Categorie Il Redazionale Scritto da r. cdr martedì, 16 Giugno alle ore 05:05
Da sempre, se parlando con qualcuno e distrattamente nel vostro discorso, spuntasse fuori la parola “casa”, chiunque fosse il vostro interlocutore, potreste udire, chiaro e limpido, un forte tonfo in fondo al cuore. Nella piu’ antica tradizione del linguaggio e per il suo profondo valore semantico, “casa”, insieme a “mamma”, e’ la rappresentazione di appartenenza, radice, sicurezza. Roma, invece, e’ quella citta’ che piu’ di qualsiasi altro posto al mondo puo’ riassumere entrambe i concetti in una sola definizione; Roma, appunto. Un unicum difficile da capire per i piu’. E’ invece sangue che scorre nelle vene per chi ci e’ nato, cresciuto e ne ha eriditato la gloria. Chi infatti nel proprio dna puo’ vantare reminiscenze legionarie, sa’ benissimo e senza averlo nemmeno studiato sui libri di storia, che Roma e’ la culla della cultura della domus. L’evoluzione della casae (capanna) in qualcosa di piu’ sicuro. Intoccabile. Insepugnabile. In questo apparentemente banale preambolo storico potrebbe sembrare inutile persino citare il Colosseo. Ci aveva stupito anche mesi fa, guardando i primi rendering. Continua a farci sgranare gli occhi oggi, alimentando i migliori sogni e voli pinderici. Diamo atto e riconosciamo un grande, enorme sforzo di chi ha progettato, pensato e lavorato al progetto. Riconosciamo una voglia di slancio di grandezza, di cultura, di espansione senza precedenti. Anzi, che forse un precedente ce l’ha. Riportare Roma, e la Roma, al centro del mondo. Dove e’ sempre stata. Sotto le luci di un palcoscenico che merita. A Mr James Pallotta, nell’immediato, bisogna riconoscere uno sforzo senza precedenti. Sta provando, con impegno, insistenza, tenacia e determinazione capitolina, a mettere i mattoni per la ricostruzione di un qualcosa di epico, legendario, di cui pero’ al momento, non ha ne coscienza ne cultura storica. Se Mr James infatti, impiegasse un decimo delle energie che sta impiegando nella costruzione del nuovo stadio, nel curare gli “affetti” di chi poi quello stadio deve popolarlo, sarebbe il presidente piu’ popolare della storia della Roma. Ed e’ forse proprio il concetto di popolarita’ che manca al nostro attuale numero 1. La stessa rappresentanza della popolarita’ che, incredibile ma vero, a fronte di qualche schiaffo di troppo ricevuto ultimamente, e’ gia’ pronta a credergli ad occhi chiusi, se quelli, davvero, fossero i risultati promessi. Noi, da bravi componenti della famiglia, abbiamo deciso che a questo progetto vogliamo crederci, fermamente. Remando tutti dalla stessa parte e percorrendo la stessa strada e, pensa te, contribuendo nel caso anche a mettere i mattoni affinche’ le mura si ergano il piu in fretta possibile. Fiducia a tempo, non incondizionata, che non si traduca in presa in tempo perso. Si parla gia’ di numeri, di risultati, di promesse. Ipotetiche. Ahinoi, sappiamo benissimo e sulla nostra pelle poiche’ e’ parte della nostra storia, che se ai sogni non seguono i numeri, quelli veri, si ricasca nel vuoto assoluto. Si passi dalle parole ai fatti, in termini di apertura, verso quella parte di tifosi che hanno fatto la storia della Roma. Gibran Khalil Gibran, poeta e scrittore libanese, nel suo libro intitolato e scelto non a caso, Il Profeta, descriveva cosi’ il concetto di casa: “Allora un muratore si fece avanti e domandò: Parlaci della Casa. Egli rispose, dicendo: Prima di costruire dentro le mura cittadine, immaginate una dimora nel deserto. Poiché come voi rincasate al crepuscolo, così fa il vagabondo che è in voi, sempre lontano e solitario. La casa è il vostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni. La vostra casa non sogna? e sognando non lascia la città per un boschetto o per la cima d’un colle?” Ad Maiora. |
