venerdì, Maggio 17, 2024 Anno XXI


Si chiamava Riccardo, ma a lui quel nome altisonante non piaceva. Gli preferiva il più confidenziale Ricky. Faceva «trendy» come diceva lui e poi le donne lo ricordavano con maggiore simpatia.
Di parlantina sciolta, vestito sempre alla moda, con un’agenda elettronica ricca di numeri telefonici «importanti», Ricky in passato si sarebbe potuto definire uno yuppie. Di mestiere faceva il portaborse, per tutti e per nessuno. Perché lui, ovviamente, di idee proprie non ne aveva, preferendo seguire l’onda del momento.
Il suo aspetto, curato nei minimi dettagli, e una certa bellezza selvaggia, di chi viene dalla strada, lo avevano aiutato molto nel corso degli anni. Non era completamente incolto e il suo bravo pezzo di carta se l’era preso, ma di fare la fine del fratello, impiegato in un Ministero, proprio non aveva intenzione. Così alla prima occasione, appena papà aveva trovato la raccomandazione giusta, non aveva avuto esitazioni e si era buttato.
Il resto lo avevano fatto il suo talento innato per il trasformismo e una notevole dose di faccia tosta.
Il calcio gli aveva creato all’inizio più di un cruccio. Si era difatti interrogato a lungo se manifestare pubblicamente la sua simpatia per la Roma, che nella sua famiglia era oggetto di autentica fede da generazioni, oppure se gli convenisse di più mantenersi sul vago, ma quando un giorno gli avevano regalato un biglietto omaggio per la Tribuna d’onore di un Roma-Juventus aveva capito che quello era il suo vero ambiente ed aveva messo da parte le sue origini per diventare l’amico di tutti. «Ci sono momenti nella vita in cui sei incudine, e altri in cui sei martello» si era detto, e il suo motto era: «basta trovarsi al momento giusto al posto giusto».
L’assidua frequentazione dell’ambiente degli imbucati gli aveva fruttato col tempo un pass per posteggiare la sua Smart nell’area dello Stadio del Tennis evitandogli la ricerca di un parcheggio e lui ne approfittava senza ritegno.
Fu proprio per raggiungere il posteggio che Ricky, con una mano sul volante e un’altra attaccata al telefonino, voltò improvvisamente. L’urto che sentì sul parafango destro e l’urlo inequivocabile che ne seguì, un «guarda dove vai imbecille!», gli fecero capire immediatamente di aver investito qualcuno. Scese allora dall’auto tra la folla e si trovò davanti una ragazza che si massaggiava un ginocchio e guardava infuriata la forcella ormai distrutta del suo scooter. Ricky posteggiò rapidamente l’auto e la sorresse sopportando in silenzio la sequela di insulti che la ragazza gli rivolgeva. Timoroso delle conseguenze di quello che aveva fatto, Ricky si presentò, si assunse tutta la colpa e le propose immediatamente di accompagnarla al pronto soccorso, ma Simona, la ragazza, rifiutò decisamente dicendogli che mai e poi mai avrebbe rinunciato a vedere la partita e che era pure in ritardo. Sfoderando il suo miglior sorriso, allora, Ricky le propose di rivedersi in quello stesso luogo dopo la fine della partita offrendosi di accompagnarla al pronto soccorso o riportarla a direttamente a casa sua visto che lo scooter era distrutto. Rincuorata da queste attenzioni, Simona accettò e si fece accompagnare sottobraccio sino all’ingresso della Curva Sud. Lui, con un pizzico di vanteria, le disse che andava ad accomodarsi in Tribuna d’Onore. Per tutta la partita Ricky non pensò che a Simona. Fu quindi puntualissimo all’appuntamento dove l’attese, timoroso che non si presentasse affatto o, peggio, che non fosse sola. Simona, che ancora zoppicava vistosamente, lo raggiunse dopo qualche minuto e, nonostante la partita fosse finita in pareggio, lo salutò sorridendogli. Ricky prese il controllo della situazione e si diresse verso una clinica privata per fare tutti gli accertamenti, preparando il loro arrivo con una serie di telefonate. Raggiunta la clinica, Ricky si comportò da vero gentiluomo, sollecito e premuroso, attendendo pazientemente la fine della visita e apprendendo con sollievo che l’infortunio di Simona era solo una contusione dalla quale sarebbe guarita in pochi giorni. Poi, come nei patti, si offrì di accompagnarla a casa. Simona accettò, ma Ricky, con la scusa di essere digiuno dal mattino, deviò dal percorso e la condusse in un locale alla moda nel quale tutti facevano mostra di conoscerlo molto bene. Giunti nel locale, si sedettero ad un tavolino ed iniziarono a conversare a bassa voce. In breve Ricky, incoraggiato da Simona che lo stava ad ascoltare in silenzio, le raccontò tutta la propria vita e non le tolse un attimo gli occhi di dosso. Fu Simona ad interrompere la conversazione guardando preoccupata il piccolo orologio che teneva al polso. Ricky non la forzò e, pagato frettolosamente il conto, la riaccompagnò fin sotto casa, in un piccolo condominio di una zona residenziale. Come promesso si scambiarono i dati e Ricky le promise che l’avrebbe risarcita direttamente senza darle l’incomodo di fare la denuncia all’assicurazione. La situazione era arrivata ad un bivio e Ricky si buttò chiedendole un appuntamento.
Simona lo guardò intensamente e pronunciò una frase che Ricky avrebbe ricordato a lungo in seguito. «Vedi Ricky tu sei molto carino. Ci sai fare e sono certa che se ci conoscessimo meglio potremmo diventare amici», disse a Ricky nel frattempo pendeva dalle sue labbra. «Però c’è un però», proseguì lei e l’espressione sul volto di Ricky passò dal compiacimento alla delusione, «con tutta la buona volontà non riuscirei mai a dare confidenza ad uno che non ha un’anima e una passione, ad uno senza colore. Soprattutto se, e scusa se te lo dico, è anche un po’, come dire… stronzo». Detto questo, prese la sua piccola borsa, scese dall’auto e sparì nel portone.

Te c’hanno mai mannato
a quel paese
sapessi quanta gente che ce sta
er primo cittadino è amico mio
tu dije che te c’ho mannato io
e va e va
va avanti tu
che adesso c’ho da fa’…