Categorie Articoli by Gens Romana Scritto da Marforio giovedì, 21 Febbraio alle ore 01:34
Sara arrivò in ufficio, posò la borsa sulla scrivania, si chinò quel tanto che bastava per raggiungere il pulsante di accensione del pc e si sedette su di un angolo del tavolo rigirando nervosamente la busta che aveva in mano. Non faceva alcuna fatica ad immaginarne il contenuto. Quella mattina aveva accompagnato suo figlio Mattia a scuola e nell’atrio si era imbattuta nella segretaria del Preside che l’aveva accolta con il solito sguardo torvo. Poi con un tono a metà tra il solenne e il mellifluo le aveva consegnato la busta di carta leggera, perfettamente chiusa, “per la privacy” aveva aggiunto. Aprì la busta e lesse la lettera che vi era contenuta, scuotendo il capo man mano che procedeva nella lettura. La lettera, scritta in un linguaggio burocratico, avvisava gli “esercenti la potestà genitoriale” che Mattia era stato nuovamente sorpreso ad azzuffarsi con un compagno di classe, rammentava che Mattia non era nuovo a simili bravate – la parola bravate era sottolineata – e invitava uno dei predetti a recarsi a scuola il giorno successivo per “conferire” con il Preside alla presenza dello psicologo. Sara prese il telefonino e chiamò Marco, suo marito. In quello stesso momento Mattia, 13 anni, stava ascoltando la professoressa di italiano che spiegava una poesia. La sua mente, però, era rivolta ad altro. Quella mattina, infatti, mentre tornava indietro per rammentare alla madre che quel giorno doveva accompagnarlo agli allenamenti, aveva visto la consegna della busta e anche lui ne immaginava il contenuto. Stavolta rischiava proprio una bella sospensione. Con la coscienza che ancora gli rimordeva cercò di concentrarsi sulla lezione, ma immaginava che quella sera papà e mamma avrebbero fatto i fuochi d’artificio e la prospettiva non lo allettava per niente. Marco rispose distrattamente al telefonino mentre era intento a controllare la posta elettronica. Ascoltò senza replicare il racconto della moglie, cercò per quanto possibile di tranquillizzarla e poi richiuse l’apparecchio. Alle 16 Mattia uscì dalla scuola e si guardò intorno alla ricerca della madre. Fu quindi sorpreso di scorgere suo padre che l’attendeva in macchina. Marco aprì lo sportello dall’interno e fece accomodare il figlio, poi partì velocemente. Padre e figlio restarono a lungo senza parlare, poi fu Marco a rompere il silenzio. Senza interromperlo si fece raccontare dal figlio la giornata a scuola e poi gli rivolse la domanda che Mattia si attendeva dal mattino: “posso sapere cosa hai fatto?”. Mattia non aveva motivo di mentire al padre e poi era sicuro che la verità sarebbe venuta a galla lo stesso, quindi vuotò rapidamente il sacco. Gli disse che qualche giorno prima entrando in classe con l’immancabile sciarpa giallorossa al collo, dono proprio del padre, si era imbattuto in Giampiero, il laziale, e aveva cercato di evitarlo. Giampiero, però, quel giorno cercava la lite e non aveva fatto fatica a trovarla. Erano bastate poche parole a bassa voce ed erano venuti alle mani. Con voce concitata Mattia tentò di giustificarsi dicendogli che era stato provocato e che Giampiero sembrava il gemello di Draco Malfoy, strappando con quest’ultima affermazione un sorriso al padre. Marco, che in cuor suo se la rideva, restò serio e rimproverò il figlio per essere caduto in una trappola, gli fece un breve discorso sul comportamento da tenere a scuola e chiuse l’argomento dicendogli che un romanista mantiene sempre i nervi saldi. Mattia, che si aspettava di peggio, ne fu tranquillizzato. Quella sera a cena l’argomento non fu ripreso e Marco placò l’inquietudine di Sara dicendogli che la mattina dopo sarebbe andato lui a parlare con il Preside. Compagno di scuola, compagno di niente |
