sabato, Aprile 20, 2024 Anno XXI


Giano,  Ianus se preferite il nome latino, è un Dio nostro. La sua origine non è in nessun modo collegata alla mitologia greca. In altre parole è roba nostra.

E’ il Dio degli inizi e a lui si affidavano nell’antichità quelli che avviavano nuovi viaggio o nuove imprese.  L’iconografia lo vuole spesso bifronte, con una faccia rivolta verso il passato e una rivolta verso il futuro; in altri termini è la divinità che ci dovrebbe dire da dove veniamo e dove andiamo.

Pensateci un attimo e diteci se ne trovate una un Dio più romanista di questo. La nostra vicenda è un perenne principiare, immaginare un futuro carico di speranza e trovarci sistematicamente a dover immaginare un nuovo inizio, un futuro radioso e così vià in un cerchio che avrebbe sfibrato chiunque dotato di un minimo di buonsenso.

Mentre ci risulta chiaro, e non potrebbe essere altrimenti, da dove veniamo, altrettanto non si capisce dove stiamo andando e questo è tanto più vero da quando a Trigoria è arrivata l’ultima proprietà, arrivata qua a miracol mostrare e avvitata in una girandola di allenatori, direttori tecnici, direttori sportivi e giocatori che avranno fatto sicuramente le fortune di qualche procuratore ma, a oggi, certamente non le nostre.

Sette anni di nulla in termini di risultati sportivi, in termini di consolidamento di una squadra, di consolidamento di un brand, di consolidamento di quello che, quelli che hanno studiato, definiscono il mercato di riferimento.

Cambiato il nostro amato stemma, senza uno straccio di sponsor, a valle di svariati direttori del marketing, consulenti, e Amministratori delegati, tutti scrupolosamente a zero tituli, ma non a zero chilometri visto che siamo andati a raccoglierli in ogni dove.

Senza la valorizzazione di un vivaio in termini di prima squadra, in termini di tecnici emergenti, di realtà del territorio importanti. Roma è la più grande fabbrica a cielo aperto di talenti calcistici e noi negli ultimi sette anni non ne abbiamo visto uno che è uno.

Si può descrivere tutto questo in una semplice parola? Crediamo di si e la parola è fallimento. Fallimento sportivo ma fallimento. C’hanno istigato alla cultura delle scienze economiche e bancarie nel cercare di tifare per un investimento immobiliare ma, per quelo che ci ricordiamo, a Monopoli c’abbiamo giocato un po’ tutti, abbiamo avuto sempre ben presente che i soldi erano finti e gli investimenti immobiliari a Parco della Vittoria pure.

Dite così sull’onda dell’incazzatura per l’uscita dalla Coppia Italia? Si. Anche.

In sette anni di gestione Pallottiana in finale ci sono arrivate una volta anche il Palermo e la Fiorentina. Tre volte i pigiamati.

noi mai.

Stiamo ancora qui ad attendere le decisioni del bisbetico toscano, alquanto bollito, senza poter tirar fuori una morale della storia, senza una consolazione  e in perenne attesa di argomenti alla vigilia di un ennesimo principio condizionato dalle indispensabili briciole cadute dalla tavola del campionato. Certo buone per il commercialista ma poco appassionanti per noi.

Eterni perenni inizi.

Allora riattaccamose a Giano che in questi sette anni, con tutte queste ripartenze da zero, tanto ha fatto per noi.

Stavoltà però, se possibile, più concentrato.

Ad maiora

Corederoma