venerdì, Marzo 29, 2024 Anno XXI


Quando si avvicina Fiorentina-Roma il pensiero si sintonizza automaticamente con quel famoso lunedì in cui un popolo si riverso in massa verso Firenze per supportare gli sforzi di una squadra che stava in procinto di regalarci un sogno. Anche a quei tempi la partita fu spostata per motivi di ordine pubblico e anche a quel tempo si pensava di poter arginare una fenomenologia che era sostanzialmente di festa, interponendo ostacoli di tutti i generi.
Allora come oggi il problema era il tifoso transumante, al 95% assolutamente pacifico, e non già la contiguità esistente tra politica e tifo.
Chi redige queste notarelle ha avuto la fortuna di fare il pieno al suo primo motorino con la benzina che stava ancora a cento lire, erano gli anni immediatamente precedenti alla crisi petrolifera del ’73, e di sentire con le proprie orecchie gli anatemi di quelli che allora dicevano: “io la benzina la metterei a cinquecento lire, almeno non va più in giro nessuno”.
Ora la benzina sta oltre le duemila lire e continuano ad andare in giro tutti, a testimoniare che al peggio non c’è mai fine.
A Firenze dunque per continuare la testimonianza in campionato con la testa un po’ persa (speriamo di no) nella meraviglia dell’Old Trafford, senza dimenticare che prima ci sarà un doveroso passaggio per Roma ai primi di Aprile.
E nella speranza che sia ancora festa grande, vorrei prendere la licenza, per la prima volta non usando il “noi” di sospendere questa parentesi con l’Editoriale di Corederoma.it
Sono passati sette anni da quando mandavo le cronache delle mie partite vissute a testa in giù, fisicamente dall’altra parte del mondo, con la Roma in fondo al cuore a testimoniare un legame con la propria città e con il proprio popolo che solo da noi si fa sostanza nell’amore per una squadra di calcio.
Rimarrò ancora in CdR, perché è la mia famiglia, e qualche volta scriverò le baggianate che mi passano per la capoccia.
A livello cosciente dico a me stesso che è il tempo quello che manca. La verità è che invece non ci credo più. Purtroppo appare sempre più limpido nel calcio, ma più in generale nella società e nel paese di cui il calcio è solo un piccolo “di cui”, la differenza esistente tra trasformazione e trasformismo e non voglio fare la fine degli “scocciati” di turno accaniti a ripetere sempre le stesse cose.
O si è poeti, come Remo Remotti, tanto per citare un esempio, o si molla.
A tutti i fedeli lettori il mio consueto

Ad maiora