sabato, Maggio 10, 2025 Anno XXI


Il pane e le rose era una fortunata metafora degli anni ’70 per dire che nella vita non si vive di solo pane, ma servono anche le cose apparentemente futili, come le rose, appunto.
Se non ricordo male l’Editrice Savelli ci fece allora una collana di successo. Ora è roba da circoli alternativi o negozi di ortofrutta.
Sabato all’Olimpico la Roma si è presa la prima vittoria della stagione, i famosi “treppunti boni come er pane” e ha vinto, a modo suo, il suo primo scontro/salvezza. Il prosieguo ci dirà se e da cosa si è salvata.
I pessimisti diranno: dalla retrocessione e questa definizione ci sta ancora, a patto di allargarla. E’ il rischio che corri quando arrivi secondo tanto spesso. Sai che ti basta poco, forse pochissimo, per arrivare primo e, allo stesso tempo, temi di essere risucchiato indietro, retrocesso, appunto.
E così i Pippa Nera che hai lasciato a maggio congelati a -36 te li ritrovi ora “solo” due punti sopra ringraziando er Sor Carletto Ancelotti perché primi in classifica proprio nun se potevano vede.
A noi masticatori di pane con la frittata, solo perché quello con le cipolle, che rende l’alito esiziale, è appannaggio della generazione precedente, questo pane un po’ raffermo ci può andare anche bene.
Sappiamo, non avendoci la vita regalato una posizione da cui prosperare di rendita, che in tempi di magra bisogna accontentarsi del pane e che, come ancora mi ripete mamma, prima bisogna guadagnarsi il pane quotidiano, e poi viene il resto.
Ma nella vita ci sono, servono, anche le rose.
Quelle che sbocciano all’improvviso.
La prima rosa di questa stagione me l’ha regalata (pare che i fiori si regalino anche a noi maschietti) la Curva Sud.
Quanto tempo era che non si vedeva una coreografia al Tempio?
E con la coreografia, la canzone di Testaccio.
Che un giorno dovrebbero mettere al termine della partita, a palla.
Così finalmente la sentirà anche chi ne ha sentito solo parlare, come di una leggenda metropolitana.
E un timido mazzolino di rose, di quelli che si comprano a poco, me l’ha regalato anche la Roma con la sua vittoria sulla Reggina.
Come si dice di un regalo modesto, e di quelli che si donano per fare pace, conta il pensiero.
Non m’esalto di questa vittoria, ma la custodisco con cura.
So che non siamo ancora al roseto da premio, che la strada è ancora lunga.
Dice il Poeta: non calpestare i fiori nel deserto.