venerdì, Giugno 20, 2025 Anno XXI


da corrieredellosport.it

Rudi GarciaIl tecnico francese: «Sono abituato a offrire performance superiori alle attese del club. Dobbiamo cominciare bene l’anno per vincere almeno un titolo»

Atmosfera rilassata, post natalizia. Temperature rigide, fuori della sala riunioni di Trigoria il sole tramonta sulla campagna romana. Rudi Garcia e otto giornalisti, senza le barriere della sala conferenze, senza e inibizioni di microfoni e telecamere. Tutto è più reale e disinvolto. Il tecnico francese ci ha aperto il suo mondo, senza filtri, guardandoci negli occhi. Il suo pensiero è venuto fuori con grande sincerità, con il desiderio di aprirsi come forse non aveva mai fatto. Rudi Garcia a 360 gradi, con un pensiero fisso: la voglia di vincere.

La Navratilova e la Evert vivevano una grande rivalità, eppure l’una raccontava all’altra come si allenava. Oggi non sarebbe possibile aprire di più al pubblico, anziché tenere tante cose segrete?
«I tempi sono cambiati, soprattutto con Internet. Non è facile neanche per i giornali. Un grande campione e una grande squadra non possono essere soli, altrimenti non c’è divertimento, non c’è bellezza di vincere senza competizione, non c’è la gloria senza grandi sfide. In Francia ho conosciuto giornalisti che entravano negli spogliatoi dopo le gare, si poteva creare un rapporto più stretto. Ora è tutto cambiato, bisogna lavorare più tranquillamente. Per me sarebbe interessante aprire al pubblico, ma qui non si può fare. Ci dovremmo allenare nel povero Olimpico ma è già sofferente e ospita tante partite…».

La Roma dà l’impressione di aver cambiato modo di giocare. Lo scorso anno aveva quattro registi, in questa stagione si affida troppo alla singola giocata di Gervinho.
«La filosofia del gioco è sempre la stessa, poi dipende dalle caratteristiche dei giocatori. L’obiettivo è portare sempre la palla nei 30 metri degli avversari e accelerare. Poi ci sono i rapporti tra i calciatori, mi viene in mente quando arretra Totti e le situazioni che si creano. La cosa che è cambiata rispetto allo scorso anno è che abbiamo avuto più assenze, a cominciare da Castan, ma abbiamo costruito una squadra in grado di giocare ogni tre giorni. Non possiamo essere brillanti sempre, ma i primi sei mesi della Roma mi sono piaciuti. La Champions divora energie, ma anche dopo il 7-1 abbiamo giocato una partita tosta a Genova con la Samp. Sono contento di tante cose, a cominciare dall’atteggiamento mentale».

Lei dice che l’allenatore deve essere anche educatore. Le cattive abitudini del calcio italiano hanno cambiato anche Garcia. Qualora la sfida tra voi e la Juve dovesse finire con due o tre punti di distacco lei accetterà il verdetto?
«Sì, il verdetto è sempre giusto. Perdere in quel modo è difficile da accettare, forse non lo accetterò mai per tutta la mia vita. Ma noi dobbiamo vincere le partite, non c’è solo la Juve, ci sono anche altre squadre che puntano in alto. Io sto imparando a capire il calcio italiano, sono qui da 18 mesi e non cambio idea, sono contento qui a Roma, ho un rapporto bellissimo con la città e i con i tifosi. Abbiamo tutti lo stesso obiettivo di vincere titoli. Questa Roma è sulla strada giusta, non possiamo vincere tutto in poco tempo, anche l’Europa è importante, noi vogliamo guadagnare punti per non uscire nella quarta urna e finire in un girone di ferro della Champions. La Roma è un grande club, ma in passato è mancata continuità. Per puntare in alto come vuole il presidente Pallotta serve del tempo. Io non sono cambiato, l’allenatore è un attore, deve essere in un modo con i giocatori, in un altro di fronte alla stampa. In alcuni casi ci dobbiamo adattare, io sono uno così, mi fido molto delle sensazioni nel dire o non dire le cose. A volte anche il silenzio è molto importante».

Si parla molto dei sistemi di allenamento e all’estero adottano spesso vecchi metodi, anche con preparatori italiani. Come è cambiatra la preparazione?
«Io ho un modo di lavorare, non ho tempo di vedere come lavorano gli altri. Io lavoro molto con la palla. Sapevamo che con la Champions l’impegno sarebbe stato diverso. Conta molto anche l’aspetto mentale, ma abbiamo visto che negli ultimi quindici, venti anni c’è stato un miglioramento della preparazione fisica. Ma si può migliorare ancora sotto l’aspetto mentale, magari chiamando in causa i calciatori che smettono di giocare, che conoscono lo spogliatoio. L’allenatore deve far sentire importanti tutti. I sostituti di oggi saranno i titolari di domani, questo l’ho vissuto anche io. Faccio molta attenzione a questa cosa. Parlare con un giocatore è molto importante. Abbiamo i giocatori a disposizione tutti i giorni, magari i club parlano con il procuratore e non con il calciatore. Invece bisogna sapere come la pensa, si creano meno equivoci».

Si riferisce a Destro?
«Non parlo solo di lui».

Il mercato è appena cominciato. Puoi spostare gli equilibri del campionato?
«E’ molto raro che con il mercato invernale cambino le cose. Io non ho chiesto nessuno alla società, sono contento della rosa che ho e possiamo affrontare tutti gli impegni. Anche sulla perdita dei due africani ero preparato. Ho giocatori forti in attacco e a centrocampo. Non ho bisogno di nessuno e con questa rosa possiamo fare grandi cose. Se ci fossero meno infortunati sarebbe meglio, ma a dicembre sono tornati quasi tutti e anche Balzaretti si allena con noi in questi giorni».

Guido D’Ubaldo