mercoledì, Maggio 07, 2025 Anno XXI


Andrea rimase in piedi a guardare lo Stadio che si svuotava senza avere la forza di muoversi dal suo posto. D’istinto si leccò una piccola goccia d’acqua che gli colava dal labbro superiore. La assaggiò e si accorse che era salata, ma non poteva essere sudore, visto che si sentiva gelare dentro, era per forza una lacrima, e se ne vergognò, sentendosi patetico. Accanto a lui, la piccola mano stretta nella sua, Lucia, la sua lupacchiotta di nove anni, se ne stava silenziosa e impettita come un soldatino e si limitava di tanto in tanto a guardarlo da sotto in su.
Visto però che il padre non dava alcun segno di volersi muovere, Lucia iniziò a stringere appena un po’ più forte la sua mano per attirarne l’attenzione. Andrea si accorse del richiamo della figlia, ma volle attendere ancora qualche istante affinché la figlia non si accorgesse che lui, a quarant’anni suonati, stava piangendo per una partita di pallone.
Era, evidentemente, una pia illusione, perché, con una logica ferrea tutta infantile, Lucia gli chiese subito perché stava piangendo.
Andrea, allora, si rese conto che era inutile continuare a mentire e rispose alla figlia con la stessa franchezza che avrebbe riservato ad un adulto.
“Piango perché sono dispiaciuto, perché abbiamo perso”.
“E’ così grave?” lo incalzò la piccola.
Andrea la guardò intenerito. Lucia non smetteva mai di sorprenderlo, fedele al detto per cui i bambini saranno pure bambini, ma non sono mica scemi e non li si può ingannare facilmente.
Ignorando la gente che li scavalcava per raggiungere l’uscita, si rimise seduto pronto a rispondere alla domanda della figlia la quale, con logica, stavolta, tutta femminile, gli disse che forse era meglio se andavano e che lei, oltretutto, aveva fame. Scuotendo il capo Andrea si rese conto che quella era la seconda volta nell’arco di pochi minuti in cui la figlia aveva dimostrato una maturità superiore alla sua, si rialzò, la prese per mano e si incamminarono lentamente verso l’uscita. Strada facendo chiese alla figlia che cosa avrebbe voluto mangiare e se, onestamente, non preferiva tornare a casa, vista l’ora tarda.
Lucia, che evidentemente si aspettava la domanda, gli disse che voleva mangiare un hamburger con le patatine e vedendo che il padre annuiva le si illuminò il volto. Andrea sapeva che di questo avrebbe dovuto rendere conto più tardi alla moglie, ma non seppe rifiutare e poi, ad essere sinceri, anche lui cominciava ad avere fame. Telefonò alla moglie avvisandola che avrebbero tardato e si diresse verso Piazzale Clodio dove era certo che avrebbe trovato aperto il Mc Donald e che non avrebbe faticato a trovare parcheggio. Alcuni  minuti dopo padre e figlia erano l’uno di fronte all’altra seduti al tavolino e Andrea guardava ammirato le piccole fauci della figlia demolire un panino dalle dimensioni sproporzionate. Si illuse, allora, con quel piccolo diversivo, di averla fatta franca. Ma, per la seconda volta, si sbagliava. Lucia, infatti, ingurgitato il panino, lo incalzò con una serie di domande. Andrea non si nascose e, con molta pacatezza, rispose a tutte le curiosità della figlia. Le disse che lui per la Roma soffriva come se non si trattasse di un gioco, qual era in realtà, ma come per le altre cose importanti. Che aveva iniziato a seguire la Roma da bambino, più o meno all’età che aveva ora Lucia, e che non si era mai stancato, nonostante le delusioni. Che Lucia avrebbe capito col tempo che gli adulti per le loro passioni soffrono, si esaltano e si commuovono. Infine espose alla figlia, non preoccupandosi se non avesse capito fino in fondo, che lui sperava che i giocatori lo percepissero e si comportassero di conseguenza, che voleva comprendessero cosa vuol dire lottare senza arrendersi per quelli che li sostengono. Che lui, quella sera, si era sentito tradito.
Lucia lo guardava senza interromperlo e quando lui terminò gli disse che anche lei era rimasta delusa perché la squadra non aveva lottato come lei sperava. Che lei era una vera romanista e che aveva tentato di spiegarlo anche alla maestra quando le aveva chiesto come mai nei suoi temi finisse sempre per raccontare dello Stadio e della Roma. Gli pose, però, un’ultima domanda che per un attimo gelò il sangue di Andrea: “ma tu vuoi più bene alla Roma, o a me e alla mamma?”. Andrea prese tra le sue le piccole mani della figlia e le disse di star tranquilla, che lui l’adorava più di ogni altra cosa, ma che doveva sopportare, come aveva imparato a fare la mamma da tanti anni, che lui coltivasse la sua passione, perché una persona che rinuncia alle sue passioni resta triste tutta la vita.
Lucia prese diligentemente i vassoi, li svuotò nel cesto e anticipò il padre verso l’uscita.
Trascorsero il tempo in auto saltando da una radio all’altra, ascoltando i commenti del post partita e Andrea dovette sforzarsi di non imprecare quando mandarono in onda le  interviste del tecnico e dei giocatori.
Entrarono in casa e Andrea passò gli ultimi istanti pensando vanamente al modo migliore di spiegare alla moglie le ragioni del loro ritardo.
Maria, sua moglie, l’attendeva in cucina, la cena ormai fredda, e l’espressione sul suo viso celava a fatica tutta la sua arrabbiatura.
Fu Lucia a rompere il clima di imbarazzo e con fare da impunita disse alla madre: “la Roma ha giocato uno schifo, abbiamo perso e papà c’è rimasto tanto, ma tanto male e io per consolarlo l’ho portato mangiare un hamburger con le patatine. Ah, questi uomini…” e si precipitò ad abbracciare la madre.
Maria in un istante vide svanire tutto il suo cattivo umore. Doveva abituarsi al fatto che ormai in casa gli ultrà erano diventati due, e non era del tutto certa che fosse Andrea quello più accanito.

Culodritto, che vai via sicura, trasformando dal vivo cromosomi corsari
di longobardi, di celti e romani dell’ antica pianura, di montanari,
reginetta dei telecomandi, di gnosi assolute che asserisci e domandi,
di sospetto e di fede nel mondo curioso dei grandi.