sabato, Maggio 10, 2025 Anno XXI


Questa è la storia di Gianfilippo. E per una volta, una volta sola, il nome è quello vero. E anche la storia è una storia vera. Ma talmente bella da sembrare inventata.
Corre sulla strada Gianfilippo al volante della sua macchina.
E’ una notte d’inizio giugno, deve far già caldo e Gianfilippo torna da una festa.
Non so cosa avesse in mente quella notte, certo si sentiva immortale. Come ci si può sentire immortali se non si hanno ancora trent’anni e si è al volante di un’auto che sfreccia nella notte. Dopo una festa, dopo aver riso e scherzato, quando l’estate si apre a tutte le sue promesse.
Corre, Gianfilippo, corre sin troppo e correndo affronta una curva. Una delle tante.
E poi?
Poi Gianfilippo non sa cosa gli accade.
Nella sua mente ricordi confusi di sirene, soccorsi e il buio o forse la luce.
Quella condizione a metà tra la vita e la morte che tutti noi, ignoranti del linguaggio medico, chiamiamo coma. Un coma lungo e profondo.
Un coma di tre mesi.
Novanta giorni perduti nell’oblio con i suoi cari in attesa di un timido cenno di risveglio che un bel giorno arriva.
E questo da solo sarebbe un miracolo da raccontare pensando ai tanti, ai troppi, che non ce l’hanno fatta.
Quando Gianfilippo si risveglia sa che sarà dura, sa che deve ricominciare tutto d’accapo. Perché non ci si risveglia dal coma, si rinasce.
E Gianfilippo inizia, faticosamente, la sua terapia con un educatore che lo segue passo dopo passo, progresso dopo progresso.
E’ allora che i suoi, assieme all’educatore, pensano di farlo felice portandogli i giornali della sua squadra del cuore: la Juventus. Eh già perché Gianfilippo è sempre stato un tifoso juventino ed eccolo sommerso di regali. Gli portano la maglia di Del Piero e gli autografi dell’intera prima squadra bianconera. Che Gianfilippo però, con la delicatezza di chi non vuole offendere nessuno, inspiegabilmente rifiuta con cortesia e regala agli amici.
Cosa è successo in quei mesi nella mente e nel cuore di Gianfilippo? Neppure lui sa spiegarselo. Sa solo che, improvvisamente, i colori che gli danno forza non sono più il bianco e il nero, che in fondo colori non sono.
Sono i due colori che noi amiamo. I colori della nostra anima. Il rosso della passione e l’oro della vita.
Mi piace pensare che in quei tre mesi di silenzio, interrotto solo dal rumore delle macchine che lo tenevano in vita, Gianfilippo sia stato accolto, custodito ed accudito da Mamma Roma.
E che Mamma Roma, nel restituirlo alla vita e ai suoi cari, gli abbia lasciato nel cuore, con quei due colori, che sono i suoi, il segno indelebile del suo affetto e della sua premura.
Lo stesso segno, la stessa energia vitale, che ritroviamo noi nella nostra anima quando cerchiamo nei colori di Roma la gioia e la consolazione.
Gianfilippo, nel raccontare la sua storia, dice di sé di essere «rinato romanista». E’ una bella espressione, perché il rinascere vuol dire riaprirsi alla vita, ricominciare ad imparare.
Ed è un sentimento che ognuno di noi, anche se non ha vissuto un’esperienza così drammatica e coinvolgente, riconosce in se stesso. Perché infinite volte anche noi, dopo una sconfitta cocente, dopo una delusione personale, ci siamo sentiti rinascere romanisti dentro. Abbiamo sentito riaccendersi in noi, più forte di prima, la passione per la vita e per la Roma.
La vita è fame e per Gianfilippo è anche fretta di riappropriarsi di tutto ciò che l’incidente gli ha tolto. Però la riabilitazione è una strada difficile, fatta di piccoli passi e di fatica quotidiana. Ma Gianfilippo ora non è più solo. A sostenerlo, oltre ai suoi cari e all’educatore, ci sono gli esempi di quelli che ora sono i suoi beniamini e dei quali non vuole perdere più nulla.
Così Gianfilippo si immedesima e misura i propri sforzi nella stessa tenacia e nella stessa forza del Capitano, che dopo ogni infortunio non si arrende e ritorna più forte di prima.
Nell’impegno e nella grinta di Daniele De Rossi, il trascinatore del «Daje Roma, Daje».
E poi c’è la Roma da sostenere e da amare, con le sue vittorie e con lo scudetto appena sfiorato.
Con questa grinta e questa passione ritrovate Gianfilippo sorprende se stesso e gli altri con progressi che non avrebbe neppure pensato. In un mese e venti giorni lascia la carrozzina e si muove sulle sue gambe. Poi ritorna a prendere l’automobile e si mette a studiare con una energia di cui non si credeva neppure capace e in soli 18 mesi si laurea in Giurisprudenza.
E questa è la storia sin qui.
Una favola alla quale manca ancora un frammento.
Perché il desiderio sinora irrealizzato di Gianfilippo è di andare al Tempio a vedere la Magica dal vivo e di incontrare Daniele De Rossi per abbracciarlo e raccontargli la sua storia. La sua storia di essere «rinato romanista».
Io spero che Gianfilippo coroni presto il suo sogno. Glielo auguro di cuore.
E nel suo desiderio di conoscere Daniele, Capitan Futuro, riconosco in lui quella voglia di riprendersi il suo, di futuro.
Accompagnato dalla nostra stessa passione che ora, e Gianfilippo lo sa bene, non lo abbandonerà più, per tutta la vita.
E per questo lo saluto con l’augurio che rivolgo a tutti i nostri cuccioli: di andare avanti nella vita bello, forte, sano e sempre, sempre romanista.

Cor core acceso de la passione
undici atleti Roma chiamò
e sott’ar sole der Cuppolone
‘na bella maja e du’ colori je trovò.
Li du’ colori de Roma nostra
oggi signora der futtebbal,
non più maestri né professori
mo’ sò dolori perché “Roma” ce sa fà
.