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Christian Damiano: con Menez serve pazienza, doveva giocare 200 gare in Francia prima di venire qui
Categorie Virgolettato
Scritto da Lucky Luke
martedì, 23 Febbraio alle ore 11:07
da romanews.eu
L’allenatore in seconda della Roma, Christian Damiano, in un’intervista a Roma Channel:
Pensavate che la Roma potesse ripartire così forte? “In una certa parte faccio un bilancio unico dai tempi del nostro inizio col Parma. Erano ultimi, abbiamo fatto una corsa da Champions e siamo arrivati a un punto dall’Uefa. Con la Juve nessuno se lo aspettava e siamo arrivati terzi, in Champions. Lo scorso anno secondi, ancora in Champions, con una difesa in cui abbiamo rilanciato Legrottaglie, Molinaro e Chiellini. Qui siamo arrivati in una squadra che era partita male ma faceva bene dal punti di vista del gioco, tra le migliori d’Europa. Aveva un capitale fantastico. Ci sono tanti campioni, campioni del mondo. Totti in prima fila, è fondamentale. Tutti si sono messi a disposizione, a lavorare, sono cresciuti spettacolarmente. Questa Rosa ha fatto quattro anni fantastici. Abbiamo lavorato in modo semplice, aiutandoli a ritrovare fiducia in loro stessi”.
Su cosa avete lavorato? Si dice abbiate lavorato molto sulla difesa… “Beh, i meccanismi difensivi non sono quelli dei quattro dietro. Non basta. Abbiamo lavorato su questo. All’inizio prendevamo un gol a partita. Ogni tiro un gol. Poi per non so quante partite non ne abbiamo presi. Piano piano i risultati sono arrivati”.
Cosa avete portato in più? “Lo devono dire i ragazzi, non so cosa facevano prima. Facevano ottime cose perché li abbiamo trovati alla grande. Abbiamo portato esercizi tecnici. Poi, lavorato sulla media potenza. Ma la tecnica è il modo per risolvere situazioni di gioco. Sembra scuola calcio, facciamo venti, venticinque minuti di tecnica al giorno. Se facciamo un paragone con l’arte, gli artisti fanno fondamentali tutti i giorni. Noi dobbiamo fare lo stesso, imparare a gestire alla perfezione il pallone. Dobbiamo lavorare e ripetere per migliorare la velocità tecnica. Poi tutto ciò è legato al fisico. Con Capanna facciamo due blocchi a settimana di lavoro fisico a vuoto. Sennò è sempre integrato alla palla”.
Com’è allenare Totti? “Prima del calciatore c’è un ragazzo fantastico. È un privilegio allenare un campione come lui”.
Come vi siete conosciuti con Ranieri? “Io ero al Fulham, lui al Chelsea. Lui prese un giocatore che avevo io, Fountaine. Gli ha chiesto chi fosse stato il suo tecnico. Ci siamo incontrati in un incontro clandestino, perché eravamo gli staff di due squadre rivali. Poi io sono andato al Liverpool. Lui mi aveva chiamato al Chelsea ma poi arrivò Mourinho. Quando si è fermato mi ha detto che voleva ricominciare con un nuovo staff chiedendomi di stare con lui. Ho detto di sì. Abbiamo aspettato ma non veniva nulla. Io ho avuto richieste ma ho rifiutato. Ho visitato molte società, Barcellona, Manchester, l’Italia nel 2006 a Coverciano. Poi è arrivato il Parma, abbiamo iniziato lì. Poi la Juve e siamo arrivati qui. All’inizio è stato difficile, ma abbiamo vissuto situazioni che ci aiutano ad andare avanti”.
Che allenatore è Ranieri? “Ranieri non fa differenza, mette tutti sullo stesso piano. Tutti hanno sentito che hanno la possibilità di giocare. Se fai giocare sempre i migliori anche quando non giocano bene non va. Ha sempre detto che dal punto di vista del gioco vuole la performance massima”.
