venerdì, Maggio 17, 2024 Anno XXI


Quante rinunce per lei. Quanto tempo impiegato a seguirla su e giù per lo stivale italico. Inseguivo la Roma, e chi altre sennò. La Roma: amante che non rinneghi mai, da cui mai ricevi un “voglio del tempo per riflettere”. Lei che non ti chiede di rinunciare a niente, che giornalmente ti rende l’importanza che meriti. Se la ami, come io l’amo, tempo per le altre non ne hai. Perché lei, è come una donna che non puoi tradire, perché tradendola ti mancherà qualcosa dentro che non recupererai più, o magari lo recupererai tornandola ad amare. Lei un’amante di tutti che condividi piacevolmente, un amante che non ti acceca il cuore con la gelosia. Lei, che più si è in tanti ad amarla e più c’è felicità nel condividerla.
Non si può cercare un altro amore se ami lei. Se lo fai è perché vuoi provare a distaccartene ma non sempre ci si riesce. Io camminerò sempre accanto a lei e vorrei riuscire a considerarla “ la mia sorella maggiore ” amandola come si ama una sorella.
Queste sono irrazionalità di un tifoso di calcio come me che vive due amori: uno carnale ed uno virtuale, con il secondo sempre in vantaggio sul primo, che mi porterà sempre ad essere condizionato e a condizionare la vita di chi mi sceglie come compagno di vita. Una vita che non comprende Sabato e Domeniche liberi, per non parlare di qualche giorno di mezza settimana. Una vita di inferno, non per me certo, ma per chi mi vive accanto, che il più delle volte sceglie una strada diversa dalla mia. Come non dargli ragione?.
La verità è che noi tifosi si vive in un mondo tutto nostro, che capiamo solo noi e pochi addetti ai lavori.
Per non parlare poi dell’umore di gente come noi, vincolato dal risultato della squadra dell’ultima partita giocata: quale è il tifoso di calcio che costretto a passare una domenica in qualche centro commerciale, non viene risucchiato dagli auricolari di un Ipod. Quando non si ha un auricolare dal quale farsi risucchiare, si deve ricorrere all’interpretazione degli sguardi di chi l’auricolare ce l’ha ed allora se ne vedono delle belle. Li vedi che ti si avvicinano e ti girano intorno. Capisci che ti vorrebbero chiedere qualcosa, ma non sai se ti chiederanno l’ora o i risultati delle partite: sapeste quante volte, a chi mi chiedeva cosa faceva la Lazio gli ho risposto che perdeva, e magari stava vincendo, con il rischio che magari quello mi rincontrava e me ne dava di santa ragione, ne dubito, ma poteva accadere.
Per questo è difficile vivere insieme o mettere su famiglia con gente come noi, che vincolano il loro umore ed il proprio essere presenti nel contesto familiare, non solo fisicamente, ad un risultato di calcio.
Per fortuna questo non è per tutti, anzi lo spero, poi mi chiedo se ci sarà un nesso a tutto questo, col fatto che ci sono un’infinita di separazioni.
Sono convinto che nella maggior parte dei conflitti matrimoniali che finiscono sul tavolo di un giudice conciliatore, una delle parti in causa sia uno come me, malato inguaribile e cronico.
Non deve essere facile vivere con uno così, anzi a volte credo che il giusto stereotipo di quello che dovrebbe essere un tifoso di calcio sia quello di vivere da solo, per non fare danni al prossimo. Però c’è un altro contesto, che racchiude una considerazione un po’ mistica se vogliamo: un tifoso, malato di calcio e del suo club, a modo suo, ama in modo passionale ed irrazionale. Stiamo parlando di un amore particolare, un amore che ti il più delle volte ti fa venire la pelle d’oca o i brividi, scegliete voi. Una sola certezza abbiamo, noi malati di questa malattia: la Roma è un’amante che non ti accanna mai.

Massimo Lanzi