giovedì, Maggio 15, 2025 Anno XXI


Mara prese la busta che gli porgeva Fabio, una normale busta de lettera bianca priva di indirizzo, con malcelata diffidenza. Non aveva l’aria del regalo, sembrava, piuttosto, uno scherzo. Soppesò lentamente la busta tentando di indovinarne il contenuto, ma non ne trasse alcun indizio: la busta, nel complesso molto leggera, sembrava vuota. Nel frattempo Fabio voleva restare serio e sembrava non dare eccessivo peso alla cosa, ma i suoi occhi tradivano la curiosità di cogliere l’attimo esatto in cui Mara ne avrebbe visto il contenuto. Mara si rassegnò alla sorpresa, lei che da brava milanese odiava qualunque forma di improvvisazione e che se rimproverava qualcosa a Fabio, che aveva scelto di sposare dopo averlo sfiancato costringendolo ad un lungo corteggiamento, era proprio la sua estemporaneità, il fatto di organizzare tutto sempre all’ultimo minuto. “Ma te sei tutto matto!” fu la reazione di Mara, che si concesse un’inflessione meneghina, quando vide cosa conteneva la busta. All’interno, in effetti, c’erano quattro biglietti per Roma-Milan, settore distinti nord: due per loro e gli altri due per Lorenzo e Francesco, i loro gemelli. Fabio, con quel gesto, sfidava con un colpo solo la scaramanzia, la tenuta delle sue coronarie e la pace familiare. Sarebbe stato il loro primo derby familiare allo Stadio dopo dodici anni di tranquillo ménage. Da quando era sposato, in effetti, le sortite di Fabio allo Stadio si facevano sempre più rare e, per un tacito patto, ognuno in casa coltivava la sua fede calcistica per conto proprio. Dal canto suo, Mara non si era opposta alla conversione romanista dei gemelli ad opera del marito. Roba da uomini, aveva concluso pragmaticamente lei. Però qualche punzecchiata la bella Mara non la risparmiava e la più dolorosa si era consumata appena qualche mese prima, quando il Milan era uscito vittorioso dal doppio confronto col Manchester. Quella stessa squadra che aveva devastato l’umore di Fabio negli incubi del 7-1 dell’Old Trafford. Il pragmatismo di Mara, che accettò la sfida che il marito le lanciava, prese il sopravvento e così lei iniziò a tempestarlo con mille domande. Dove avrebbero lasciato l’auto, se poteva portare i suoi amuleti rossoneri e via proseguendo fino a stilare una lista degna di una spedizione polare. Fabio non fu da meno e rispose a tutte le domande con sicurezza. Del resto erano le stesse domande che si era fatto lui prima di decidersi ad acquistare i tagliandi. Solo su un particolare dovettero discutere e il compromesso che propose a Mara le sembrò accettabile. La sciarpa rossonera sarebbe rimasta in macchina e lei si sarebbe accontentata del suo polsino portafortuna, celato sotto il giaccone. I piccoli avrebbero portato le loro sciarpe e le  bandiere. Loro erano fuori dalla contesa. Poi venne il momento di scommettere qualcosa sul risultato e conclusero che il vincitore avrebbe esposto la propria bandiera sul terrazzo. Fabio rischiava molto. L’attico di Piazza Epiro non solo era visibilissimo, ma era periodicamente adornato di giallorosso. Esporre la bandiera del Milan sarebbe equivalso ad una pubblica capitolazione di cui Fabio avrebbe pagato nel quartiere le conseguenze per settimane. Attenendosi al programma concordato, giunsero allo Stadio con largo anticipo e presero posto più o meno a metà della parte superiore del settore. Mara passò il prepartita praticamente senza parlare. Il suo accento milanese, anche dopo tanti anni, era ancora marcato e non le pareva il caso di farsi scoprire. Notò con soddisfazione che non era la sola in quella condizione e che il settore ospiti era abbastanza pieno. All’inno della Roma si alzò in piedi, ovviamente senza cantare, e guardò con una punta d’invidia lo Stadio colorato e festante. Non faceva fatica ad ammettere di essere contagiata dall’ambiente, ma la fede calcistica non si rinnega, neppure per l’amore della propria vita. L’avvio della partita indusse Fabio a pentirsi della sua idea bislacca. Manco avesse saputo della sua sfida familiare, il Milan stava giocando la sua miglior partita della stagione e i nostri sembravano ipnotizzati. Nell’intervallo scese con i gemelli con la scusa di comprare la coca e incrociò i suoi soliti compagni di avventura. Rivelò loro quello che aveva fatto e raccolse una selva d’insulti. Se avessero perso l’avrebbe pagata cara anche su quel fronte. Il gol di Kakà, proprio sotto la nord, gelò la parte romanista dello Stadio e il cuore di Fabio che si fermò per qualche istante al salvataggio sulla linea di Cicinho qualche minuto dopo. Mara esultava, ma solo con gli occhi, e a Fabio, sempre più incarognito al suo posto, bastava e avanzava. Poi avvenne il miracolo. Uscito Seedorf per Emerson, accolto dallo Stadio come si conviene ad un vecchio amico, sembrò uscire anche il Milan che in quattro minuti precipitò dalla luce alle tenebre con l’uno-due di Giuly e Vucinic, ma Fabio rimase in apnea fino alla punizione di Pirlo nell’ultimo minuto di recupero che gli costò un principio d’infarto. Al fischio finale il sangue sembrò rifluire nelle vene di Fabio che si dedicò ai gemelli trascurando la moglie. Uscirono dallo Stadio senza aprire bocca. Mara era scura in volto e non proferì parola sino al ritorno a casa. Messi a letto i due stremati gemelli, per Fabio fu il momento di uscire sulla terrazza a sistemare il suo amato bandierone. Impiego alcuni minuti a legarlo saldamente bene in vista, ma quando si voltò per rientrare in casa trovò la persiana blindata chiusa alle sue spalle. La vendetta di Mara non si era fatta attendere. Bussò con discrezione pur sapendo che Mara non si sarebbe impietosita. Così si rassegnò a trascorrere qualche ora all’addiaccio e si coprì con la cerata presa dal mobile del terrazzo accucciandosi sul dondolo.
Tanto non avrebbe dormito lo stesso, e poi a Roma era già primavera.

Sei tu la mia nemica amatissima
noi sempre in guerra ormai
si tu sei la mia rivale bellissima
tu che non perdi mai