giovedì, Giugno 19, 2025 Anno XXI


Fine d’anno, inizio d’anno, tempo di bilanci.
Viene da chiedersi: che 2007 è stato?
Una domanda alla quale, in gran parte, ha risposto con largo anticipo il bello e consolante editoriale che ha concluso un anno memorabile per Core de Roma, coronato dalla nascita del nuovo sito.
Come la sigla del Musichiere, per la quale al primo din-don del Gianicolo, Sant’Angelo risponde din-don-dan, mi piace ascoltare l’altra campana di questo 2007 ed è, spiace dirlo, una campana assai triste.
Il 2007 dovrebbe essere ricordato come un anno di lutti per il mondo del calcio e invece passerà agli annali per i trionfi internazionali del Milan, per lo scudetto dell’Inter o per la panchina della nazionale inglese raggiunta da Capello.
L’anno è iniziato con la morte di Ermanno Licursi, dirigente della Sammartinese aggredito negli spogliatoi al termine di un incontro di terza categoria, e si conclude con quella di Phil O’ Donnell capitano del Motherwell, squadra della massima divisione del calcio scozzese.
In mezzo, decine di lutti che hanno colpito il calcio in tutte le sue componenti.
L’ispettore Filippo Raciti, caduto a Catania, e ancora non ne conosciamo la causa, altro che cold case, ma anche Antonio Puerta del Siviglia.
Poi ci sono i morti di calcio che hanno rubato alla stampa solo un trafiletto.
Andres Nazareno, 21 anni appena. Giocava nella terza divisione dell’Ecuador. Chaswe Nsofwa, giocatore zambiano dell’Hapoel Beersheva, squadra della seconda divisione del campionato israeliano. E i tifosi morti sugli spalti di Stadi fatiscenti, come in Zambia e nello Stadio di Bahia.
Oppure il giovanissimo Lorenzo Modena, il diciottenne arbitro morto un pomeriggio a Verona dopo essersi accasciato sul terreno di gioco nel corso di una partita dei Giovanissimi provinciali, e al minuto di silenzio sui campi nessuno sapeva chi fosse.
Di tutti questi lutti forse quello che ricorderemo di più sarà Gabriele Sandri, Gabbo DJ, ma se la memoria resterà viva sarà solo per la cocciutaggine degli ultras, quelli che stanno sempre sul lato sbagliato della carreggiata, e la metafora visto l’andamento dei fatti sembra persino irriverente.
Perché, a dirla tutta, di questi morti al calcio che conta non gliene frega niente.
Perché, squarciato il velo dell’ipocrisia, il calcio professionistico-televisivo si riconosce alla perfezione in Antonio Matarrese e nel suo “I morti del sistema calcistico fanno parte di questo grandissimo movimento”. Lui a quella frase ci ha aggiunto un “purtroppo” di prammatica al quale io, purtroppo, non credo affatto.
Come scrisse Pascarella, sur sangue ce buttorno un po’ de rena, e poi vennero fora li pajacci.
Nessuna voglia di interrogarsi, di capire, di prevenire traspare dal dorato mondo pallonaro.
Solo quella di andare avanti ad ogni costo.
Noi, mi permetto di dire al plurale, siamo diversi.
Noi abbiamo il diritto di sapere, senza aspettare decenni, come e perché sono morti Filippo Raciti e Gabriele Sandri, e vogliamo che ci dicano che i colpevoli sconteranno una pena giusta e certa.
Noi vogliamo capire perché un atleta, fosse un arbitro appena maggiorenne o un professionista, si accascia senza vita in campo senza che nessuno abbia saputo prevenirlo, perché solo se avremo queste risposte potremo incoraggiare i nostri cuccioli a correre appresso ad un pallone senza rischiare la pelle.
Noi abbiamo il diritto di entrare in uno Stadio e con la certezza che non ci crollerà addosso, sol perché le norme di sicurezza sono sempre derogabili.
Si può tifare lo stesso, si può esultare ugualmente senza dimenticare.
E anche questo, a parer mio, è non mollare, non sapere neanche che vuol dire mollare.

Buon 2008 alla gens romana

Marforio