lunedì, Maggio 05, 2025 Anno XXI


Ci sono delle date che devono vivere nel cuore della gente.

I libri di storia vivono e si nutrono di date e di avvenimenti. Ma esiste una storiografia parallela, quella delle comunità, dei popoli, dei gruppi di persone unite da una stessa passione.

La nazione Romanista, chiaramente, ha le proprie.

Il 30 MAGGIO ad esempio, è la data più nefasta della nostra storia.

Quel giorno del 1984 perdemmo la finale di champions contro il Liverpool e quello stesso giorno di dieci anni dopo Agostino Di Bartolomei si tolse la vita.

Due eventi nefasti, senza il primo non ci sarebbe stato il secondo e sarebbe stato il giorno della gloria invece di quello del dolore.

Poi c’è anche il 26 MAGGIO, festeggiato dai laziali come forse l’unica loro data di indipendenza dalla dittatura romanista perenne in città.

Anche quella per noi non è una bella data perché sarebbe stato meglio alzarla quella coppa, è innegabile, ma il dolore è minore, è una partita, prima o poi la rigiocheremo, misurarci con la lazio dà la cifra della nostra limitata capacità, preferivamo gli anni 80 quando il nemico era la juve e il liverpool. Ma tant’è.

Il 22 LUGLIO 1927 è la data di fondazione, dell’unione delle squadre di Roma per un ideale superiore alle logiche particolari ( e anche in quello la scelta puramente economica dei biancocelesti ebbe ben poco di romano), e nonostante l’attuale revisionismo a stelle e strisce;

Il XVII IUNIUS MMI è la data della gloria, quando vincemmo il terzo scudetto con una squadra straordinaria, guidata da uno di noi, dopo una cavalcata appassionante e vincente:  una città per tutta l’estate fu in festa, Testaccio fu l’epicentro della baldoria ma tutti i quartieri si ammantarono completamente di giallorosso. Chi c’era sa e ricorda, e quel che ricorda non lo dimenticherà mai più.

Poi ce n’è una che fa male a tutti quelli che hanno vissuto e vivono la Roma come una religione, quelli per cui la curva sud è stata la culla e l’Accademia, ed è quella odierna.

Il 4 GIUGNO del 1989 Antonio De Falchi, diciottenne di Torre Maura, perse la vita davanti allo stadio di San Siro prima di un Milan-Roma a causa dell’aggressione di un gruppo di milanisti.

Erano anni di scontri veri, in trasferta si andava senza scorta,  te la dovevi vedere e ti dovevi misurare con i tuoi analoghi di tutte le città italiane, da Pescara a Verona, da Bergamo a Catania, Ascoli, Milano sia contro l’Inter che il Milan, Firenze che vedeva anno dopo anno aspri scontri e macchine targate Roma che tornavano con i vetri infranti.

Agguati, cariche, conquista della  curva avversaria erano le partite nella partita; la curva sud romanista è stato nella nord dell’Inter, nella Fiesole a Firenze ai tempi del Pompa capo ultrà viola (pace alla sua anima), non c’è derby nel quale non fece capoccella alla nord, da Ponte Milvio fino alla Madonna di Montemario  si è confrontata aspramente con i tifosi del Liverpool, e i giornali dell’epoca testimoniano ampiamente quanto scritto.  Gli strascichi di quegli anni vivono ancora. Dov’è la Roma là siamo noi recitava la sud all’epoca… Quell’epoca,  che viene definita nella storia d’Italia come “anni di piombo” per i sanguinosi scontri politici tra giovani di opposte ideologie ed entrambi contro lo Stato;  la politica e un modo di essere entrò anche negli stadi, e non ne uscì più.

Le date del dolore sono quelle che più ci uniscono però, e uniscono un modo di essere e di vivere la vita;  le date dei successi e della ricchezza attraggono invece una fetta di pubblico più fredda e meno appassionata che condivide  la vittoria si eclissa  nella sconfitta.

A noi, a noantri invece sono il 30 maggio e il 4 giugno che ci uniscono e ci rendono quella nazione granitica e intransigente.

Siamo quelli che conoscono l’amaro sapore della sconfitta e del dolore e che aspettano il riscatto, uniti in un sol uomo, in una sola idea, mai domi a mai vassalli a nessuno.

Ricordiamo, tramandiamo, e perpetuiamo.