sabato, Maggio 24, 2025 Anno XXI


Corderoma ha una sua audience importante e variegata che l’ha costituita nel tempo come un punto di riferimento per la tifoseria romanista. Associata a questa visibilità ci deve essere, a nostro parere, anche un minimo di responsabilità soprattutto quando gli animi sono incendiati dalla delusione.

Eravamo andati, per esempio, in controtendenza a chi aveva salutato con favore l’interruzione della partita con la Sampdoria. Quel diluvio è stato invece una vera e propria iattura.

Un risultato, qualsiasi esso fosse stato, 1X2, avrebbe dato un orientamento a squadra e società. Invece si è rimasti sospesi in attesa della prova del nove con la Juventus e si sa, quando dalle parti nostre c’è una prova del nove, i conti non tornano mai.

Vi diciamo questo perché il fatto che la Roma non vinca a Torino e che dall’Olimpico fasullo (quello vero sta solo a Roma) possa uscire sconfitta sta nella natura delle cose. E’ successo negli anni passati e probabilmente succederà ancora negli anni futuri.

Quello che preoccupa o indigna, scegliete voi quello che vi piace di più, è come si è usciti sconfitti.

Questa squadra ha una quantità sconcertante di giocatori fuori fase. I Vucinic, i Perrotta, i Taddei sono ectoplasmi senza ne capo ne coda. E se alla Juventus di oggi regali tre giocatori chiave (una volta) la smusata è dietro l’angolo.

Come se ne esce?

E’ difficile dirlo perché se non ci riescono società, giocatori e allenatori che hanno in mano molti più elementi di quelli che abbiamo noi, figuratevi se possiamo dare una ricetta salvifica e omnicomprensiva.

Alcuni reclamano la cacciata di Spalletti per mettere finalmente i giocatori davanti alle loro responsabilità. Ai sostenitori di questa tesi si oppongono quelli che vedono nei calciatori, tolte forse un paio di eccezioni ma sono eccezioni che confermano la regola, un gruppo di mercenari che dall’impronunciabile ricaverebbero solo la possibilità di andarsi a ricollocare da qualche altra parte. La Roma, è bene che si sappia, è piena di gente che non aspetta altro che andarsene da qualche altra parte e questo è già trapelato nei discorsi di molti. Le ragioni sono varie e vanno dalle prospettive di migliori guadagni altrove a mere necessità personali.

La società dal canto suo non è in grado di fornire garanzie di continuità e di prospettiva. L’autofinanziamento ne è una prova fin troppo evidente. Questa pratica funziona quando è inserita in un contesto più generale che la vede come una scelta di politica industriale che può essere, al bisogno, aggiustata.

Per la Roma e per la sua proprietà così, ahinoi, non è. L’autofinanziamento è pratica obbligatoria alla sopravvivenza in un contesto nel quale probabilmente la scelta di esonerare un allenatore, qualora fosse maturata, è pesantemente condizionata dall’impossibilità di pagarne due (quello vecchio e quello nuovo).

Per questo motivo definimmo suicida una pratica di autofinanziamento che mirasse al vertice con un posizionamento stabile, perché ne scaturiva come conseguenza la necessità di aumentare il tetto degli ingaggi e la necessità di impostare una rotazione di giocatori ispirata da un criterio più simile alla scommessa che non all’investimento.

Molto serenamente e con misura è necessario aspettare che passi la nottata e ci permettiamo di dirlo con l’esperienza di tifosi che hanno avuto l’opportunità di vivere tempi come questi non già come eccezionali, ma come prassi comune.

Se i giocatori non si riconoscono più nelle istruzioni dell’allenatore lo abbandonino al suo destino. Ci sono stati già casi di separazioni in casa che non hanno generato tranquille situazioni da centro classifica e perfino una finale di Coppa UEFA. Ci auguriamo che tre o quattro di loro siano in grado di assumere la leadership e di aggregare gli altri in un patto di mutua assistenza. Alla fine dell’anno poi ognuno per la sua strada.

E’ fin troppo evidente che un ciclo è finito e che è necessaria una rifondazione a partire da un cambio di proprietà che, volenti o nolenti i Sensi, prima o poi arriverà.

E non regge neanche il rimuginare a vuoto di quelli che ripetono il ritornello che a maggio, a mezzora dalla fine, eravamo campioni d’Italia in pectore (noi sempre in pectore, agli altri la fatica di alzare coppe e trofei).

Maggio era maggio e oggi e oggi. Senza un minimo di misura la Serie B sta dietro l’angolo. Anzi no, ad un punto.

 

Ad maiora