatriota nel secondo tempo, arcigni, muscolari e quindi adatti ad un gioco fatto di vigoria fisica.

Bella la prova anche di Modesto che, ad immaginarlo solo un po’ sgrezzato, giustifica appieno le attenzioni che gli ha dedicato la Roma nell’ultima sessione di mercato.
Solo che, per fortuna, nostra e delle nostre coronarie, la Roma di quest’anno ha un passo diverso ed alla prima occasione ha colpito con un gol da fantascienza di Juan (ben venuto tra noi) in grado di non far certo rimpiangere il Cristallo Rumeno emigrato alla corte di Mancini.
Poi la Roma, complice anche la superiorità numerica creata dall’espulsione dello scellerato Valdez, si è seduta iniziando a lucidare l’asfalto ed a cercare la giocata più che la finalizzazione.
Due, tre azioni da manuale sprecate per puro narcisismo come quella che ha avuto protagonista Supersimo che tutto poteva fare tranne che tirare alle stelle a porta praticamente vuota.

Ecco, se c’è una cosa che ancora non mi piace della Roma attuale, per altri versi a tratti superlativa e in grado di riconciliare col gioco del calcio dopo due partite di mediocrità devastante come quelle della Nazionale, è questo voler lucidare l’argenteria prima ancora di aver finito il pasto e di aver ridotto all’impotenza l’avversario.
Che poi da questa ricerca estetica nascano anche gol bellissimi, come quello di oggi del Capitano su assist di Cicinho (benvenuto anche a lui) e su velo di Aquilani, conta relativamente poco perché verranno quelle partite in cui l’avversario ti concede solo due azioni e vorrei tanto che in quelle azioni la Roma tirasse fuori un cinismo che ancora non le appartiene.

Del tutto incomprensibile la prova di Curci, chiamato in tutta fretta a sostituire un infortunato Doni e incapace, purtroppo, non solo di prendere la palla, ma anche minimamente di vedere dove fosse diretta e di comprendere decentemente come piazzarsi.
Visto in più occasioni svolazzare senza costrutto o inginocchiarsi alla ricerca di qualcosa che, più che la palla, sembrava un oggetto personale smarrito nell’erba incolta del Granillo.
Il resto è cronaca del dopo partita con il gustoso siparietto di Spalletti che ha osato dire, con la sua faccia da impunito, che le statistiche nel calcio (e non solo) non servono ad una cippa facendo infuriare Sua Statisticità Suprema dott. Mario Sconcerti.

Come non essere, ancora e sempre d’accordo con il Mister?
Le statistiche, infatti, ci dicono che, mediamente, tutti noi abbiamo una casa, un reddito importante, un’aspettativa di vita ultra ottuagenaria!
Il fatto, direbbe Sconcerti, è che i numeri dicono sempre la verità, siamo noi che siamo sempre nella percentuale sbagliata!
E ora a mercoledì cercando di salvare le coronarie.
Daje Roma, daje