giovedì, Giugno 19, 2025 Anno XXI


Essere nati a Testaccio, avere una mamma che, da brava “tifosetta ardita”, la Domenica saliva sul Monte Dei Cocci per vedere la partita; avere un padre che all’età di tre anni inizia a portarti allo stadio è sicuramente un magnifico esordio! A questo aggiungete che in casa con noi viveva uno zio che ci ha fatto crescere cantandoci “Campo Testaccio” lui ricuciva i palloni e gli scarpini proprio della Roma del fatidico Campo Testaccio rovinati durante le partite, che venivano poi riutilizzati nella partita successiva e ci raccontava di quando il calcio non era un affare da milioni: allora si che sei veramente nato con la Roma nelle viscere e sai che la porterai dentro di te fino alla morte, oltre ogni risultato, nella gioia e nel dolore; questo significa amare la Roma, i Suoi colori, la maglia! Io oggi sono ancora abbonata in curva sud, insieme ai miei figli ed è proprio ai ragazzi della loro età che mi vorrei rivolgere. So che amate la Roma come la amo io e decantate gli inni “Siamo solo noi vecchie maniere!”. Ragazzi, io quelle “vecchie maniere” le ho vissute veramente: ho fatto parte del CUCS. Insieme con mia sorella passavamo giornate intere a cucire bandiere che la Domenica venivano sventolate all’interno del campo (allora era permesso farlo); ricordo in particolare quella con Braccio di Ferro, quella con la scritta UR. Io e mia sorella abbiamo iniziato a portare i nostri figli allo stadio all’età di tre anni.
I ragazzi del commando giocavano con loro, insegnavano loro i cori e il mio cuore gioiva nel vedere mio figlio ripercorrere la mia stessa strada: mai ho avuto paura nel portarlo allo stadio, anzi ci sentivamo a casa, al sicuro; non lo portavo in trasferte (fin da quei tempi “a rischio”), ma quanti ricordi di quei viaggi! A Firenze, dove non avevamo solo il “formaggino”, ma l’intera curva; a Genova, dove mia sorella con migliaia di centurioni sono partiti alla volta del tricolore… Poco per volta, ma inesorabilmente, ho visto la Sud cambiare, ma non per questo il mio amore ne ha risentito.
Con la divisione e in seguito lo scioglimento del CUCS le cose hanno iniziato, oserei dire, a precipitare. Mentre prima la curva era unita, ho visto, a poco a poco, nascere diversi gruppi; tutto ciò rientra nella normalità, ma purtroppo spesso i gruppi si trovano in antagonismo tra di loro. Ragazzi, vi voglio bene, a tutti, ognuno di voi per quello che è, se non altro perché condividete la mia stessa fede, ma ricordatevi: la Roma è una sola indissolubile, allo stadio ci si lascia tutto alle spalle, si va per Lei e basta! Niente politica, niente razzismo. Tutto ciò indebolisce gli ideali e la curva stessa, ma soprattutto la nostra fede. L’amore vero è al di sopra di ogni cosa; è come la fede in Dio (scusate il paradosso): per chi veramente crede in Lui riesce a superare ogni ostacolo, Lo ama incondizionatamente. Così anche la Roma deve avere nel nostro cuore un posto dedicato solo a Lei, senza interferire con altri ideali o sentimenti, l’amore per Lei è illimitato, senza riserve.
A Roma Fiorentina (quest’anno) ho assistito a cose che noi “vecchie maniere” non dovremmo fare: lanci di petardi e quant’altro: ma chi ci rimette? Noi. Impediamo agli altri di entrare: chi ci rimette? Noi. Eravamo considerati la curva più bella del mondo e io sono convinta che possiamo esserlo ancora, ma gli altri ci giudicano per ciò che vedono. Impediamoglielo! Roma, solo Roma, Roma e basta! Ricordatelo sempre e gioite con Lei. A volte vi sembra di odiarla? Anche a me! Ma amore e odio non sono forse due sentimenti legati tra loro in maniera indissolubile? E la gioia e l’amore prevalgono sempre sul rammarico o l’odio! La gioia dello scudetto ’82/’83? Non riuscirei mai a descriverla, non si può paragonare né con il primo bacio, né con il primo amore; solo chi l’ha vissuta in una certa maniera sa cosa vuol dire e sicuramente non la sa spiegare. Nel 2001 il secondo dei miei figli mi ha fatto spesso la domanda “Dimmi come sarà…” ed io purtroppo (oggi dico purtroppo) non ho saputo rispondergli, gli dicevo solo: “Pazienta e lo capirai da solo e anche tu non riuscirai a spiegare bene ciò che provi, ma io capirò”. Il 05/04/2001 il mio adorato Daniele se n’è andato senza motivo; giocava alla Playstation con i fratelli, ha detto: “Mi sento male” e immediatamente è volato in paradiso; si, in paradiso, perché nonostante tutto io credo in Dio. Quindi, mentre la Roma vinceva il suo terzo scudetto, il mio cuore era straziato da un dolore insopportabile, perché nulla è più brutto della perdita di un figlio; tuttavia nel cuore sentivo che lui era vicino a me, che era felice e che “viveva” questo scudetto. Chissà se l’emozione sarà stata quella che io non ero riuscita a spiegargli. Sono stati esposti due striscioni per lui in curva durante quel Roma-Perugia che molti di voi ricorderanno per la papera di Antonioli. Vi chiederete perché vi sto parlando di Daniele. Come ho detto il dolore per la perdita di un figlio non ha mai fine; o muori con lui o continui ad andare avanti per gli altri figli. La fede in Dio e i miei figli mi hanno molto aiutato in questa disgrazia. Un’ultima cosa che spero faccia capire a voi, nuove generazioni, cosa vuol dire l’amore per una maglia. Mio figlio Luca una volta mi ha detto: “Adesso capisco veramente cosa vuol dire amare la Roma! Quando ti vedo triste, quando so che vorresti solo piangere e vorrei piangere con te, quando capisco che nessuna parola ti potrebbe aiutare, inizio a parlarti della Roma e del nostro amore per Lei …”

DAJE ROMA DAJE!!!

Elena Persichetti