domenica, Maggio 11, 2025 Anno XXI


Non era la “Türk Telekom Arena”, tantomeno il “BJK ?nönü” e nemmeno il “?ükrü Saraço?lu” ma il quattro Giugno, in piazza Taksim, nella capitale turca, c’erano proprio tutti, tutti gli ultras delle tre squadre di Istanbul, acerrimi nemici tra loro: Galatasaray, Besiktas e Fenerbahce.

Razzi in cielo, l’odore acre dei fumogeni che riempiva l’aria, sciarpe e bandiere al vento, ma non c’era nessuna partita da giocare, nessun derby da vincere, si lottava per la più grande delle vittorie, si lottava per la libertà di tutto il popolo turco. Sono infatti gli ultras la componente più accesa, attiva ed organizzata delle resistenze popolari contro il governo del leader Erdogàn. Via le rivalità, via l’odio che per trecentosessantacinque giorni l’anno divide i sostenitori delle tre squadre della capitale, e li vedi insieme sotto un’unica bandiera, li vedi marciare fianco a fianco pronti a difendersi dalle animalesche cariche della Polizia e contrattaccare, a modo loro.

Il loro arrivo ha dato sostegno e manforte agli altri manifestanti, ha dato numeri e coraggio ad un popolo surclassato dagli assurdi provvedimenti del governo dell’AKP (Giustizia e Sviluppo), ha dato speranza ed organizzazione. La loro unione non è segreta, non è casuale e non è fuorilegge, ha un nome, una data di nascita e un padre: Istanbul United 31 Maggio 2013 che nasce dall’iniziativa e dal coordinamento della frangia più politicizzata degli ultras del Besiktas, gli Ultras Çar?i.

Quello che accade in Turchia oggi è successo “ieri” in Egitto, in Nord Africa, in Irlanda. Sono pronti a darsele di santa ragione tutto l’anno, sono pronti a bruciare maglie e vessilli delle squadre rivali ma oggi, nel momento del bisogno di un’intera nazione, sono una cosa sola. E non deve stupire che gruppi di ultras del Galatasaray (squadra tra l’altro partecipante all’ultima Champions League) liberino cinquanta sostenitori del Fenerbahce finiti nella mani della Polizia.

Istanbul United chiede le immediate dimissioni del premier Erdogàn, dichiarato nemico della Turchia intera, e per farlo mette sul campo tutte le sue armi attive e diplomatiche. Le strade, i social network, gli stadi, le personalità: persino alcuni dei giocatori e personaggi più rappresentativi delle tre squadre, come l’allenatore del Galatasaray Fatih Terim, hanno preso posizione a favore del popolo turco, contro le barbarie degli ultimi giorni.

È indubbio che l’esempio egiziano, con gli Ultras in prima linea a guidare la rivolta anti-Mubarak, infonda coraggio, carichi i manifestanti, vittime ogni giorno di violenze e soprusi che vengono puntualmente sorvolate dai mass media nazionali.

Oggi l’obiettivo più grande non è portare il Galatasaray sulle vette del calcio europeo, non è inneggiare a Raul Meireles o Dirk Kuyt, talenti di caratura mondiale del Fenerbahce, non è cercare di spingere il Besiktas verso la qualificazione all’Europa League: l’obiettivo di oggi è la resistenza strenua a difesa di diritti inalienabili quali la libertà, sotto un’unica bandiera e due unici colori, quelli della Turchia, la Turchia del popolo però e non della dittatura.

Giuseppe Gallozzi, Sport People.

Per Corederoma
Paolo Nasuto