Categorie FaceBookScritto da Paolo Nasutovenerdì, 25 Gennaio alle ore 02:46
Nulla di soprendente direbbe qualcuno conoscendo Preziosi, ma è lo stesso motivo che è alla base del contenzioso tra Cellino e Comune di Cagliari, nonché comune denominatore a tante altre società e presidenti.
Più che altro la domanda è: ma visto come son messi con le pezze al culo in Italia, con quale altrettanto faccia di culo riescono a parlare di stadi di proprietà? Se non hanno i soldi per l’affitto, come pensano di comprar casa? Gli stadi di proprietà non saranno altro che l’ennesimo pasticciaccio brutto all’italiana di svendita di beni comuni , di speculazione edilizia e di cementificazione selvaggia, altro che “nuovo slancio” per il nostro calcio in crisi. Son tutti là con la bava alla bocca, pronti ad aspettare che i loro compagni di merenda di Camera e Senato ratifichino questo nuovo regalo alla lobby dei palazzinari ed ennesimo furto alle tasche dei contribuenti, in attesa di quel giorno e di questa imprescindibile legge per il nostro sviluppo civile e sociale, magari ci dicano: ma che esiste per caso una qualche legge adesso che vieta loro di costruirlo ugualmente lo stadio di proprietà? Hai voglia a dar colpa a cause metafisiche, il calcio è in crisi perché è gestito da barboni e squallidi sfruttatori. Sic et simpliciter.
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Genova – «Fuori dallo stadio chi non paga i debiti». Il più acceso, durante la riunione di commissione a Palazzo Tursi che esamina il caso-Genoa, è il Pd Salvatore Caratozzolo, inorridito quando in Sala rossa vengono comunicate le stime dell’assessorato allo sport su quanto la società di Preziosi deve al Comune di Genova in termini di affitti arretrati: 800 mila euro di vecchi canoni. Quanto basta per compattare su un fronte d’indignazione bipartisan esponenti di sponde lontanissime. «Facciamo di più – gli si para a fianco Guido Grillo, decano del Pdl – quindici giorni di tempo da oggi. Se non arrivano i bonifici portiamo via il pallone. Chi vuole giocare nel campo del Comune deve pagare».
La storia è sempre la stessa, e parla della strana fatica delle big genovesi del calcio a tener fede al contratto con la proprietà dello stadio Ferraris, vale a dire lo stesso Comune. Un tema oggi in parte superato dal colpo di mano dell’amministrazione, che a novembre ha affidato a privati gestori (Stadium) il compito di mordere i calcagni degli utilizzatori esclusivi dell’impianto. Sul pregresso, però, sta alla parte pubblica e a quella delle società tentare di raggiungere un accordo. Particolarmente consistente sulla sponda Genoa, che deve alle casse pubbliche quasi 800 mila euro (contro i 400 mila di arretrati della Sampdoria, che però, a differenza dei cugini, dovrà venire a patti con Sportingenova). Contro il Genoa a dicembre la seconda ingiunzione. Se non ci saranno risposte, Tursi passerà alle vie legali.
Ebbene, Tursi a dicembre ha lanciato in particolare al Genoa il secondo e definitivo ultimatum. «Abbiamo inviato loro un’ingiunzione a pagare il debito, e se il problema non si risolverà siamo disposti a procedere per vie legali – illustra l’assessore allo Sport Pino Boero – un primo incontro, con la società, c’è già stato. Confidiamo in una risoluzione a breve termine, magari tramite fidejussioni bancarie».
Secondo il Partito democratico si tratta di una grave ingiustizia. «Ma come – rincara Caratozzolo – la famiglia morosa la sfrattiamo e al club di serie A riserviamo un trattamento differente? È una questione morale. Chi non paga non dovrebbe usufruire di un servizio e di un bene che è di tutti».
Sulla proposta di Caratozzolo e Grillo (ma d’accordo con la discutibile correttezza della vicenda si esprimono in commissione anche Andrea Boccaccio del Movimento Cinque Stelle e un altro Pd, Gianni Vassallo), l’assessore Boero tenta di smorzare. «Non credo sia tecnicamente possibile, chiudere lo stadio a chi non paga – spiega – parliamo di debiti risalenti a stagioni calcistiche del passato. Oggi chi gestisce il Ferraris è un soggetto diverso dal Comune. Questo non significa che non faremo di tutto per mettere fine a questa storia. Sono estremamente ottimista». Che ci siano incontri in programma e buona volontà a risolvere il problema lo confermano anche in casa Genoa, dove giurano di arrivare presto a una definizione del percorso per rientrare del debito. Va specificato che le due società si sono sempre lamentate per l’insoddisfacente gestione dello stadio, per i problemi del campo e per i ritardi negli adeguamenti alle nuove norme per la sicurezza. Il tiro alla fune sui soldi dell’affitto è motivato anche e soprattutto da questa querelle.
Ultima frazione di una partita vecchia, si diceva. Già, perché a fine novembre la gestione del Ferraris è stata ufficialmente affidata al consorzio Stadium composto da Best Union, Unifica, Costa Edutainment e Stadia. Sono state queste quattro imprese ad aggiudicarsi l’appaltolanciato nel giugno 2012 da Sportingenova per sgravare il Comune dalla gestione dello stadio di Marassi. L’atto segna un’autentica rivoluzione per il mondo dello sport sotto la Lanterna. L’accordo decennale siglato tra Stadium e la società comunale prevede che i privati, in cambio di un canone annuo di 310 mila euro da versare al Comune, possano trasformare lo stadio di Marassi in un grande contenitore polivalente. Non solo tempio del calcio, ma anche location privilegiata per concerti e grandi eventi di spettacolo, oltreché polo commerciale e di svago indirizzato prima di tutto ai tifosi di Genoa e Samp.
La commissione di ieri è stata anche l’occasione per portare i consiglieri a conoscenza dell’attività di Sportingenova. La società dello sport, in mano ad Adriano Anselmi, chiuderà in pareggio il bilancio 2012, e secondo l’attuale cronoprogramma dovrebbe terminare il percorso di liquidazione nel prossimo mese di marzo. Sportingenova chiude dopo il fallimento totale dell’operazione pensata dal Giuseppe Pericu. Non è riuscita a dimostrare di reggere il mercato, nonostante la presenza di canoni e “clienti” all’apparenza certi, qualificati e affidabili.
[Fonte: Il Secolo XIX]