La soddisfazione di vincere a Torino, dopo essere stati mandati via un anno fa, c’è stata? “C’è stata una soddisfazione, ma dal momento in cui è stata fatta questa scelta di allontanarci noi eravamo tranquilli per aver fatto professionalmente il massimo. Noi siamo dei dipendenti e aspettiamo le decisioni dei dirigenti. Il calo-Juve? Per gestire certe situazioni serve grande esperienza. Il calcio italiano è molto duro. Qui anche l’ultima in classifica è un’ottima squadra. In Italia tutti quelli che lavorano nelle squadre sono grandi esperti e sanno tenerti in difficoltà fino alla fine. Il calcio italiano ha queste difficoltà. Una squadra spalle al muro sa rialzarsi e reagire in un minuto”.
Che giocatore è Riise? E’ cresciuto tantissimo nell’ultimo periodo. “E’ tutta la squadra che è cresciuta, si è ricompattata. John ha imparato a fare la diagonale, è presente nel recupero e l’atteggiamento di squadra gli permette di ripartire. Poi ha una potenzialità offensiva che gli danno un più molto importante per la squadra. Tira da vicino e da lontano”
Su Menez? I compagni lo amano molto, come si può migliorare? “Abbiamo, dopo gli ultimi quindici anni, un’ottima visione di un giocatore francese che deve venire in Italia. Devono aver fatto duecento gare in Francia e avere una presenza stabile in nazionale. Come per Djorkaeff, Candela, Zidane, Deschamps. Per Menez non è stato così. Mexes è entrato dopo oltre 200 gare e piano piano si è preso un posto. Gourcuff ha fatto come Menez. Ha fallito, poi è tornato in Francia ed è esploso. Magari tra un anno sarà pronto. Tanti altri non sono riusciti, da Henry, a Silvestre. Ho parlato tanto con Zidane, Deschamps. Ai miei talenti nelle nazionali giovanili ho sempre detto di non aver fretta di andare via. Menez ancora non è pronto per questa esperienza. Ha bisogno di maturare, siamo molto vicini, abbiamo dato fiducia e molta pazienza. Bisogna fargli capire con chi si allena: grandi campioni da cui imparare. Deve essere più generoso, determinato, dare di più. Passerà per un altro periodo qui, o un prestito. Per un giovane non è facile diventare un campione. Ci vuole tempo. Poi dipende da chi lo gestisce. Noi siamo uomini di campo. Facciamo un lavoro di valori morali. Intorno ai giocatori c’è tanta gente con un altro spirito, che pensa al business, alla carriera. A volte siamo di fronte a situazioni che non possiamo gestire”
Quanto ci credete a meno cinque? “Non voglio deludere nessuno, ma pensiamo partita per partita. Sappiamo da dove siamo partiti, abbiamo una grande attenzione in tutte le competizioni, ma è difficile dire dove saremo il 15 maggio”.
La Champions? “E’ il posto della Roma. Chi la vince? Le società inglesi hanno più potenzialità finanziarie. E ora anche i migliori allenatori italiani. Poi il Barcellona. E l’Inter, basta vedere cosa ha fatto in nove contro undici”.
Il Panathinaikos che partita sarà? All’andata tutti i giocatori erano delusi e hanno parlato di gara pessima… “Abbiamo giocato un calcio statico, non siamo entrati al cento per cento in questa partita”.
Sappiamo che avete un metodo speciale per dialogare con i giocatori… “Abbiamo un software che ci consente di far vedere ad un giocatore in pochi istanti la prestazione individuale. Prendiamo un giocatore e in cinque minuti possiamo fargli vedere la sua partita. Lui vede e capisce i suoi errori in pochi istanti. Si crea una certezza del giocatore sulla proprie qualità, sulle proprie prestazioni. Si crea un rapporto di fiducia. È un softweare molto semplice, non serve fare l’università per usarlo. Siamo uomini di campo, non scienziati. Però serve per ottimizzare le prestazioni”.
Quanto tenete a questa esperienza? “Vincere un trofeo sarebbe importante. Lasciare una traccia”.
