Categorie Il Redazionale Scritto da r. cdr sabato, 13 Gennaio alle ore 12:08
E’ importante esercitare la memoria perché, almeno in teoria, dovrebbe aiutarci a trasformare la vita in esperienza. Qualche anno fa, erano gli albori di Facebook, molti romanisti mettevano sul profilo la scritta “Prigionieri di Rossella” oppure “Rossella vattene”. Aspettavamo un po’ tutti che si compisse il passaggio verso una nuova proprietà perché quella vecchia, morto il grande Presidente Franco Sensi, viaggiava asfittica in un mare di debiti con un orizzonte per gran parte a parametro zero, come i giocatori che puntualmente ingaggiava. Fummo costretti a quei tempi a vedere cose che voi umani…tipo un Adriano da Circo Barnum. Altro che Serie A. Dopo qualche vicissitudine approdò a Roma una cordata di italo-americani dai contorni incerti con una sorta di “zio Arduino” (cfr. “Arrivano i dollari”) personificato da Tommy Di Benedetto che di lì a breve cedette il suo pacchetto azionario a James Jimbo Pallotta che i più indicarono come una sorta di Re Mida in grado di trasformare in oro tutto ciò che toccava. Attendevamo l’apoteosi. Invece. Da quando è diventato Presidente questo ameno personaggio non ne ha imbroccata una neanche per sbaglio, mostrando un assoluto disinteresse per la nostra vicenda sportiva, per la AS Roma, per i suoi tifosi e per la città che interpreta solo in chiave del suo vorace appetito da speculatore. Molto presto abbiamo scoperto che l’AS Roma, che non dimentichiamolo per molti di noi è gran parte della nostra vita, era per lui solo un pezzetto di un ben più complesso gioco finalizzato a valorizzare un asset per poi trarne opportuno profitto al momento giusto. Tra il momento dell’arrivo di questo tizio e i giorni nostri abbiamo assistito a una serie di gaffes, offese gratuite, pesantissime interferenze e sciocchezze varie che ci fanno pensare che se fa i soldi come ragiona non c’era nulla da stupirsi quando intavolò una trattativa con la buonanima del povero Al Qaddumi, lo sceicco di Perugia che viveva in due camere e cucina, per la cessione di quote dell’AS Roma. Scena molto più degna di un film di Totò che di una trattativa intavolata da un “abile” uomo d’affari. E sorvoliamo sui compagni di caffè che grande supporto fornirono per intavolarla. Oramai, diciamolo, lo percepiamo con l’imbarazzo che riserveremmo allo zio inopportuno e scorreggione, in ogni famiglia ce ne è uno e se non ce l’avete meglio per voi, che tutti si vergognano di invitare alle feste sperando che non si presenti e, se si presenta, fa scattare tra tutti la gara per evitarlo. Severi? Pensiamo di no. E questo indipendentemente dalla mancanza di vittorie sportive. Il danno maggiore questo “Fredgazim” l’ha fatto nel recidere alla radice il rapporto tra Roma e la Roma che non è MAI stata solo una squadra di calcio. E’ stata il legame profondo di una comunità di giovani e meno giovani, di uomini e donne, di ragazzi che dai rioni e dai quartieri si riunivano, in casa e in trasferta, in uno dei più grandi fenomeni identitari e rito collettivo di questo paese. Primi tra tutti e uguali a nessuno. Ancora. Ci ha strappato il nostro stemma facendo sparire l’ASR e riproponendo una lupa photoshoppata da qualche disegnatore in acido. Non ha speso una parola per le barriere che andavano a punire quei “fucking idiots” che comunque gli hanno dato i soldi fino all’ultima lira senza che nessuno si sia peritato di andare a verificare che fossero stati venduti biglietti che rendevano invedibile la partita. Ha trasformato la Roma in una sorta di suk in cui tutti sanno che sono di passaggio perché la Roma si sa che a fine stagione i suoi pezzi migliori li vende e, di grazia, perché allora spaccarsi la schiena e le gambe in una squadra di provvisori? Unico tra tutti i presidenti non ha MAI preso le difese di una curva squalificata in blocco per la pubblicazione di striscioni discutibili che hanno penalizzato migliaia di persone che avevano la sola colpa di aver scelto il posto sbagliato nello stadio sbagliato perché, anche grazie alla sua latitanza, il Sacro Tempio dell’AS Roma si è trasformato in uno dei luoghi più odiosi dove sperimentare nuovi strumenti repressivi di massa. Abbiamo appreso ieri da lui, ennesima solenne cazzata, che ha provveduto in prima persona a dotare l’impianto di strumenti per rendere ancora più efficace la repressione verso ragazzi che, udite udite, si sono macchiati di colpe inconfessabili come quella di stare in piedi o di cambiare posto, descrivendo poi la nostra città come una delle città più pericolose al mondo. Beh, senza che ci sia offesa nelle parole, a noi c’ha veramente rotto il cazzo e ci vergogniamo di lui. Se sbrigasse a costruì sto stadio, se glielo fanno fa, e poi se vendesse tutto e se ne andasse a stendersi da qualche parte. Meglio in B che con questo qui. Andasse a scorreggiare le sue amene verità portando con sé tutti i suoi degni compari, ladri di passione e sentimenti. Semo Romani. La nostra dignità non è merce di scambio. Ad maiora |
