domenica, Maggio 05, 2024 Anno XXI


Lorenzo, detto “Pico” per la sua proverbiale memoria enciclopedica sulla Roma, entrò visibilmente contrariato nell’Agenzia dell’Istituto bancario nella quale lavorava. Saverio, il direttore, che  Lorenzo lo conosceva bene, lo intercettò immediatamente invitandolo a prendere un caffè al Bar di fronte. Sperava di farlo sfogare disinnescando così una potenziale fonte di stress per tutta l’Agenzia. Non faceva alcuna fatica a comprendere i motivi del malumore di Lorenzo, anche perché, a dirla alla romana, anche a lui quella mattina rodeva parecchio… il fegato. Davanti alle tazze fumanti di caffè la domanda che Saverio pose a Lorenzo gli sembrò del tutto retorica: “hai visto la partita ieri sera?”. La miccia era stata agevolmente accesa: Lorenzo non perdeva una partita della Roma e, soprattutto, se le ricordava tutte, anche quelle a cui aveva assistito in tenera età. La reazione di Lorenzo non si fece attendere. “Certo che l’ho vista, il solito arbitraggio scandaloso!” fu la laconica risposta. Saverio non si accontentò. Se l’avesse fatto non avrebbe provocato la deflagrazione controllata che voleva e avrebbe pagato inutilmente il caffè. Alzò quindi il tiro e provocò a bella posta Lorenzo affermando che  non era certo colpa dell’arbitro se  non avevano chiuso prima la partita. Lorenzo sembrava non aspettare altro e, forse perché aveva davvero voglia di sfogarsi, forse perché voleva stare al gioco, esordì con un classico del tifo romanista: “dammi il mio, e poi vediamo come va a finire!”. Con precisione notarile Lorenzo iniziò il suo personale elenco degli errori arbitrali patiti dalla Roma e, per fortuna di Saverio e degli altri avventori del Bar che si erano messi ad ascoltare la conversazione, si limitò alla stagione in corso. Saverio avrebbe potuto esimersi dal controbattere. Sapeva che l’amico aveva ragione e poi, dialetticamente, tra lui e Lorenzo non c’era partita. Il suo scopo, però,  non era di prevalere nella discussione, ma di far sfogare Lorenzo e quindi proseguì e interpretò il ruolo di sostenitore dell’altra scuola filosofica della Libera Università di Tifo Romanista, quella del “noi famo er nostro e dell’arbitro ce ne fregamo”. Iniziò allora, con assai minore precisione e convinzione dell’amico, l’elenco di tutti gli errori commessi nell’ultima partita ed in quelle citate da Lorenzo. Lorenzo però non reagì. Si conosceva troppo e temeva che la discussione sarebbe degenerata. Con la scusa che quella mattina toccava a lui, si diresse verso la cassa e pagò i caffè. Saverio prese atto del proprio fallimento e si rassegnò a tenersi Lorenzo di cattivo umore per l’intera giornata. Tornarono in Agenzia senza rivolgersi la parola.
A metà mattina Saverio si avvicinò alla postazione di Lorenzo accompagnando un vecchio cliente della Banca. Era un piccolo imprenditore che non si preoccupava granché della sua sofferenza finanziaria. Al contrario, continuava a prelevare dal suo conto somme ingenti per necessità personali, finendo inevitabilmente in rosso.
Lorenzo salutò il cliente, lo fece accomodare e si sorprese del fatto che Saverio assistesse, in disparte, ma a portata d’orecchio, alla gestione di una pratica di normale amministrazione.
Lorenzo si fece dare dal cliente il numero di conto corrente, lo digitò e sul video gli apparve la lista degli ultimi movimenti.  Erano tutti prelievi.
Con consumata abitudine e con cortesia professionale Lorenzo pronunciò il solito discorso che faceva a tutti i clienti in quelle condizioni, ricordandogli che un comportamento più accorto gli avrebbe evitato molti fastidi con la Banca.
Quella mattina, però, il cliente non era venuto per giustificarsi, ma per lamentarsi. Un consistente bonifico a suo favore, che avrebbe ripianato il suo debito, si era perso da tempo nei meandri del sistema e lui veniva a chiederne conto.
Reagì quindi prontamente alle parole di Lorenzo affermando con calore: “voi prima datemi quello che mi spetta e poi vediamo se sono ancora in rosso!”.
Lorenzo tardò appena un attimo a replicare. Non poté fare a meno di notare l’espressione che a quella frase era spuntata sul volto di Saverio e che comunicava il più classico degli “e mo come te metti?”.
Lorenzo non se la prese, ma restituì il messaggio al mittente con uno sguardo e un gesto che informavano l’amico che se la sarebbero vista a pranzo.
Direttore o non direttore gliel’avrebbe fatta pagare.
Gli avrebbe sciorinato tutti i torti arbitrali subiti dalla Roma dalla stagione ‘74-’75.

Ti amo campionato,
perché non sei falsato
No, no, non sei falsato
A me mi eri sembrato falsato
M’han detto che non sei falsato