giovedì, Maggio 02, 2024 Anno XXI


Daniela si svegliò di soprassalto, come colta da un presentimento. La sua stanza era ancora avvolta nel buio e dalle tapparelle filtrava solo la luce dei lampioni: doveva essere ancora notte fonda. Istintivamente, ancora intorpidita dal sonno, chiamò a bassa voce Raffaele, suo marito, per realizzare un attimo dopo che Raffaele non avrebbe potuto risponderle perché non era in casa. Era fuori da una settimana per lavoro, a Dubai.
Daniela allungò la mano verso l’abat-jour, l’accese, controllò l’ora sulla sveglia, le quattro del mattino, e si rese conto del motivo del suo allarme. Dalla stanza dei suoi cuccioli, Michele e Martina, proveniva una luce. Daniela si alzò e lentamente aprì la porta, trovando Martina, di due anni, saldamente abbracciata al suo orsacchiotto e profondamente addormentata, mentre Michele, di sette, si era alzato e stava in ginocchio sulla sedia della piccola scrivania, la luce della lampada accesa, intento e concentrato su qualcosa che Daniela non riusciva ancora bene a vedere. Daniela si avvicinò al figlio che le sorrise e la baciò e con quel gesto lei comprese che il figlio stava bene, che andava tutto bene. Poi si tolse la vestaglia, la gettò sulle spalle del figlio coprendolo fino ai piedini gelati e si mise ad osservare ciò che Michele stava facendo: un grande disegno molto colorato con i pennarelli e i pastelli sparsi per tutto il tavolo.
Anticipando la sua domanda, Michele le disse che stava facendo un disegno per Papà, così glielo avrebbe potuto mandare per raccontargli la giornata appena trascorsa.
Daniela sorrise al figlio e non pensò neppure per un attimo di rimproverarlo, nonostante l’ora. Conosceva Michele, la sua sensibilità e riconosceva il sacro furore che ogni tanto si impadroniva di lui. Il suo piccolo talento artistico che gli consentiva di esprimersi con il disegno, più che con le parole.
E poi, pensò Daniela, quella appena trascorsa doveva essere stata per Michele davvero una giornata particolare: la prima volta allo Stadio con la madre e senza il padre, contro la Juventus poi ed in mezzo a tutta quella gente.
Il complesso disegno che Michele stava completando rappresentava lo Stadio visto dall’alto e intorno allo Stadio non c’era nulla se non qualche albero. Solo in un angolo si vedeva un alto palazzo sul quale sventolava un’enorme bandiera della Roma sorretta da due persone.
Lo Stadio era pieno di bandiere della Roma ed in mezzo alle bandiere vi erano disegnate delle persone, alcune con i nomi accanto, altre no.
Michele con piglio d’artista consumato, iniziò a descrivere il disegno, a partire proprio dal palazzo con la bandiera e le due figurine.
«Questi sono il papà e la mamma di zio Paolo che reggono la bandiera della Roma perché sono due grandi romanisti e dalle loro finestre si vede lo Stadio. Ti ricordi mamma quanti libri hanno della Roma e quante fotografie?». Daniela annuì e seguì le piccole dita che scorrevano lungo il foglio, individuando i vari personaggi.
«Questo è zio Fabrizio che è venuto apposta da Torino in treno per vedere la Roma e mi ha portato i dolci e accanto a lui c’è zio Paolo che è sempre un po’ arrabbiato, ma anche lui è un grande romanista. Più in là ci sono gli altri che mi hanno salutato prima di entrare, ma non mi ricordo come si chiamano. Dici che si offenderanno se non metto i loro nomi?». Daniela fece di no con la testa e, incoraggiato, Michele proseguì la descrizione.
«Qua – disse indicando la parte opposta del foglio – ci siamo io e te accanto a Emanuele che regge lo stendardo, dietro allo striscione, ci sono tutti gli altri che sono venuti anche da lontano apposta e questo – disse indicando una piccola figura – è Gianfilippo che è venuto allo Stadio per la prima volta ed è tanto contento». Indicando una figura un po’ più alta degli altri Michele disse sorridendo: «questo è zio Manu che mi ha dato quei panini al prosciutto buonissimi».
Daniela vide che sul disegno c’erano delle persone in fila, appena stilizzate e ancora non colorate e ne chiese a Michele il motivo e se avesse intenzione di completarle. Non potè fare a meno di sorridere quando Michele le diede la sua spiegazione: «sono quelli che sono andati via prima che finisse la partita, ma non so se siano romanisti e quindi è meglio lasciarli così!».
Daniela guardò il disegno e dovette ammettere che era davvero molto bello.
Quella mattina doveva trovare il modo di scannerizzarlo e di inviarlo a Raffaele che certo sarebbe stato fiero del figlio.
Contemplò ancora il piccolo capolavoro e d’istinto notò che mancava qualcosa: non c’era il tabellone con il risultato. Chiese allora a Michele quando avesse intenzione di finire il disegno inserendovi anche quel particolare.
Ancora una volta la risposta logica del figlio la sorprese e la inorgoglì: «ma Mamma, che cosa vuoi che interessi a Papà del risultato! Certo anche lui come noi ci sarà rimasto male, è meglio non fargli venire brutti pensieri. E poi che importa? E’ stata una bella festa no?».
Daniela abbracciò il figlio, lo prese in braccio e spense la luce. Prima di tornare a dormire avevano bisogno entrambi di un bel caffellatte.

Colora gli alberi le stelle e gli angeli
vorrei poter tenere solo il cielo
e cancellare il resto del disegno
dal foglio che hai strappato
Colora gli alberi le stelle e gli angeli
vorrei addormentarmi sotto il cielo
e risvegliarmi al centro del disegno
sul foglio che mi hai dato tu