lunedì, Maggio 12, 2025 Anno XXI


Notabile erat iugum adstrictum multis nodis, qui nexus celabant. (Era notevole il giogo legato con molti nodi, che i capi dell’intreccio nascondevano). Alexander, postquam nequaquam diu cum nodis pugnaverat, dixit: “Oraculum cecinit de nodorum solutione, non de solutionis modo!” et gladii ictu omnes nodos excidit. (Alessandro, dopo essersi sforzato con i nodi a lungo e invano, disse infine: “L’oracolo ha vaticinato riguardo allo scioglimento dei nodi, non riguardo al modo dello scioglimento! E tagliò tutti i nodi con un colpo di spada.).
La leggenda del nodo di Gordio, che sotto forma di “versione latina” ha fatto sudare intere generazioni di studenti, rivela l’intimo desiderio di semplificazione che c’è in ognuno di noi. Chi, infatti, trovandosi di fronte ad un problema all’apparenza insolubile, non vorrebbe imbracciare il famoso gladio di Alessandro e tagliare il nodo invece di scervellarsi a scioglierlo? E’ una situazione che si riproduce costantemente e che genera sempre lo stesso desiderio. E’ l’immagine del fortino del Far West circondato dagli indiani in cui il comandante, invece di chiedersi come mai si sia messo in quella situazione e provare, che so, a parlamentare o a trovare una via di fuga o un’altra soluzione con le proprie forze, attende, normalmente esaudito, lo squillo della cavalleria che rovesci l’equilibrio delle forze in campo. Quel “arrivano i nostri” che trasformi la disfatta in vittoria.
Parlando dei fatti di casa nostra, la fuga notturna di Fabio Capello verso i tranquilli lidi juventini seguita dall’assunzione da parte di Rosella Sensi della guida effettiva dell’AS Roma rivelò al mondo romanista il complicatissimo nodo nel quale si erano intrecciate le sorti della Roma e quelle della famiglia che da un quindicennio si è assunta l’onere e l’onore di guidarla. All’improvviso si diffuse tra i tifosi romanisti una sensazione di fragilità e di debolezza.
Sono passati esattamente quattro anni da quel periodo e quella percezione è rimasta. Eppure in questi quattro anni di strada ne è stata fatta tanta. Sono stati commessi certamente degli errori, specie nel primo anno, quello dei quattro allenatori, ma sono stati raggiunti anche dei traguardi importanti. Per la prima volta dopo il terzo scudetto è stata vinta la Supercoppa italiana. E nell’arco di un anno la Roma si è aggiudicata due volte la Coppa Italia, ripetendo la storica doppietta delle stagioni 1979/80 e 1980/81. Due stagioni dopo quella doppietta la Roma avrebbe vinto il suo secondo scudetto e questo qualcosa vorrà pur dire. In questo stesso periodo la Roma si è collocata stabilmente tra le prime otto squadre d’Europa, mettendosi alle spalle, per parlar chiari, club come l’Inter, il Milan, il Real Madrid o il Lione, che in Francia miete scudetti e coppe nazionali come il grano. E tutto questo è stato fatto individuando e consolidando una guida tecnica complessivamente capace, sicura e stabile, quando altri club sembrano non trovare pace. Non il Barcellona, non il Chelsea e neppure l’Inter campione (campione?) d’Italia, ma questa non è una notizia.
Eppure una parte del tifo romanista sembra vivere nell’angoscia. Aspetta alla finestra che arrivi un Alessandro Magno, meglio se straniero e misterioso, a tagliare il nodo di Gordio.
Una sorta di Messia calcistico che di colpo, rovesciando sull’AS Roma miliardi di dollari, mandi in soffitta tutte le paure e le incertezze e metta in un angolo i padroni del calcio di casa nostra che pure nella stagione appena conclusa hanno raggiunto i loro traguardi facendo incetta più di gervasoni (intesi come specie) che di campioni.
Viene da chiedersi (e qualcuno saggiamente la domanda se l’è già fatta) se questa angoscia esistenziale del tifoso romanista sia spontanea o indotta. I padri latini direbbero “in medio stat virtus” cioè nel medio sta la verità (o la fregatura rammentando l’uso gestuale inelegante del dito medio). Certo tutti noi vorremmo che un lascito o una vincita al superenalotto ci azzerasse il mutuo o ci consentisse di vivere di rendita risparmiandoci una prospettiva di lavoro e di sacrifici. Il classico “coup de cul” che ti cambia la vita. E’ umano coltivare lo stesso sogno per l’AS Roma. E’ pur vero però che quando si parla di informazione economica le fonti “sicure, ma non rivelabili” risiedono tutte a Milano e dintorni. E un altro indizio l’ha fornito Christian Panucci quando ha proclamato: “il prossimo anno vogliamo migliorarci quindi abbiate paura della Roma”, perché nell’infinita sfida che corre sull’asse Milano-Roma, i desideri degli uni sono le paure degli altri. L’unica differenza è che il nostro desiderio recondito di vedere Moratti sul lastrico e con i libri in Tribunale lo possiamo rivelare solo ai nostri amici più intimi, mentre il loro di desiderio, quello di vederci sparire, lo possono consegnare all’infinita schiera dei giornali e delle agenzie amiche o a libro paga e trasformarlo per noi in incubi travestiti da informazione asettica e neutrale.
Perché se lo dice l’Agenzia Radiocor o il CorriereEconomia è tutto vero. Che l’una e l’altro affondino le loro radici e traggano linfa nell’ambiente economico meneghino in cui Moratti e soci non sono esattamente delle comparse non ci turba minimamente. Che le speculazioni sul titolo AS Roma avvengano alla Borsa di Milano non ci induce minimamente in sospetto.
Perché noi abbiamo l’informazione di casa nostra a proteggerci, a svelare l’inganno e a chiarirci le idee, dimenticandoci però che quell’informazione inclina assai spesso al “meglio perdere un amico che una battuta”.
Io non conosco i dettagli e i retroscena, mi limito ad osservare e ad aspettare.
Ma non rinuncio alla facoltà dell’intelletto, a pensare con la mia di capoccia, per limitata che sia.
Perchè se è vero quello di cui ci accusano i milanesi, che Milano lavora e Roma mangia, credo sia il momento giusto per approfittarne: a pancia piena si ragiona meglio.