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La vera partita è fra le due milanesi: si gioca in Lega
Categorie Virgolettato
Scritto da Lucky Luke
martedì, 23 Febbraio alle ore 12:22
da Il Messaggero – laroma24.it
Mourinho è folkloristico e non conosce mezze misure, ma non è matto. Se esagera, se si incatena al Colosseo, lo fa per seguire un piano preciso. L’Inter teme che vogliano scucirle lo scudetto tramite diavolerie arbitrali. E ha individuato nel Milan, e non nella paciosa Roma, il nemico da marcare e possibilmente fermare. La Roma può solo guardare da una poltrona di seconda fila questo derby, tutto milanese, di potere, di urla, di balletti mediatici, di proteste televisive, questo show che per audience potrebbe battere il festival. Il vero spettacolo nazional popolare si sta svolgendo a San Siro, non a Sanremo.
L’Inter ha sempre temuto di contare poco o niente in Lega, dove comanda Adriano Galliani, per un lungo periodo addirittura presidente e come tale addetto ai rapporti con le tivvù. Anomalia tutta italiana. La Lega è il condominio dei club, che tirano fuori i soldi per gli arbitri e li passano, per dare meno nell’occhio, alla Federcalcio.
E’ la Lega, dunque, il vero centro di potere. Capita che un giorno la Lega modifichi a vantaggio del Milan le date dei recuperi e delle partite di Coppa. Mourinho, che non è Moratti, salta in aria, esplode, manifesta al mondo la sua preoccupazione. Poi registra l’espulsione di Sneijder, il mancato rosso al barese Bonucci, la cancellazione di due rigori a Napoli, i due rigori regalati alla Juve (che amica non è) e va in tilt, trascinando con sé l’intera squadra. Tagliavento doveva semmai buttare fuori altri interisti, però Mourinho, ormai accecato dalla passione, non vede e non sa. Succede sabato sera.
La domenica il Milan vince a Bari anche grazie a un rigore negato alla squadra di casa. Immaginiamo facilmente le reazione del tecnico nerazzurro. Nuovo a queste scene e dunque ancora in grado di sorprendersi per qualche fischio sbagliato. Non sappiamo se gli arbitri hanno fatto quadrato. Non sappiamo se ai loro occhi il Milan appare bello e puro e l’Inter la nemica da combattere: non ci sembra, ma è poco per confortare chi si considera vittima.
Sappiamo in ogni caso di aver vissuto Calciopoli e di averla considerata un’occasione persa. Che vuol dire? Che siamo la patria dei biscotti e degli scandali e che indagini e sentenze non hanno fatto piazza pulita, come si chiedeva. Alcuni hanno pagato, altri sono usciti dalla peccaminosa situazione addirittura beatificati, vedi il Milan campione d’Europa nella stagione successiva. Ora siamo al cospetto di una battaglia cruenta e inedita. E Mourinho non ha vissuto ciò che ha patito Zeman. Al posto del boemo giallorosso, che avrebbe fatto? Ci chiediamo come la Roma si possa inserire in questo duello.
E’ il terzo incomodo. Ci guadagnerà; ne resterà fuori; ne riporterà indirettamente ferite? E che farà la Juve? E il Napoli? Ormai urlano tutti, anche il moralizzatore Lotito, che minaccia di adeguarsi all’andazzo, e ci si segnala, semmai, per silenzio, lavoro e cultura sportiva.
La Roma cerchi allora di recuperare energie e giocatori e si vedrà. Rammenti che contro il Catania dell’irascibile Sinisa ha vinto senza Bertagnoli, Motta, Mexes, Pizarro, Totti e Toni e con Perrotta a mezzo servizio. Ha recuperato Cerci, sta recuperando Doni e Baptista, recupererà Menez: giocatori non ancora promossi dalla tifoseria. Ricordiamo una cosa: Riise era considerato un ciuccio spompato e Vucinic, finalmente osannato, era per molti un soprammobile. Di pregio, ma inutile.
Roberto Renga
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Cesare conquistò il mondo, ma chi conquistò lui?
Categorie Articoli by CdR RomA'rte
Scritto da Lvcilla Avgvsta
martedì, 23 Febbraio alle ore 11:32
“Fermo e dominato dalla calma anche nei momenti in cui l’ira gli esplode nell’anima.”
