Categorie Virgolettato Scritto da Lucky Luke martedì, 25 Novembre alle ore 04:16
da La Stampa – lasignoraingiallorosso.it
L’Uefa ha indicato la rotta, l’Italia deve adeguarsi. La finale del 27 maggio, così è scritto nella lista di cose da fare presentata da Platini, dovrà disputarsi senza barriere fra tifosi, ovvero cancellando dagli spalti le installazioni che dividono le due tifoserie o i settori dello stadio. Così è stato negli impianti dove la Champions ha vissuto il suo ultimo passaggio (ad Atene il Milan trionfò in uno stadio senza divisioni, settori che, una volta consacrata la finale, rispuntarono), così è previsto per Roma 2009 ma, così, non è stato ancora definito per la notte capitolina. Giocare una partita di calcio senza barriere è una rivoluzione culturale prima che sportiva. In Italia immaginare uno stadio praticamente libero da qualsiasi tipo di parapetto è un esercizio ancora poco concreto se non fosse per l’esperimento di Udine e il traguardo fissato nella nuova casa della Juventus a partire dal 2011. Come rispondere alle sollecitazioni dell’Uefa? Le riflessioni sono ancora aperte e quasi sussurrate, perché la finale è lontana e c’è un decreto ministeriale del ‘96 coordinato con le modifiche introdotte il 6 giugno 2005 che indica in tre articoli come deve presentarsi uno stadio italiano nel momento di organizzare una partita. Le norme da noi adottate entrano in rotta di collisione con quanto richiesto dall’Uefa perché, si legge, «…fra i settori devono essere permanentemente realizzati sistemi di separazione idonei a impedire che i sostenitori delle due compagini vengano a contatto fra loro…». Un decreto dove si fa distinzione fra tifosi di casa e ospiti, un passaggio che l’Uefa non contempla in casi come quello che si presenterà il giorno della finale di maggio perché, a Roma, per il massimo organismo europeo del pallone si giocherà uno spettacolo sotto gli occhi del mondo in un impianto «d’élite». Del Piero, Ibrahimovic e Totti sognano la gloria in finale. L’Italia, presto, si troverà di fronte ad una richiesta dalla quale non potrà sfuggire e che contribuirà, suo malgrado, ad accelerare o frenare il processo di trasformazione culturale del nostro Paese. Le barriere da togliere sono quelle fra i settori dello stadio, non quelle fra il campo e le tribune, perché là c’è il fossato. L’Uefa aspetta di capire se, e come, il pallone italiano valuterà le sue direttive. F.Cav. |
