Categorie Accademia Romanesca Scritto da Er Pasquino mercoledì, 28 Gennaio alle ore 08:39
Anche la lingua di Roma ha una sua grammatica e una sua sintassi. Sono le regole dello scrivere romanesco affinatesi negli scritti degli autori classici: da Belli, a Pascarella, a Trilussa, a Marè, a Dell’Arco, a Roberti. Un conto è parlare, un conto è scrivere e in queste pagine scopriremo alcune regole fondamentali dello scrivere romanesco. L’uso dei verbi e l’uso degli articoli. L’uso dei verbi A Roma non si usa il verbo “avere” ma il verbo “avé”, con l’accento sulla é, come quello di “perché”. Non si usa l’apostrofo, ma l’accento “acuto” (che è il contrario dell’accento “grave”, quello di “sarà”, “farò” “è”): l’apostrofo si usa quando una parola viene troncata. Siccome nessun romano (o meglio: romanesco) dirà mai (e ha mai detto o scritto) “avere”, il dialetto ha selezionato il verbo “avé”, e basta: non è un “avere” troncato, è proprio e soltanto “avé”, quindi non una parola la cui troncatura è sostituita dall’apostrofo, ma una parola nata così. Per essere più precisi, nel parlato (e nello scritto) comune è molto più frequente l’uso del verbo “avecce”, usato come sottolineatura di possesso. Coniugazione del verbo AVERCI: io ciò Questo è! Solo questa è la forma ortografica corretta! Tutto il resto è “sbajato”. Senza appello. L’uso degli articoli – Gli articoli determinativi
Quello su cui si potrebbe fare confusione è l’articolo determinativo plurale maschile.
In romanesco si dice (ma soprattutto: si scrive) solo e soltanto “li”. |