Più grande della gloria di Caio Giulio Cesare (per molti Gaio, ma a Noi piace la prima), forse, sono solo le sue imprese e il ricordo che il mondo ha di lui. In realtà, oltre allo stratega, al dictator, allo scrittore, noi vogliamo soffermarci sulla vita dell’uomo di e per Roma.
Discendente della Gens Julia (originata secondo la leggenda da Julo, figlio di Enea), nell’Historia Augusta si discute molto sulle origini del suo cognomen: tra le varie ipotesi sull’etimo, c’è quella che il significato sia da ricondurre al combattimento con un elefante, al parto cesareo oppure al colore Continua >>
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Dallo stadio di proprietà all’azionariato popolare, passando per l’assemblea dei soci Italpetroli
Categorie Virgolettato
Scritto da Lucky Luke
martedì, 23 Febbraio alle ore 08:50
da iltempo.ilsole24ore.com
I progetti ambiziosi e affascinanti per rinforzare la Roma del futuro non mancano, ma la stretta attualità nell’agenda societaria lascia poco spazio ai sogni. Il nodo è sempre quello: i debiti di Italpetroli nei confronti delle banche. Oltre 400 milioni di euro, di cui circa 300 verso Unicredit, che mettono a rischio la solidità finanziaria della Roma. Mentre ieri a Palazzo Ruggieri si presentava il lancio dell’azionariato popolare, la Sensi ha ultimato insieme ai suoi collaboratori le risposte che stamattina dovrà dare nell’assemblea dei soci di Italpetroli, dopo l’aggiornamento dello scorso 12 febbraio. A preoccupare è la situazione patrimoniale della holding e la necessità di abbattere il capitale (o ricapitalizzare) dopo le perdite nel bilancio 2008 pari a 33 milioni di euro. Sindaci e revisori hanno inoltre chiesto all’azionista di maggioranza chiarimenti sull’approvazione dell’ultimo bilancio. I parametri, secondo Unicredit, non hanno tenuto conto della disdetta da parte della banca stessa dell’accordo sul rientro del debito e la conseguente richiesta di decreti ingiuntivi, ora oggetto di arbitrato. Oggi nel suo discorso all’assemblea la Sensi punterà sul miglioramento dei conti nell’esercizio 2009 – da approvare il prossimo giugno – con l’obiettivo di allontanare l’ipotesi di abbatimento del capitale che diventerebbe necessario se le perdite superassero i 17 milioni di euro. All’assemblea parteciperà anche un rappresentante di Unicredit, azionista al 49% della holding oltre che principale creditore. Mentre i Sensi continuano ad auspicare un accordo «amichevole» sul debito e continuano ad avvalersi del supporto di Mediobanca, l’istituto guidato da Alessandro Profumo non ha modificato la sua posizione: la soluzione ai mali di Italpetroli deve passare attraverso la dismissione di asset. E qui torna in ballo la Roma, che resta il gioiello del gruppo. L’interesse dell’imprenditore farmaceutico Francesco Angelini per il club non è tramontato, ma non c’è margine di trattativa «diretta» con i Sensi. Molto se non tutto passerà per le decisioni del collegio arbitrale sui decreti ingiuntivi (non riguardano la Roma ma le altre proprietà dei Sensi) che entrerà nel vivo a marzo e dovrebbe concludersi a maggio e la concomitante battaglia legale sullo stessa materia: per giovedì è fissata la prima udienza al Tribunale di Roma ma in questo caso i tempi saranno lunghi. Intanto un gruppo di tifosi porta avanti l’idea dell’azionariato popolare. L’idea presentata ieri da Walter Campanile, con la collaborazione dello studio Legale Biamonti e all’advisor Envent, prenderà corpo con l’assemblea costitutente del 21 aprile composta da 83 tifosi. Vip e non. Per ora si tratta di un progetto, con tanto di social network, con una quota associativa base di 150 euro che dovrebbe trasformarsi in una serie di servizi per i tifosi-azionisti. È previsto l’ingresso dell’associazione (senza scopo di lucro) nel capitale della Roma, ma con una quota minoritaria. Nessun membro dell’attuale società ha partecipato alla conferenza di ieri. Il modello spagnolo – nel quale i tifosi partecipano attivamente alla gestione del club – resta un sogno lontano. Come lo stadio.
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