venerdì, Aprile 19, 2024 Anno XXI


Sarà capitato, seduti davanti a uno di quei grandi massi che si trovano in montagna, di domandarsi quante ne abbiano viste nella loro eterna vita.
Si potrebbe decidere, e ne dovremmo discutere a lungo, se la memoria sia un bene o un male.Il nostro paese, e di conseguenza il nostro calcio, sono sostanzialmente senza memoria e sono antitetici invece alle storie “tifose” che di memoria e di tradizione si alimentano.
Lo abbiamo visto ancora in questi giorni in cui le spoglie di un cadavere che si è voluto frettolosamente seppellerie, stanno tornando prepotentemente a galla dome nel peggiore dei film horror.
Decidete quindi in completa autonomia se avete voglia di ricordare oggi che stiamo al settimo cielo come stavamo appena due anni fa.
Una gestione societaria familiare, puntellata da vecchie glorie alle quali si chiedeva di metterci la faccia, la squadra affidata appunto a Bruno Conti, scongiurando la sorte di farci vincere ad “Atalanta” per uscire fuori dall’incubo della lotta per non retrocedere, inseguiti dagli sghignazzi di quelli che preferivano Cassano e cantavano “Rossella Sensi bla bla bla”.
Nella nostra modesta vita di romanisti siamo stati abbastanza fortunati da vedere un paio di scudetti e qualche coppa Italia.
Quella di ieri è solo una in più ma non per questo meno densa di significato.
Siamo felici ma non siamo stravolti.
Mentre torniamo con il treno da Milano, senza avere la possibilità di leggere giornali “specializzati”, se non il solito schizzo di veleno di Sconcerti sul Corriere della Sera, e senza la possibilità di ascoltare le radio che immaginiamo oggi legittimamente trasudanti di retorica e di orgoglio capitolino, con nelle cuffiette le musiche, quelle si immortali, di Ennio Morricone, pensiamo a tutti quelli che hanno preso per il fondelli l’AD che aveva promesso di farci vedere le stelle, tutti quelli che si sono seduti sul fiume nell’attesa che passasse il cadavere di Spalletti.
A tutti quelli che hanno adulato il Capitano in pubblico detestandolo in privato, a tutti quelli che pensavano che la Roma si sarebbe potuta rifondare da una parte con le azioni pubbliche e dall’altra con qualche bancarottiere privato.
Ci viene oggi in mente quelli che all’inizio della stagione hanno invitato il colto e l’inclita a non fare gli abbonamenti alla Roma perché quella era la strada maestra da seguire per segnalare alla dirigenza che così non andava bene.
Non vi preoccupate, alcuni tra qualche giorno ce li troveremo di nuovo tra i piedi perché diranno che in fin dei conti una Coppa Italia non è poi un granchè e che una squadra che deve e vuole sentirsi grande deve investire molto, ben sapendo quali sono i limiti e le regole di questa gestioni e quindi puramente “ciurlando nel manico” tanto per usare un termine elegante.
Nel frattempo, per oggi e magari per la settimana prossima, mentre va in sottofondo “C’era una volta il West”, rivolgiamoci alla Sciarelli e a “Chi l’ha visto”.
Considerazioni amare nel giorno della gioia assoluta?
Un poco si, perché è solo nel giorno della gioia assoluta che ci si può spurgare del veleno accumulato in anni in cui l’ottimismo era tacciato di faciloneria, in cui la fiducia era letta in chiave di dabbenaggine, in cui il “romanismo ottuso” era propagandato come sintomo di una tifoseria che non era mai in grado di crescere e che quindi sostanzialemnet non si meritava nulla. Sentenza da cornuti e mazziati.
Anche per noi, come ha detto il capitano, ci troviamo oggi all’inizio di un percorso e non al raggiungimento di una meta.
Però oggi come ieri al Meazza, le faccie di quelli che si meritano di stare sul carro dei vincitori ce le abbiamo tutte stampate nella mente.
Se ricordamo pochi pennivendoli purtroppo.
Ma si sa..così è la vita.
Onore a te, popolo giallorosso, vincitore della Coppa Italia.
Ad maiora.