lunedì, Aprile 29, 2024 Anno XXI


Adesso Trigoria è un centro sportivo di spiccate qualità. La data della sua inaugurazione risale agli anni 70, quando, in un assolato pomeriggio, quella parte di Roma divenne itinerario errante dei miei giovanili di vita vissuta. Ricordo che mi intrufolai nella sala dove si tenne la presentazione, entrando dal cancello principale nascosto nel furgone della ditta che fu scelta per fornire il rinfresco. Conoscevo il ragazzo che era alla guida del furgone, gli promisi una maglia o qualcosa di qualche giocatore della Roma, ma riuscii solo a portargli un calzettone, di quelli aperti sotto, insomma quelli che si usavano una volta nelle divise di calcio dei giocatori professionisti.
Ero riuscito ad entrare nel centro sportivo, e mi resi conto che tutti mi guardavano come un essere estraneo all’ambiente, infatti non ero proprio quello che si poteva dire adeguato all’evento, ma ebbi la fortuna di scovare l’autista di un altissimo prelato, tifosissimo della Roma e di mia personale conoscenza che mi permise addirittura, di trovarmi gomito a gomito con il mitico Silvano Minaccioni, il massaggiatore storico della Roma .
In quella sala c’erano giornalisti con i loro taccuini e biro che stenografano qualcosa simile all’arabo che poi si sarebbe tradotto in un pezzo del loro giornale.
Tutto intorno a me era ovattato, mi sentivo al settimo cielo, come se nel mio piccolo facessi anch’io parte di questo ambiente.
Avevo campo libero nell’impianto sportivo. Decisi che era arrivato il momento di rompere la timidezza ed andai a caccia di qualche giocatore, magari solo per vederlo da vicino e magari scambiarci solo un semplice saluto. Percorrendo un lungo corridoio mi trovai davanti all’ ingresso del campo principale di allenamento, ed in quel momento si stava allenando la squadra primavera. Ero certo che fosse la squadra primavera perché riconobbi l’allenatore Bravi che poi un paio di anni dopo fu nominato, insieme al mister Valcareggi, allenatore della prima squadra. Bravi, mi salutò in modo molto fugace, e sono certo che avrà pensato quello che avranno pensato una sala di persone un attimo prima, “questo si è di certo imbucato”. In realtà non è che me ne importasse molto di quello che pensava o pensavano, l’importante era andare a cercare la maglia da donare come ricompensa al ragazzo del furgone che mi permise di essere lì in quel momento.
Ad occhio, una porticina di colore marrone avrebbe potuto essere uno spogliatoio, in effetti lo era, ed era anche vuoto. Non c’era nessuno, se non qualche borsa di colore blu con la scritta “A.S.Roma” in bianco. Bastava solo che trovassi una maglietta ed il pegno sarebbe stato saldato, ma non ne trovai. Qualcosa dovevo pur portargli, ed allora mi accontentai di un calzettone, uno solo ma giallorosso. Dissi all’amico del furgone che era di Scaratti e tutto finì lì, pur senza qualche dubbio del mio amico che non bevve più di tanto quella decantata appartenenza, ma bastò per saldare la promessa.
Tornai a casa quasi volando perché ebbi l’impressione di essere stato un privilegiato. Il giorno dopo incontrai l’autista dell’altissimo prelato che mi chiese dove fossi finito. Il suo principale, altissimo prelato, voleva presentarmi un po’ a tutti i presenti, ed allora pensai a quel calzettone che mi costò una mancata gioia ed un emozione persa. Peccato.
Negli anni che seguirono, Trigoria fu sempre di più il fiore all’occhiello e la croce per i bilanci della società, ma è innegabile che passando da quelle parti non si possa non sentire il profumo della storia o per lo meno della storia che piace a me. Come non apprezzare l’odore dell’erba appena tagliata che mi riportava e mi riporta a quelle domeniche mattina passate tra il parterre del Tre Fontane per vedere le partite della squadra primavera, ed i pomeriggi delle stesse domeniche vissuti nel parterre di una curva, di uno stadio, che era ed è: lo stadio Olimpico. Il parterre di questa arena calcistica è diventata mito . Chi dei tifosi della magica, della mia età, non ha quelle fotografie impresse nella memoria di un recente passato. Recente perché fino al 1990 la curva aveva un settore dove di vedeva , paradosso di un verbo, la partita in piedi o al massimo seduto sulla balaustra di un sparti folla. Scomodo certo, ma con il suo fascino, come se una partita vissuta, con il disagio di un mal di piedi, potesse essere il giusto prezzo da pagare per vivere il momento di una partita della Roma. Come quando c’era un gol e correvi ad abbracciare il primo che ti capitava, a volte anche rischiando di venire schiacciato dalle persone impazzite per un pallone a scacchi bianco e neri che si apprestava a gonfiare una rete.
L’odore dell’erba appena tagliata: il parterre, e tutti quei ricordi di cose neanche tanto lontane nel tempo è la carta d’identità del passato di ragazzi come me.
Può sembrare infantile accostare i ricordi dell’infanzia, ad una situazione che per altri può sembrare banale, ma tanti e forti sono i legami che mi legano a questo banale che non potrei in nessun modo dimenticarmene.
Ancora adesso quando passo vicino ad un campo di erba appena tagliato o rivedo qualche foto di quel vecchio parterre mi sale quella nostalgia dei ricordi belli della mia tribolata adolescenza.
La vita di una ragazzo qualunque, che scelse di seguire l’idea di appartenere ad un ideale. Una scelta che lo lasciò lontano dai pericoli della strada e dal disagio di appartenere come dipendenza all’alcool e da tutti quei possibili legami da un certo mondo. Certo che in curva la droga, l’alcool e la violenza non mancavano e non era certo facile convivere, con qualcuno che diversamente da te non riusciva a farne a meno. Nel mio caso, anche adesso, quando in un qualche salotto di quasi cinquantenni si parla un po’ di quello che è stata la nostra gioventù, riconosco il pericolo scampato ed ho fatto mia un’affermazione di un mio amico che afferma che l’essere vicino ai pericoli ti aiuta a restarne lontano, soprattutto quando vedi che persone che ne cavalcano l’onda si sono persi

Massimo Lanzi