lunedì, Aprile 29, 2024 Anno XXI


Certo che è facile scrivere qualcosa per voi amici di CoreDeRoma dopo un derby vinto, ma i derby, il mio amico Joe se li vive in assoluta solitudine. Pure avendo l’abbonamento in curva sud lui se ne sta in casa, nascosto dal mondo e nell’ assoluta antisocialità. Sopra di lui, nell’appartamento dove da poco vive, c’è una famiglia di laziali, con i quali Joe ha fatto conoscenza (sonora) in occasione di una partita di coppa, dove la Lazio ha vinto una partita, e dai rumori che venivano giù dal soffitto capì che si trattava di famiglia alquanto velenosa, nello stile che contraddistingue il laziale tipo.

La sua preoccupazione infatti, era quella di lasciarsi andare in esaltazioni non proprio da “educando”, come del resto aveva paura di ascoltare quei tonfi provenire dal soffitto che gli annunciavano che la Lazio aveva segnato, o qualcosa del genere. Con assoluto coraggio il povero Joe si posiziona sulla poltrona, preparata una paio di ore prima corredandola con “plaid , birra e rutto libero” come il buon vecchio Ragionier Fantozzi, pronto alla battaglia.

Come le battaglie, quelle si, di una ventina di anni fa, quando spesso e volentieri viveva il derby in un modo del tutto antidemocratico, diciamo così, e si sentiva veramente, “soldato in patria” . Sono passati appunto venticinque anni o giù di lì, ed il buon vecchio Joe, vive di ricordi ed emozioni. Basta anche un immagine che quelle vissute storie gli riaffiorano in mente in un attimo.

In televisione si vede che in tribuna Tevere, c’è una rissa tra opposte fazioni. Questa cosa non lo stupisce più di tanto, visto che è un classico dei derby, e c’è gente che va in quel settore dello stadio di proposito, per fare teatro e scena, come quel deficiente di ieri sera, che viene inquadrato mentre fa l’eroe, consapevole del fatto che, tra lui e Noi, c’erano un paio di cordoni di celere impossibili da oltrepassare, per lui, consapevole eroe del momento, e per i Romanisti che si trovavano dall’altre parte della corrazzata di blu scuro vestita.

Sogghigna Joe, sotto i baffi che non ha, e ricorda di un derby di tanti anni fa, quando in una situazione simile, non bastarono neanche i cordoni di protezione per fermare l’ira di un armadio a quattro ante che fece fuggire una ventina di eroi/conigli come quello di ieri sera. Sogghigna, perché sa che queste sono cose che non dovrebbe mai accadere, ma accadono, in un modo o nell’altro e fanno parte di questo mondo di irrazionali stati d’animo.

L’eroe scompare con le immagini del derby giocato, che come nelle migliori occasioni, vede la Roma scendere in campo con il terrore di perdere, e con i laziali che si trovano a giocare la partita dell’odio, che preparano già dai giorni del ritiro precampionato, perché a loro, gli importa solo di batterci e poi potrebbero anche andare in serie B, o magari sparire del tutto. La cosa importante è battere la Roma.

Joe mi dice al telefono, tra il primo ed il secondo tempo, che i giocatori che firmano contratti per la Lazio devono anche firmare il patto: “dell’odio i romanisti con tutta la forza che ho” e mi fa notare che la Roma invece gioca senza odio, ma con una terribile paura di perdere. Paura di perdere a parte crede che sia proprio questo che ci differenzia da loro. Per Noi, mi dice Joe, ci sono il campionato, la coppa Italia e la competizione Europea e poi ci sono anche i derby, certo, ma non sono certo le partite dell’odio che giocano i laziali.

Intanto di sopra c’è un silenzio assoluto e Joe ha il sospetto che i vicini di sopra siano andati allo stadio o non ci siano. Invece ci sono, perché quando il portiere più sottovalutato degli ultimi venti anni fa uno di quei miracoli che neanche Buffon è mai riuscito a fare, come salvare un gol praticamente fatto fanno un casino della miseria. Dopo questa scampata catastrofe, come d’incanto la Roma cambia marcia e mette il terrore da derby al di sotto del manto erboso dello stadio Olimpico e comincia a giocare. Da quel momento in poi solo silenzio nel condominio di Joe, che viene rotto solo dall’urlo di un invasato cinquantenne di nome Joe Silente che di “silente” ha ben poco. E’ da solo ma fa casino per quattro, avranno pensato i lazialotti di cui sopra.

Poi, ci sono un paio di miracoli di Muslera, che a forza di essere preso per il culo è diventato anche un buon portiere e qualche pagliacciata di qualche giocatore laziale, che fieri di quel patto dell’ essere anti romanista a tutti i costi, vogliono spiegazione della tanta esultanza nostra ed in particolar modo del nostro Capitano. Ma stanno bene così, come si dice in questi casi.

Il fatto è che per i laziali l’essere antiromanista a prescindere gli sta facendo perdere di vista il fatto che la botola della serie B è aperta e loro di solito, quando perdono la partita della vita, o della stagione, se preferite, non si riprendono più ed è quello che meritano.

Al fischio finale finisce l’angoscia del buon Joe ed inizia quella strana e dolce sensazione di chi vince un derby che sa che il giorno dopo di laziali in giro ne troverà ben pochi.

Massimo Lanzi